Gillo Dorfles e l’arte come strumento pedagogico

Gillo Dorfles e l’arte come strumento pedagogico

Recensione dell'Abbecedario di Gillo Dorfles del 2021

ARTERAGAZZI

Gillo Dorfles e l’arte come strumento pedagogico

42 disegni che danno vita alle lettere dell’alfabeto e ai numeri. Nell’ Abbecedario di Gillo Dorfles l’arte e il disegno diventano strumenti pedagogici per eccellenza.

Da emulare alla prima occasione.

9 DICEMBRE 2022 – TORINO

ARTERAGAZZI

Abbecedario di Gillo Dorfles

Una raccolta di 42 disegni realizzati dallo stesso Gillo Dorfles per i suoi due nipoti Piero e Giorgetta, all’epoca in cui stavano ancora imparando a leggere e scrivere. In occasione dell’uscita dell’abbecedario di Gillo Dorfles è stata realizzata a Milano una mostra in cui sono stati esposti questi disegni che realizzati su carta carbone hanno rivisto la luce dopo essere stati chiusi in una cartellina per 70 anni.

Le lettere dell’alfabeto e i numeri si fanno  grande gioco di scoperta e fantasia nelle mani del maestro del pensiero estetico.

Educare con l’arte

Così si apre la prefazione scritta da Piero e Giorgetta Dorfles nel Marzo del 2021. I due nipoti del celebre l’artista e critico d’arte da cui hanno avuto il privilegio di essere accompagnati nella loro crescita culturale, rimarcano l’importanza di questo testo oramai desueto come può esserlo ai giorni nostri l’abbecedario. Eppure immediatamente dopo averlo sfogliato, iniziamo a pensare che forse ancora oggi è tanto importante così come lo era per lo stesso Pinocchio quando deve andare a scuola e protesta:

“Mi manca il più e il meglio“.

“Cioè?“, chiede perplesso Geppetto.

“Mi manca l’abbecedario“.

Geppetto per comprarglielo è costretto a vendere la sua vecchia casacca di fustagno “tutta toppe e rimedi” e rientra in maniche di camicia; fuori nevica. Pinocchio capisce, lo copre di baci e corre verso il paese. Strada facendo, tra sé, dice:

“Oggi alla scuola voglio subito imparare a leggere, domani poi imparerò a scrivere e domani l’altro imparerò a fare i numeri”.

Abc…e tutte le lettere ma anche i numeri

42 disegni per 42 parole e non parole qualsiasi che si possono trovare in un qualsiasi abbecedario scolastico. Ma parole che scatenino curiosità che sono onomatopeiche e persino il simbolo del punto interrogativo che per gli amanti della musica, come del resto lo sono i bambini, trova “personificazione” in un basso. Ed è forse proprio il punto interrogativo che ci fa riflettere, perché seppur sembra una stonatura alla fine esprime il concetto finale che è quello di insegnare ai bambini ad interrogarsi su tutto ciò che li circonda.

Ma quei disegni raccolti in questo abbecedario, sono molto di più: un gioco tra nonno e nipoti perché spesso capitava che lo stesso Dorfles li chiamasse nel suo studio per completare un disegno che aveva iniziato, magari anche semplicemente per colorarlo e ovviamente per chiedere a Giorgetta di scrivere in “bella grafia” la parola che il disegno di quella speciale lettera rappresentava.

Probabilmente l’aspetto pedagogico più importante che si possa sperimentare, dopo aver preso tra le mani un riferimento educativo di questo tipo, è quello di provare a nostra volta il gioco delle parole che diventano arte per imparare anche il legame: quello che si crea tra una lingua e chi la impara.

Ed è questo uno dei legami più significativi perché alla fine quello che pronunciamo, le parole che abbiamo nella nostra mente e che facciamo uscire dalla nostra bocca per comunicare con gli altri, dicono tutto di noi! E quindi proporre la comprensione linguistica ad un livello così profondo e in un’età così determinante, è certamente un regalo importante e significativo che possiamo fare ai bambini con cui ci apprestiamo a fare questo gioco.

Il disegno come pretesto pedagogico 

Qui lo dico e qui mi impegno a farlo: qualora avessi modo di fare un disegno assieme ad un qualche bambino certamente farò il gioco dell’abbecedario di Gillo Dorfles. Farò con lui, con lei o con loro il gioco di dare una forma ad una lettera (che per un bambino è ancora semplicemente un suono), alternando quelli che sono termini più semplici, rispetto a quelli che possono richiedere una spiegazione che inizia ad essere più articolata. In agguato ci sarà il gioco dei perché di Gianni Rodari e magari si arriverà anche ad unire a qualche disegno poche righe di testo, scritte insieme, che possano esplicitare maggiormente la sensazione che si è provata mentre si faceva quel disegno. Un approfondimento riguardo la scelta dei colori caldi piuttosto che freddi, dei pastelli piuttosto che dei pennarelli o perché no, la scelta fra tempere o acquerelli.

L’arte non si colleziona…è pop

Gillo Dorfles è una figura in ambito artistico a me particolarmente cara, poiché ho studiato la storia dell’arte sui suoi “Itinerari nell’arte“ e imparato che l’arte è tangibile. Il suo modo di raccontarla ti fa nascere dentro il desiderio di fruirla, di impararla, di conoscerla e apprezzarla al di là della smania del collezionismo (mai acquisterà infatti opere d’arte, eppure sempre avrà nel corso della sua vita relazioni di stima e amicizia con artisti importanti).

Un’arte tangibile è quella che ci propone Dorfles, un’arte concreta quasi pop di massa per dirla alla maniera di Andy Warhol.

Questa è la grande potenza che ha trasmesso Gillo Dorfles a chiunque in un modo o nell’altro lo abbia incontrato. Entrare nell’arte e lasciare che l’arte entri dentro di te in ogni sua forma, fosse anche semplicemente un disegno realizzato per amore dei propri nipoti con l’obiettivo di offrire loro una conoscenza che potesse appartenergli davvero.

Disegno per conoscere, conosco perché disegno

Nei miei studi storico-artistici e architettonici, quello che mi è sempre stato trasmesso e insegnato da questo o quell’altro docente, era che per conoscere qualcosa bisognava disegnarlo perché se sapevi disegnarlo significava che lo avevi compreso.

Ecco, mi ritengo una privilegiata in questo senso perché penso che Gillo Dorfles approverebbe assolutamente questo grandissimo insegnamento che ho ricevuto e che tutt’oggi applico.

Lettere e numeri

A: aah
B: buongustaio – Babao
C: camaleonte
D: dente – doccia
E: eleganza
F: freddo
G: gorgo
H: ha ha
J: Innocente
K: – 
L: lampreda
M: macaco
N: naso
O: ombelico
P: pettine
Q: –
R: rodomonte
S: serpe
T: tau
U: ugola
V: valzer
W: walhalla – wally
X: xeres
Y: y greco
Z: zebra
?: basso

1: ometto proboscidone
2: cigno
3: luna
4: vigile
5: generale
6: foca
7: piripillo trombettiere
8: pancione
9: faccione
10: Gli sposi

Info bibliografiche

Titolo originale: Abbecedario (Italiano)

Titolo: Abbecedario

Autore: Gillo Dorfles

Prima edizione italiana: Marzo 2021

La mia edizione: Prima edizione – Marzo 2021

Editore italiano: Bombiani

Genere: Per ragazzi

Numero di pagine: 86

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Non fare come Pinocchio: vai dritt* per la tua strada

Non fare come Pinocchio: vai dritt* per la tua strada

Recensione Pinocchio di Carlo Collodi

GRANDI CLASSICIROMANZOFANTASTICORAGAZZI

Non fare come Pinocchio: vai dritt* per la tua strada

 

Pinocchio, il grande capolavoro di Carlo Collodi narra la storia di un burattino che sognando di diventare un bambino vero, ci insegna ad andare dritti per la nostra strada senza lasciarci distrarre da persone ed eventi che possiamo incontrare lungo il nostro cammino.

8 DICEMBRE 2022 – TORINO

GRANDI CLASSICIROMANZOFANTASTICORAGAZZI

Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi

Se in tutti questi anni non ci sei ancora arrivat* te lo dico io: il nome Pinocchio non viene dal nulla ma dal materiale di cui questo burattino è fatto!

…frutto del pino, il pinolo, ossia il “pinocchio”, come si diceva appunto nella Toscana dell’Ottocento

Il burattino nato dalla fantasia di Carlo Collodi, pseudonimo di Carlo Lorenzini e plasmato dalle mani di Mastro Geppetto nasce proprio da un ciocco di pino. Certo non tutti i ciocchi di legno riescono a prendere vita iniziando a muovere gli occhi e a correre ovunque come capita nei primi capitoli del grande classico di Collodi, ma a volte seppur nella fantasia succede, e abbiamo davvero di cui impararne.

Tu sei quello che mi ha insegnato la strada.

Declinazione pedagogica con premio conclusivo

Leggo questo libro per la prima volta all’età di 33 anni, nell’inverno del 2022 a Torino e la famosa morale che c’è in ogni libro per ragazzi (?) questa volta diventa una morale per gli adulti. Sì per tutti quegli adulti un po’ persi, come se fossero bambini sperduti dell’Isola che non c’è del Peter Pan di James Matthew Barrie (1911) o non sapessero più che consigli seguire, nemmeno quelli che ci si danno da soli, come capita all’Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll (1865).

Disgraziatamente, nella vita dei burattini c’è sempre un ma, che sciupa ogni cosa.

Leggere questo libro da adulti, lascia indubbiamente molto di più di quanto accada leggendolo da ragazzini. La questione è semplice: prendere la decisione giusta non è mai facile, e non è piacevole perché comporta delle rinunce: comporta l’abbandonare la nostra zona di comfort e le nostre idee che fino a quel momento abbiamo sostenuto e difeso a spada tratta.

Ma una decisione, una saggia decisione! va sempre presa e poi portata avanti. Non ci sono Gatti e Volpi (il Gatto e la Volpe), Lucignoli vari (Lucignolo), monete sonanti (Campo de’ Miracoli), spettacoli affascinanti (Mangiafuoco), personaggi ammalianti (Ometto) o ghiottonerie (Paese dei Balocchi) che tengano, quando davvero abbiamo chiaro il nostro percorso, il nostro “why” per dirla usando un termine che appartiene alla crescita personale.

 

Ve lo dirò io, miei cari e piccoli lettori.

Le nostre bugie hanno il naso lungo come Pinocchio o le gambe corte?

Pinocchio almeno nei primi trentaquattro capitoli (su trentasei!) non aveva chiaro il perché effettivamente dovesse agire in maniera retta. Ma quando poi lo ha trovato (il suo di perché) ciò che è stato in grado di portargli nella vita e in quella delle persone a lui care, ha di gran lunga superato le aspettative più floride.

[Da tenere a mente per il futuro ;-)]

Perché quando i ragazzi, di cattivi diventano buoni, hanno la virtù di far prendere un aspetto nuovo e sorridente anche all’interno delle loro famiglie.

Quante volte abbiamo sentito la frase minacciosa da parte di un adulto verso un bambino (magari eravamo proprio noi quel bambino…) “Non dire le bugie altrimenti ti cresce il naso come Pinocchio“? Probabilmente tante ma il vero significato probabilmente non eravamo in grado di coglierlo. Avere il naso lungo significa aver detto così tante bugie da arrivare ad allontanare le persone che ci sono vicine e questo Pinocchio lo impara davvero a carissimo prezzo.

Vero è che esiste anche una seconda tipologia di bugie: quelle con le gambe corte, ossia quelle che vengono scoperte dopo poco tempo.

I ragazzi fanno presto a promettere, ma più delle volte fanno tardi a mantenere.

Anzi ad onor del vero esiste anche una terza tipologia di bugie: quelle che raccontiamo noi stessi quando ci fingiamo migliori di quello che siamo, quando non facciamo realmente i conti con noi stessi e con quelli che sono i nostri reali obiettivi di vita. Quest’ultima è a mio avviso è la tipologia più pericolosa e alla fine lo stesso Pinocchio si scontra con questa verità e ne comprenderà il significato.

Quando però ci rendiamo conto dei reali effetti che le nostre azioni/bugie causano a noi e agli altri, il nostro Grillo parlante interiore ci bussa sulla spalla, ci tira le orecchie (per fortuna senza staccarcele come invece fa l’Omino con uno degli asinelli) e ci aiuta a tornare sulla retta via.

Mi sono dovuto persuadere che per mettere insieme onestamente i pochi soldi bisogna saperseli guadagnare o col lavoro delle proprie mani o coll’ingegno della propria testa.

La leva della paura come pretesto pedagogico

Per chiunque faccia marketing che la paura sia una potente leva è cosa nota. Ma è anche un potente “strumento” pedagogico e Carlo Collodi con il suo Pinocchio ne fa decisamente largo uso.

Tale paura trova concretezza massima nella trasformazione in somari, momento in cui si acquisisce contezza del fatto che le conseguenze sono oramai irreversibili e si prova un senso di paura profonda per le sorti della propria stessa vita. 

Che ne sarà di me,

Che ne sarà di me,

Che ne sarà di me.

Come sappiamo nel caso di Pinocchio in tal senso l’epilogo sarà addolcito dall’intervento della Fata turchina, che diviene per Pinocchio una vera e propria figura materna quasi a voler evidenziare da parte di Collodi l’importanza di figure cardini nella crescita di un bambino e parlando di un libro di fine ‘800 chiaramente queste figure sono il padre e la madre.

Sorte diversa spetta invece a coloro che “abbandonati” a loro stessi (Lucignolo) devono convivere con la loro mala sorte, alla quale hanno spianato la strada. Eppure sul finire la capacità di parola che Lucignolo ha mantenuto vuole forse essere un messaggio di speranza che ci fa pensare che anche quando tutto sembra perduto, alla fine non lo è mai davvero.

…e il senso di colpa di Pinocchio

Insomma Pinocchio alla fine impara che la scelta migliore è quella di andare sempre dritti per la propria strada, lasciando al loro posto quello che ci attrae vanamente durante il nostro percorso ed andare dritti (il più possibile) alla nostra meta.

Che questa sia la casa paterna, quella della Fata dai capelli turchini o (per essere più concreti) un obiettivo di vita, la strada giusta è quella che percorriamo rimanendo concentrati su ciò che volevamo sin dall’inizio del nostro viaggio.

Il vero premio non sarà certo raccogliere migliaia di monete d’oro dopo averne sotterrate quattro! Ma piangere di gioia quando si arriva dopo un lungo viaggio, dove davvero stavamo andando o si raggiunge chi stavamo cercando anche se questo ci porta nello stomaco di un Pesce-Cane (no, non è una balena).

E come viene insegnato tutto questo da Carlo Collodi? Usando una seconda leva: quella del senso di colpa.

Non ci avevi mai fatto caso eh?! Eppure è proprio lì:

  • quando fa sentire in colpa Pinocchio perché suo padre patisce il freddo per aver venduto la sua unica casacca;
  • quando non vuole dispiacere alla Fata Turchina a causa delle sue scorribande quando rincasa alla sera;
  • quando legge (pur non sapendo leggere) che quest’ultima è morta di dolore per causa sua;
  • quando scopre che suo padre si è avventurato in mare per cercarlo;
  • etc..

Alla fine però questa terapia d’urto funziona e Pinocchio vede tutte le sue scorribande perdonate e dopo una serie di dimostrazioni che attestino il suo reale cambiamento diventa un bambino vero.

Bravo Pinocchio! In grazia al tuo buon cuore, io ti perdono tutte le monellerie che hai fatto fino a oggi.

Pinocchio alla fine muore

No alla fine del libro di Collodi Pinocchio non muore; nella versione definitiva Pinocchio vivrà felice con suo padre Mastro Geppetto.

La scena dell’impiccagione ad opera degli “Assassini” ossia il Gatto e la Volpe viene comunque descritta nel XV capitolo, ma ridurrà il nostro Pinocchio semplicemente in fin di vita.

L’importanza di questo capitolo rimane comunque cardine e a te lettore lascio la curiosità di scoprire il perché.

(Pinocchio è uno di quei) simboli quali non è più possibile rinunciare con nemmeno immaginare che possano non esistere più.

Personaggi e luoghi

  • Maestro ciliegia, mastr’Antonio
  • Geppetto, Polendina
  • Pinocchio
  • Grillo-parlante
  • Paese dei Barbagianni
  • Il Gatto e la Volpe
  • Osteria del Gambero Rosso
  • Quercia grande
  • Bambina dai capelli turchini, fata turchina,
  • grosso Falco
  • Can-barbone
  • Medoro
  • Corvo
  • Civetta
  • Picchi
  • Città “Acchiappa-citrulli”
  • Campo dei miracoli
  • Pappagallo
  • Il Giudice gorilla
  • Giandarmi Can-mastini
  • Giovane imperatore della città acchiappa-citrulli
  • grosso Serpente
  • la Lucciola
  • Melampo
  • grosso Colombo
  • Delfino
  • Pesce-cane
  • Il paese delle Api industriose
  • Compagni di scuola di Pinocchio
  • Eugenio: ragazzo che viene colpito dal libro Trattato di aritmetica
  • i Pesci
  • grosso Granchio
  • due carabinieri
  • Alidoro: can mastino dei carabinieri
  • pescatore: vive in una grotta
  • la Lumaca
  • Romeo soprannominato Lucignolo
  • Paese dei Balocchi
  • Omino
  • bella Marmottina 
  • Tonno
  • l’ortolano Giangio

Info bibliografiche

Titolo originale: Le avventure di Pinocchio (Italiano)

Titolo: Le avventure di Pinocchio

Autore: Carlo Collodi

Prima edizione italiana: Febbraio 1883

La mia edizione: Prima edizione – Ottobre 2022

Editore italiano: Giunti

Genere: Per ragazzi, Romanzo, Fantasy, Grandi classici, 

Numero di pagine: 206

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Alice e la follia di un mondo assurdamente meraviglioso

Alice e la follia di un mondo assurdamente meraviglioso

Recensione di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll del 1865

GRANDI CLASSICIROMANZO – FANTASTICORAGAZZI

Alice e la follia di un mondo assurdamente meraviglioso

Ambientazione onirica per questo grande classico della letteratura del 1865. Lewis Carroll ci lascia entrare nel paese delle meraviglie della sua Alice e non possiamo fare altro che rimanere catturati dalla meravigliosa assurdità di luoghi e personaggi che incontriamo pagina dopo pagina. La morale? Scoprila in questo articolo.

13 NOVEMBRE 2022 – TORINO

GRANDI CLASSICIROMANZOFANTASTICORAGAZZI

Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll. Ecco la mia recensione.

Qualche giorno fa sono passata davanti a una vetrina allestita con delle gigantografie di carte da gioco, così nella mia mente non ho potuto far altro che immaginare la Regina di cuori di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll.

Così ho acquistato una nuova edizione di questo libro da aggiungere alla mia biblioteca, ma stavolta ho scelto una versione illustrata: una BUR Deluxe, che ora fa la sua bella figura vicino alla comunque bella edizione Feltrinelli, che in questo articolo riporto e che di fatto è stata la prima che ho letto.

Così come tanti di noi, anche io ho avuto il mio primo approccio con Alice nel paese delle meraviglie grazie al mondo Disney. Quando invece ho letto il libro per la prima volta per me è stato un piacere trovare una certa similitudine, tra le immagini consolidate nella mia mente a forza di guardare questo film d’animazione e il capolavoro di Lewis Carroll.

Davvero un piacere.

Mi ritrovo a scrivere questo articolo dopo aver letto per la seconda volta questo libro. E anche in questo caso, come ultimamente è stato con la rilettura de: Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde, ho colto sfumature che erano passate inosservate durante la mia prima lettura.

Il punto su cui è stato per me interessante soffermarmi, oltre quello dell’onirico che diventa il mondo in cui mi sono “trasferita” per il tempo che ho impiegato a rileggere Alice nel paese delle meraviglie, è proprio sulla sua protagonista: Alice stessa.

Probabilmente questa riflessione non sarebbe mai potuta nascere nella mia mente, quando ho letto questo libro la prima volta che avevo 16 anni; ma alcuni libri si leggono proprio per questo: per comprenderli meglio e offrire loro il nostro vissuto affinché nuove riflessioni e interpretazioni emergano.

Scoprire Alice, nel paese delle meraviglie

Quasi per caso, Alice nel paese delle meraviglie è nato…

…per far piacere a una bambina che amavo…

Magari (immagino) le sembianze stesse dell’Alice che conosciamo noi, vengono proprio da questa bambina cara al cuore di Carroll che all’epoca doveva ancora crescere, ed evidentemente ne aveva voglia non come i bambini sperduti del Peter Pan di James Matthew Barrie.

Alice nonostante visivamente sia rappresentata come una “bambolina” con tanto di calze bianche (come le mie nelle foto), scarpe di vernice, vestito di tulle e boccoli biondi, non è affatto il personaggio passivo che si potrebbe immaginare. Che questa bambina non ha un carattere facile lo intendiamo bene già dalle prime pagine, e questo ovviamente prosegue per l’ intero racconto. Alice risulta infatti una “ragazzina viziata” eppure c’è il lei il germe di una forza d’animo che non si conoscerà appieno all’interno di Alice nel paese delle meraviglie, bensì in Alice attraverso lo specchio.

Ho scritto poc’anzi che Alice non è un personaggio passivo, infatti non manca di far sentire la sua voce quando lo ritiene più opportuno. Tipicamente diventa una eroina nel senso letterario del termine, che si schiera per difendere chi non è in grado di farlo da solo, incurante di quelle che saranno le conseguenze, prima di tutti per se stessa.

Non sono tutti boccoli dorati quelli che luccicano, infatti in alcune occasioni il personaggio di Alice risulta realmente “fastidioso” che acceleriamo nella lettura per passare alla scena successiva. Il suo atteggiamento riesce a oscillare dal totalmente disinteressato al saccente, quasi assorbisse il comportamento generale che ritroviamo in molti degli altri personaggi e del “paese delle meraviglie. 

Si pensi al Cappellaio matto, al Brucaliffo, ai fiori, allo Stregatto e ovviamente alla Regina di cuori e al Re; dunque in tal senso è congruo riscontrare questi tratti anche nel personaggio di Alice.

Eppure in Alice, queste occasioni comportamentali risultano tipiche di un’età acerba e che vengono perfettamente controbilanciate dalla propensione per un comportamento corretto nei confronti degli altri, nonostante questo le costi non poca fatica considerato sia il suo modo di fare sia il contesto “meraviglioso” nel quale è inserita.

Non è certamente un caso se una delle frasi più celebri è proprio:

Io mi so dare ottimi consigli ma poi seguirli mai non so.

Alice cresce e noi con lei

Voglio ritornare sul fatto che davvero il personaggio di Alice è molto interessante anche all’occhio adulto (questa mia seconda rilettura la faccio a 33 anni) in quanto abbiamo il piacere di scoprire alla fine due personaggi in uno. C’è infatti la Alice dell’inizio libro e c’è la Alice delle ultime pagine, che matura e accetta di diventare adulta anche grazie all’eccesso di “follia” dal quale lei per prima ne era assolutamente attratta.

Tutto questo semplicemente per insegnarci che saremo sempre immersi in un mondo folle (più o meno a seconda dei casi) eppure se noi abbiamo dei punti fermi, delle regole, comunque sapremo cavarcela.

E per certi versi non si può fare altro che volgere il pensiero anche al Pinocchio di Carlo Collodi.

Morale

Ogni cosa ha la sua morale, basta trovarla.

Probabilmente per un libro che esprime tutta l’ammirazione dell’autore per James Joyce e per le sue “parole-baule“, per sintetizzare la morale la scelta migliore è proprio quello di utilizzare parole che lo stesso Carroll mette in bocca al Re nel suo “paese delle meraviglie”:

Inizia dall’inizio e vai avanti finché non arrivi alla fine: poi, fermati.

Un invito pertanto ad avanzare nella propria esistenza indipendentemente da tutto, probabilmente persino indipendentemente dalla strada scelta, poiché ce n’è e se sempre che ne sarà una gran moltitudine (di scelte). Dunque l’importante è esplorare, rischiare di cadere in un buco con la garanzia che certamente si arriverà in luoghi meravigliosi. E se ci troviamo in un periodo grigio della nostra vita, avendo la passione per la lettura, abbiamo la possibilità di immergersi nel colorato, assurdo e atemporale mondo di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll.

Info bibliografiche

Titolo originale: Alice’s adventures in wonderland (inglese)

Titolo: Alice nel paese delle meraviglie

Autore: Lewis Carroll

Prima pubblicazione: Novembre 1865

Prima pubblicazione in Italia: 1872

La mia edizione: X edizione Febbraio 2008 // 2022

Editore italiano: Feltrinelli Editore // Rizzoli Editore

Collana: I classici – Universale economica Feltrinelli // BUR Deluxe 

Genere: Grandi classici, Romanzo, Fantasy

Numero di pagine: 189 // 222 (illustrazioni incluse)

Preceduto da: Le avventure di Alice sottoterra – 1864 (stampato nel 1886)

Seguito da: Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò (1871)

 

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Esplorare la dualità con il Dr. Jekyll e Mr. Hyde

Esplorare la dualità con il Dr. Jekyll e Mr. Hyde

Recensione de: Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson

GRANDI CLASSICINOVELLAFANTASTICOHORROR & GOTICO

Esplorare la dualità con il Dr. Jekyll e Mr. Hyde

In questo grande classico troviamo il concetto di dualità dell’essere umano fortemente estremizzato e anzi portato al limite ultimo, quello da cui non si è più in grado di fare ritorno. Ciò nonostante la dualità nell’essere umano non è fatta solo di bene e male, ma di equilibri tra le parti.

13 NOVEMBRE 2022 – TORINO

GRANDI CLASSICINOVELLAFANTASTICOHORROR & GOTICO

Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde Di Robert Louis Stevenson: ecco la mia recensione

Altro viaggio, altro libro.

Oramai direi che è diventata quasi una abitudine leggere più spesso quando sono fuori casa, che non lo sono. Forse perché il viaggio è un momento di introspezione (tra le altre cose) e la lettura ci si abbina davvero molto bene.

E accadde a me come accade a tanta parte dei miei simili, di scegliere la parte migliore e di non avere la forza necessaria a tenerla in vita.

Nel caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson, ho avuto modo di rileggerlo una seconda volta quando l’ho portato con me in Liguria dove sono andata per passare un weekend al mare (estate 2022). Quello è stato un week-end abbastanza improvvisato dunque l’unico bagaglio era un piccolo zaino, va da sé la necessità di portare con me un piccolo libro scelto rapidamente al mattino prima di andare in stazione.

E sono occasioni come questa che mi confermano il fatto che il libro che ci capita tra le mani, nuovo o “vecchio” che sia, lo fa sempre al momento giusto, come le persone del resto. E anche in in questo caso con il dottor Jekyll e Mr. Hyde di Robert Stevenson ho percepito la stessa ironica puntualità, mai casuale.

Lo strano caso del Dr.Jekyll e Mr.Hyde: la mia seconda volta

 

In questa recensione ti parlo della mia seconda lettura di questo libro e nel raccontartelo sono partita dall’ironia di come l’ho riletto proseguendo con il momento in cui, a livello personale, ho esplorato nuove dualità presenti nella mia vita e quindi nella mia persona.

Gli esseri umani, così come noi li incontriamo, sono un miscuglio di bene e di male.

Infatti la dualità presente nei personaggi del Dottor Jekyll e del Signor Hyde, non è poi così distante dalla dualità che regna in ciascuno di noi, semplicemente in questo caso il tutto viene estremizzato e reso gotico riuscendo a far emergere (allo stesso modo di come emerge Mr. Hyde), un aspetto che appartiene a ciascuno di noi e che tuttavia celiamo.

In questo caso tuttavia non mi sono soffermata tanto sulla differenza tra bene e male, quanto piuttosto sul concetto stesso di dualità.

Trama de Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde

La storia la conosciamo un po’ tutti, in fondo si parla di un romanzo famigerato!

Sintetizzando estremamente ci troviamo di fronte ad un medico, il Dr. Jekyll, che a seguito di numerosi esperimenti riesce a trovare la “drugs” giusta che gli consente di liberare la sua parte malvagia e priva di freni. Una sorta di “sturm und drang” personale.

Chiaramente non possiamo sapere se nella genesi di questo romanzo, è nata prima l’idea della “pozione” o della figura del “dottore”, eppure entrambi questi elementi conferiscono autorevolezza ad una trama altrimenti troppo assurda per essere accettata dalla mente razionale del lettore.

La tentazione di fare ciò che è proibito, proprio perché è proibito, è la più grande delle tentazioni.

Sospensione dell’incredulità….

Vero è vero che il lettore si impegna a sospendere la sua incredulità quando si approccia ad una determinata tipologia di romanzo, eppure in quest’occasione si è quasi naturalmente protesi a credere ad ogni singola evento descritto da Stevenson.

Significativa è la scelta di introdurre la pozione all’interno della narrazione, solo nelle ultime pagine del libro! Ciò nonostante non se ne sente assolutamente la mancanza fino a quel momento, poiché ogni singola pagina è dotata di eccellente credibilità.

C’è decisamente un motivo se ancora oggi lo leggiamo, ne parliamo e ne scriviamo e lo portiamo con noi quando facciamo un week-end di svago da qualche parte.

…e metodo scientifico

In lingua originale inglese la pozione è indicata con il termine drug che tra le varie interpretazioni del termine significa sia droga quanto farmaco. Ecco l’elemento scientifico! Non ci viene proposta una pozione venuta dal nulla, ma il frutto di una serie di esperimenti coscienziosi messi a punto non solo da un medico, ma da uno dei dottori più rispettati di tutta Londra.

Scoprii che certi agenti chimici avevano il potere di scuotere e soffiare via questo rivestimento di carne, come il vento fa volare le tende di un padiglione.

Tirare in ballo il metodo scientifico è una scelta narrativa, un escamotage, che consente al lettore di accedere naturalmente al patto di sospensione dell’incredulità poiché tutto sembra al lettore, come già detto, plausibile sin dalle prime pagine.

Così come era già accaduto in Frankenstein (1817), altro grande romanzo gotico, il tratto apparentemente soprannaturale trova immediata spiegazione in elementi che richiamano alla scienza e che quindi fanno leva sulla replicabilità del risultato, poiché questo non nasce dal caso.

Se il racconto di Mary Shelley (1817) può essere considerato l’avvento della fantascienza almeno dal punto di vista letterario, Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson prosegue con fierezza sulle stesse orme.

Empatia: un ponte sull’assurdo

Altro elemento che rende estremamente autentica la percezione di questo romanzo gotico è l’aspetto umano esplicitato nella preoccupazione dei cari amici di Mr. Hyde: Gabriel John Utterson, un avvocato, Richard Enfield, amico e cugino di Utterson e Hastie Lanyon, dottore e stretto amico di Utterson e Jekyll.

Questi infatti sin dalle prime pagine ci incuriosiscono dapprima con i loro racconti, proseguendo poi nel confessarsi l’un l’altro l’enorme preoccupazione nei riguardi del comune amico.

Anche il rapporto di empatia con i personaggi, consente al lettore di costruire un ponte sull’assurdità “razionale” degli eventi che Stevenson ci propone. Quasi si arrivasse ad aver “timore” che vivendo a Londra e aggirandosi per Cavendish Square si potesse incappare nella figura del Signor Hyde.

Ho imparato che l’uomo deve sopportare per sempre il peso e il destino della sua vita: quando tentiamo di disfarcene, essi ci ritornano addosso con nuova e più terribile violenza.

La stessa dualità del ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde

Anche leggendo le pagine de Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde (1890)  ritroviamo come già ne Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson (1886) una trasposizione letteraria del concetto di dualità dell’essere umano.

Da un lato abbiamo infatti la parte che mostriamo con orgoglio al mondo esterno, quella che consente agli altri di avere una buona opinione di noi e forse anche di noi stessi. In questo senso pensiamo anche alla bellezza del Signor Dorian Gray.

Dall’altro lato c’è invece la parte “censurata“ che è quindi bene nascondere affinché non contamini tutti i nostri sforzi, volti ad essere percepiti nel migliore dei modi, nel contesto sociale nel quale siamo inseriti e vogliamo rimanere.

Probabilmente la grande differenza tra questi due romanzi è che mente il Dorian Gray di Oscar Wildeintrappola il suo lato maligno” all’interno di un suo ritratto; il Dr. Jekyll di Stevenson concede libertà al suo AlterEgo: il Signor Hyde, addirittura intenzionalmente.

Tuttavia un punto di incontro tra questi due romanzi è assolutamente presente: la curiosità portata all’estremo, la volontà di esplorare il proprio lato oscuro anche se questo diventa brutale, crudele e maligno oltre ogni limite.

Volendo essere più attuali troviamo che Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson, un po’ come ci spiega Chiara Franchi in Fattore & altro non è se non l’invito a voler accogliere tutte le parti che ci compongono, senza tagliare fuori nulla anzi cercando in questa dicotomia un equilibrio che ci definirà poi nel nostro essere completi.

Lo strano caso…di come è stato salvato dalle fiamme

Come sappiamo accadrà per la Lolita di Nabokov (1955), anche per Lo strano caso del dottor Jekyll e di Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson, ci troviamo di fronte ad un romanzo di fama mondiale salvato dalle fiamme.

Mentre nel caso di Lolita fu Nabokov stesso a dare alle fiamme il manoscritto, salvato poi dalla moglie; in questo caso (da una delle versioni tramandateci) fu invece la stessa moglie di Stevenson a dar fuoco al manoscritto, costringendo quindi il marito a riscrivere tutto nella versione che conosciamo oggi.

Mio marito ha scritto una vera schifezza, è un racconto senza senso. Fortunatamente lo ha dimenticato e io lo brucerò dopo avertelo mostrato.

– FANNY VAN DE GRIFT

Genesi del romanzo

Ancora ad oggi non si è raggiunta una versione univoca rispetto a quella che è la genesi de Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde. Ciò che è ben noto però è che la storia sia nata nel periodo in cui lo scrittore, al culmine della sua fama per aver scritto L’Isola del tesoro (1883) viene colpito da tubercolosi. Le continue emorragie e il dolore fisico lo portarono a chiedere al suo medico dei farmaci che potessero alleviare i suoi disturbi, così iniziò ad assumere ergotina negli effetti molto simile alla cocaina.

E se da un lato questi rimedi alleggerivano la sua condizione, dall’altro gli causavano una serie di allucinazioni, le quali però gli consentirono di creare questo capolavoro che ora abbiamo tra le mani.

Tra le poche informazioni certe di cui disponiamo e che Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde ebbe due versioni: la prima che andò le fiamme (non si sa bene se fu lo stesso Stevenson a darlo alle fiamme o se fu la moglie che sconcertata bozze del manoscritto scelse in tal senso), mentre la seconda prese vita nell’arco di sei giorni ed è quella che ad oggi possiamo leggere.

Che un invalido nelle condizioni di salute di mio marito fosse stato in grado di mettere su carta sessantamila parole in sei giorni sembrava veramente incredibile.

– FANNY VAN DE GRIFT

Il Dr. Jekyll e Mr Hyde: perché leggerlo

Nonostante sia stato pubblicato nel 1886 questo romanzo risulta attuale in maniera sconcertante.

Come già detto è molto breve (106 pagine nella mia edizione Feltrinelli, 144 nell’edizione illustrata BUR Deluxe), eppure è avvincente come se fosse un thriller di Dan Brown (Il codice da Vinci del 2003 – oppure Angeli e Demoni del 2000, nel mio ordine di lettura).

Io stessa ho scelto di interrompere la lettura nei momenti di climax, perché altrimenti davvero lo avrei finito troppo velocemente, poiché gli occhi correvano veloci sulle pagine affamati di scoprire cosa succederà nella prossima scena.

Le trasposizioni letterarie e cinematografiche sono innumerevoli, tuttavia la vera essenza la si può scoprire solo leggendo la versione originale e perché no?! (se si conosce la lingua) proprio quella inglese che, seppur appartenente ad un genere totalmente diverso, anche in Alice nel paese delle meraviglie di Carroll, dà grandi soddisfazioni.

Oltre all’enorme capacità di coinvolgere il lettore di Stevenson che ci fa pensare al Melville di Boby Dick, troviamo certamente una morale profonda e sintetica.

La curiosità nel superare certi limiti è indubbiamente una tentazione, eppure prima di addentrarsi in profondità in luoghi sconosciuti ci si dovrebbe chiedere prima se ne vale la pena poiché la possibilità di percorrere la medesima strada al contrario non è garantita (vedi nuovamente Alice), e nel caso, certamente non facile.

P.s. Forse in linea con questo libro anche io ho riscritto questo articolo due volte: il primo scritto tutto d’un fiato si è perso chissà dove con mio grande dispiacere, perché mi piaceva molto il risultato. Dunque come per il romanzo di cui tratta questo articolo, anche dal mio lato propongo una seconda stesura. Spero davvero che sia esaustiva e coinvolgente al punto di farti leggere questo capolavoro letterario, un grande classico che merita di stare in qualsiasi bliblioteca privata e non.

Buona lettura.

Info bibliografiche

Titolo originale: Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde (inglese)

Titolo: Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde

Autore: Rober Louise Stevenson

Prima pubblicazione: 1886

Prima pubblicazione in Italia: 1905

La mia edizione: XII edizione Settembre 2005 // 2022

Editore italiano: Feltrinelli Editore // Rizzoli Editore

Collana: I classici – Universale economica Feltrinelli // BUR Deluxe

Genere: Grandi classici, Romanzo, Fantasy, Horror, Gotico, Fantascienza

Numero di pagine: 111 (postfazione inclusa) // 222 (illustrazioni incluse)

Preceduto da: Il principe Otto – 1885

Seguito da: Il ragazzo rapito – 1886

 

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