Il tuo pensiero laterale è una risorsa da allenare, e farlo è divertente!

Il tuo pensiero laterale è una risorsa da allenare, e farlo è divertente!

Copertina del libro “Il pensiero laterale” di Edward de Bono del 1967

GROWTH, MIND & BODY, SELF HELPPSICOLOGIA

Il tuo pensiero laterale è una risorsa da allenare, e farlo è divertente!

Il pensiero laterale, dello psicologo maltese Edward de Bono, ci insegna e spiega, come sviluppare la creatività e trovare sempre nuove idee superando i limiti imposti dal pensiero verticale e da una formazione che di fatto, non ci insegna a pensare “fuori dagli schemi”; anzi tutt’altro.

26 FEBBRAIO 2021 – ROMA

GROWTH, MIND & BODY, SELF HELPPSICOLOGIA

Il pensiero laterale di Edward de Bono. Ecco la mia recensione.

 

Il pensiero laterale, quello che si estrinseca nel trovare soluzioni creative, è qualcosa che può, e dovrebbe essere, molto più quotidiano di quanto non si pensi. Il pensiero creativo, e quindi il pensiero laterale, non è infatti strettamente connesso all’espressione artistica dell’individuo, quanto piuttosto ad una volontà di cercare e trovare, una soluzione che sia libera dalle briglie del pensiero verticale, ossia quello razionale.

Il pensiero laterale lo si può più facilmente apprezzare nelle sue realizzazioni pratiche.

Edward de Bono, sintetizza appunto la differenza tra due diversi “modi” di pensare, che nella migliore delle circostanze possono essere complementari e sicuramente sono uno la sintesi dell’altro. 

Di fatto i due procedimenti sono complementari.

Il pensiero laterale è sempre ricostruibile verticalmente, ma solo a posteriori.

In prima battuta troviamo il pensiero puramente logico per il quale Edward de Bono, conia il termine di pensiero verticale, proprio ad evidenziare la consequenzialità delle fasi che lo compongono. In secondo luogo troviamo il pensiero laterale che invece, libero da schemi prefissati, spazia ovunque purché vi siano: l’intuizione, il desiderio di ricerca e di sperimentazione a guidarlo nella sua manifestazione.

Il pensiero laterale invece non richiede sempre la consequenzialità: quel che gli interessa e che la conclusione finale sia esatta.

Il pensiero laterale non si propone solo la soluzione dei problemi singoli, ma so preoccupa a che di trovare nuove interpretazioni della realtà e si interessa di idee nuove di ogni genere.

Uno degli aspetti più importanti che de Bono porta alla nostra attenzione, è che mentre i verticalisti negano completamente l’approccio creativo, chi sceglie di allenare il proprio pensiero laterale, è invece aperto a qualsiasi itinerario ideativo, purché si raggiunga una soluzione semplice e valida. 

Il metodo verticale non soltanto è, per sua natura, sterile di idee originali, ma ne ostacola concretamente il sorgere.

Quando si sceglie, di ricercare una soluzione alternativa sfruttando le illimitate possibilità che il pensiero laterale ci fornisce, si dimostra fondamentale agire sin da subito in maniera non programmatica: cambiare punto di vista, allontanarsi da ciò che stiamo osservando, girarci intorno, compiere il percorso più lungo, ribaltare mescolare e pescare a caso gli elementi che compongono il problema, sono solo alcuni dei metodi (apparentemente complessi e dispendiosi), che possiamo attuare per raggiungere una soluzione che al dunque si rivelerà profondamente semplice e immediata. Saremo portati a sorprenderci del risultato esclamando, magari proprio ad alta voce: “Ma come ho fatto a non pensarci prima?!”…ebbene significa che abbiamo trovato un’ottima soluzione al nostro problema, che però è certo non essere l’unica.

(…) ognuno al diritto di mettere in dubbio qualsiasi cosa tutte le volte che vuole, e ha il dovere di farlo almeno una volta.

Ma l’aspetto significativo, e sul quale in onestà non avevo mai posto attenzione, è che se da un lato il pensiero verticale una volta raggiunta una soluzione, ne è pienamente soddisfatto e la applica ad oltranza; dall’altro il pensiero laterale cerca costantemente nuove soluzioni, anche per il semplice gusto di farlo…come se fosse un gioco o comunque un esercizio guidato dal caso, e che possa muoversi fuori dagli schemi.

L’imprevedibilità stessa delle idee nuove sta ad indicare che esse non sono necessariamente il risultato di ragionamenti logici.

Il sentirsi pienamente soddisfatti di ciò che si ha, costituisce infatti un limite per quella che è la concezione di nuove idee e soluzioni alternative.

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

In un’ottica di efficientamento costante, il pensiero laterale (che ha i suoi tempi, e che a volte produci risultati riflessi” o a distanza di tempo), spesso viene etichettato come antieconomico, soprattutto in ambito scientifico. Ciò nonostante i risultati che si possono e riescono ad ottenere, allenando il nostro cervello in tal senso, ci garantiranno delle soluzioni attuabili in assoluta economia di mezzi e risorse, ripagando appieno l’investimento fatto sia in termini sia economici che di tempo.

È meglio avere tante idee da potersi permettere il lusso che alcune di esse siano sbagliate, piuttosto che saper ragionare sempre in modo impeccabile ma non avere nessuna idea.

Il pensiero verticale, si differenzia empiricamente (è davvero il caso di usare questo termine!) da quello laterale, in quanto il primo si basa su un’alta probabilità di riuscita avendo alle spalle una serie di esperienze pregresse, che ne confermano la validità ed efficacia.

Criterio della probabilità e dell’esperienza.

Ciò nonostante come si è già detto, scegliere deliberatamente di affidarsi a soluzioni “già confermate”, ci impedisce di cercarne e per estensione, di trovarne di nuove o comunque di migliorarne le prestazioni.

È possibile aumentare l’efficienza di un procedimento in due modi. Il primo consiste nel migliorare le prestazioni in modo diretto; il secondo nell’individuare e poi rimuovere gli inconvenienti che ne ostacolano il funzionamento.

Il libro “Il pensiero laterale” di Edward de Bono, è un libro la cui lettura ha le sue tempistiche. Essendo un testo ricco di esempi pratici, che si focalizzano sul processo e non sul risultato, il mio consiglio è quello di prendersi il giusto tempo per comprendere le dinamiche degli esempi proposti, in modo da interiorizzarli visualizzandoli, e chissà che tornino utili in un’occasione completamente diversa rispetto a quella di partenza.

Non è possibile guardare in una direzione nuova appuntando sempre più gli occhi nella vecchia direzione.

Il pensiero laterale non è qualcosa che ci viene comunemente insegnato, dovrà per tanto essere nostra cura, trarre insegnamento da qualsiasi esperienza e associazione di elementi. Come ben ci viene illustrato negli esempi grafici, che l’autore usa come pretesto per insegnarci che la nostra mente ragiona a grappolo, scopriamo che tanti più elementi base conosciamo (che lui ci propone nella figura delle T), tanto più saremo in grado di leggere ed interpretare la realtà che ci si presenta davanti.

L’insegnamento informa, non crea.

[il pensiero laterale] È un’attitudine e un abito mentale.

Nel “corretto” uso del pensiero laterale infatti, la casualità degli eventi e la libera associazione, sono da considerarsi fattori cardini, proprio perché concretizzano il concetto di assenza di percorsi obbligati e prestabiliti, che invece caratterizzano il pensiero verticale. Dunque tanto più noi faremo esperienza varia, tanto più avremo delle chiavi di lettura e di azione, per così dire pronte all’uso, garantendoci una risposta agli eventuali problemi quanto più rapida (e quindi apprezzabile), sia possibile in base al nostro bagaglio esperenziale. Da questo punto di vista Edward de Bono, ci invita a inventare dei giochi creativi, condividendo se possibile, questa esperienza con altri magari durante una cena con degli amici. In fondo sarà divertente!

Se il pensiero laterale sceglie il caos è perché vuole servirsene come metodo.

Il caso non ha limiti, l’immaginazione invece ne ha.
I quattro principi operativi sono:

1. L’identificazione delle idee dominanti, o polarizzanti

2. La ricerca di nuovi metodi di indagine della realtà

3. L’evasione dal rigido controllo esercitato dal pensiero verticale

4. L’utilizzazione dei dati e delle circostanze fortuite

Per omaggiare questo libro che ho riletto una seconda volta a distanza di dodici anni, ho deciso di dare dei titoli alternativi ad ogni capito in modo sia da facilitarmi nella comprensione di questo testo, che in alcuni e sporadici momenti non è particolarmente leggibile (in fondo è stato scritto nel 1967), sia per allenare un po’ il mio cervello, a mo’ di gamification!

Un’altra tecnica utile consiste nell’esporsi di proposito una grande quantità di stimoli aggirandosi luoghi pieni di oggetti a cui non si sarebbe diversamente prestata attenzione

Osservare tutto ciò che attira l’attenzione. Spesso sono le cose più trascurabili a far nascere nella mente idee originali. (…) nei recessi della mente si nasconde sempre un problema in attesa di un’idea.

Il dato di per sé non è significante; significanti sono invece i motivi per cui la mente ne viene interessata, significante è la capacità del dato di suscitare uno schema di pensiero o di adattarvisi.

E se pensi che dare un titolo a ogni capito sia facile, provaci e poi magari mi fai sapere com’è andata per te.

(…) improvvisa illuminazione interiore (…) visione delle cose completamente nuova.

Il pensiero verticale è prevedibile perché preconfezionato e ripetitivo, dunque anche gli effetti esteriori che si manifestano in chi scegli di approcciare alle situazioni servendosi di questo metodo, mostrerà quelle che sono le proprie idee dominanti. Per idee dominanti vanno intese quelle scelte che attuiamo in maniera istintiva, poiché ci sono note, e che dunque percepiamo come una sorta di zona di comfort in cui ci rifugiamo, nel momento in cui ci troviamo di fronte ad un problema.

Per diventare familiare, una figura deve ricorrere di frequente, perché essa acquisti un significato è necessario che ogni volta si ripete un determinato comportamento, associato alla figura.

Un problema può avere soluzioni facili o complicate: tutto dipende dall’angolazione dalla quale lo si affronta.

Un’idea veramente nuova non appare mai bizzarra perché ha una sua interiore indipendenza e compiutezza. Le idee bizzarre non sono idee nuove ma semplici distorsioni delle vecchie.

Scegliere di rifugiarsi in esperienze già vissute, è una scelta comoda che però non ci fa rendere conto che in realtà disponiamo già di tutto quanto ci occorre per evolvere, e raggiungere un risultato migliore o comunque alternativo

Costa fatica abbandonare una determinata impostazione per mettersi alla ricerca di una diversa. Molto spesso, però, tutti gli elementi base di una soluzione nuova sono già disponibili: si tratta solo di comporli secondo una nuova formula.

La gravità, sta nel fatto che spesso l’essere umano non è neppure interessato a questo processo evolutivo, relegandosi in una situazione stagnante poiché incapace di  adoperarsi in una qualche evoluzione. È più che naturale essere titubanti nel momento in cui si percorre una strada non ancora battuta, ciò nonostante l’esplorare è parte integrante del nostro essere umani! Ebbene Edward de Bono, in “Il pensiero laterale” ci ricorda (tra le righe), che la vita è scoprire ed esplorare continuamente, migliorando così sia le nostre personali vite che quelle altrui, come del resto hanno fatto le grandi menti, che appunto vengono citate in questo libro, che è anche un po’ un testo psicologico. Non a caso Edward de Bono era proprio uno psicologo, e nelle sue origini isolane (Malta), è forse possibile rintracciare la curiosità verso l’esplorazione e l’andare oltre i limiti fisici e quindi mentali in cui possiamo ritrovarci.

Ogni iniziativa che non pone problemi non hanno eppure molte possibilità di sviluppo. (…) il compiacimento per i risultati ottenuti e la mancanza di problemi non significano altro che accettazione di soluzioni mediocri e mancanza di immaginazione.

Altre citazioni 

L’entusiasmo che è un’idea può aver sollevato nel suo stadio concessionario e si attenua molto quando si tratta di attuarla.

Obiettivo del pensiero laterale è la concezione di idee nuove.

Il pensiero laterale non interviene solo nelle fasi di ricerca e di creazione del prodotto ma anche in quella organizzativa e di studio dei metodi.

La divisione migliore è quella più utile.

Un rapporto mostra come due parti erano combinate tra loro prima della divisione.

L’impiego del pensiero laterale è indispensabile in quelle situazioni problematiche che il pensiero verticale non è stato in grado di risolvere.

Ė possibile arrivare a una certa comprensione del meccanismo intellettivo attraverso un esame delle manifestazioni esteriori del pensiero che rechi testimonianza degli schemi mentali di partenza.

E se non ha avuto occasione di conoscere la vecchia impostazione di un problema [ha] migliori possibilità di elaborarne una originale.

Poche cose danno un maggior senso di frustrazione di un impegno che cerca ansiosamente il modo di realizzarsi.uno sforzo deve essere anche ripagato da qualche risultato tangibile, e quanto più tempestivamente il risultato arriva, di altrettanto l’impegno ne risulta stimolato.

L’ideatore di una teoria è continuamente dominato dal desiderio di svilupparla perché la sente propria.

Idee dominanti possono essere più dannose che utili

Info bibliografiche

Titolo originale: The use of lateral thinking

Autore: Edward de Bono

Prima pubblicazione: 1967

Prima pubblicazione in Italia: 1969 (Rizzoli)

La mia edizione: VIII edizione BUR 2008

Editore italiano: BUR (diritti della Rizzoli)

Collana: Psicologia e società

Genere: Auto aiuto, Growth, Mente e corpo, Psicologia

Numero di pagine: 182 (illustrazioni incluse)

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Capitoli

Capitolo primo. Le differenze tra il pensiero verticale (alta probabilità, consequenzialità) e il pensiero laterale (bassa probabilità, lateralità).

Capitolo secondo. L’incapacità del metodo logico, rigidamente applicato, di trovare soluzioni originali.

Capitolo terzo. L’effetto polarizzante delle idee dominanti.

Capitolo quarto. L’abitudine di pensare per immagini.

Capitolo quinto. La ricerca sistematica di una pluralità di impostazioni alternative dei problemi.

Capitolo sesto. Il prepotere del pensiero verticale come ostacolo al sorgere di idee nuove.

Capitolo settimo. L’utilizzazione degli eventi fortuiti e il riconoscimento della loro validità.non interferire, ma favorirne l’evolversi per poi raccoglierne i frutti.

Capitolo ottavo. La dimostrazione dell’utilità pratica di un tipo di applicazione del pensiero laterale.

Capitolo nono. Gli svantaggi che derivano dal mancato uso del pensiero laterale.

Capitolo decimo. L’utilizzazione del pensiero laterale e l’impiego di idee nuove.

 

Capitolo 1 [Novità laterale]

Capitolo 2 [Nuovi dati o nuovo metodo?]

Capitolo 3 [Il dubbio delle idee dominanti: ne vale la pena?] 

Capitolo 4 [Le combinazioni standard: notorietà degli elementi e usualità di rapporti!]

Capitolo 5 [Il pensiero laterale alla pari di un’equazione con più uguali!]

Capitolo 6 [Il terzo principio: Le possibilità del caos omnidirezionale come fluidità creativa]

Capitolo 7 [Il quarto principio: L’abilità di trovare profitto dal caso]

Capitolo 8 [Utilità postuma]

Capitolo 9 [La verticalità è prevedibile]

Capitolo 10 [Duttilità mentale]

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Storia irreale e sabbiosa sull’importanza dell’inconsistenza dell’anima sul corpo. Ma non è zen

Storia irreale e sabbiosa sull’importanza dell’inconsistenza dell’anima sul corpo. Ma non è zen

Copertina del libro “Il mondo prima di pesare 21 grammi” di Alessandro Tonoli del 2020

RACCONTO

Storia irreale e sabbiosa sull’importanza dell’inconsistenza dell’anima sul corpo. Ma non è zen

Il mondo prima di pesare 21 grammi è un romanzo, in cui siamo guidati alla scoperta di ciò che rende l’uomo, un essere umano al di là della materia di cui è composto.

16 FEBBRAIO 2021 – ROMA

RACCONTO

Il mondo prima di pesare 21 grammi di Alessandro Tonoli. Ecco la mia recensione.

 

Lo storytelling è una delle capacità più importanti che chiunque voglia trasmettere un messaggio dovrebbe coltivare. Colui e colei che è “storyteller”, racchiude in se quella capacità di raccontare una storia: forse la sua, forse quella che ha visto e/o udito da qualcun altro. Certo è che quando si racconta una storia, questa prende vita e acquisisce più valore, per il semplice fatto che qualcuno, interpretandola ed enfatizzandola è stat*, in grado di carpirne il valore intrinseco e comunque i punti salienti, ovvero quelli degni di essere raccontati in una storia che valga questo nome.

C’era condivisione, ma nessuna intenzione di condividere.

(…)

Nessuno le faceva proprie. Nessuno le rielaborava. Nessuno gli donava le sue. [di parole]

Indipendentemente dal fatto che ci si immedesimi, in quello che si sta ascoltando o leggendo, ciò che conta è quello che l’ “esperienza” del venire a contatto con una nuova storia suscita in noi, sai nell’immediato sia per cosa ci lascia dopo. Leggendo “La vita prima di pesare 21 grammi”, sono rimasta distaccata dalla vicenda…un osservatore quasi onnisciente. Certo è, che immedesimarsi con qualcosa che è più simile ad una sagoma che non ad una persona è alquanto improbabile, eppure quando l’autore Alessandro Tonoli, ha scritto questo libro di poco più che duecento pagine, ci è riuscito. Anzi, ha creato nel personaggio di Selim, il pretesto per porre attenzione sulla sostanza della vita, rispetto alla forma.

Le parole potevano creare, quanto ricongiungere.

Questa “massa dalle non-forme” questo “manichino” che è Selim, rappresenta ciò che l’essere umano sarebbe se non intraprendesse alcun percorso, atto ad esplorare e quindi accrescersi e soprattutto esplorarsi; tanto nei propri lati umani carichi di dubbi e sentimenti, che nei propri lati bestiali in cui la cieca rabbia talvolta, prende il sopravvento.

Non può dolere la solitudine se non si è mai compresa la sua alternativa.

Bianco e nero, come pure tutti gli altri colori e le loro sfumature fanno tutte parti di noi esseri umani, e forse è per questo motivo che l’autore Alessandro Tonoli, non si sofferma a descrivere il “colore” di Selim. Ci racconta che ha non-mani, non-gambe, non-occhi… ma gli unici colori che ci vengono proposti con cura sono quelli del mondo esterno: il rosso del sangue che esce dal “manichino” quale è Selim, e l’argento della figura sua simile che incontra, evidenziando in tal modo il fatto che ciascuno di noi si realizza in rapporto con il suo intorno, che inevitabilmente deve includere dei nostri simili

(…) egli sentì la forza e la voglia di tutti quei pensieri di divenire parte del mondo.

In un primo momento tutto ciò che viene visto e udito, dopo che il “Groviglio’’ ha fatto dono a Selim degli occhi e quindi delle orecchie, è proprio l’esterno. Solo “poi” inizia a prendere consapevolezza di , dei propri pensieri, di quello che gli piace o meno, e di quello che era in grado di sentire sia a livello superficiale, che ad un qualche livello più profondo.

La mancanza di una direzione lo aveva completamente annullato.

E in questo suo indagare, dopo anni di vagabondaggio nel deserto attirato come l’ago di una bussola verso una direzione “obbligata”, interpretabile come il futuro, Selim si rende conto che immaginare, sognare e percepire non ha assolutamente senso se non si condivide con qualcuno che sia simile a noi, il nostro specchio perfino! Qualcuno che sia fatto della nostra stessa materia.

Si poteva chiaramente osservare come le due fossero modellate dalla stessa fonte.

Per disegnare immagini da portare all’esterno.

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

Traslando l’insegnamento de “Il mondo prima di pesare 21 grammi” nella realtà anche noi che leggiamo queste pagine ci rendiamo conto ancora una volta, che condividere la propria esperienza, il proprio vissuto con qualcun altro è una delle realtà più significative con cui possiamo e dobbiamo fare i conti. 

Energia e desiderio hanno in mano le sorti del mondo.

Ma c’è un’altro insegnamento che possiamo cogliere da questo romanzo di Alessandro Tonoli, e cioè che nessuna creatura umana e non-umana può effettivamente sfuggire a quello che è il proprio “groviglio” interiore. L’odio che Selim ad un certo punto prova per il Groviglio, è l’espressione dell’odio che in talune occasioni nutriamo nei nostri stessi confronti.

Creatura Deserto (il suono del mondo)

E dall’esperienza di questo “non-uomo” carpiamo che al dunque dobbiamo sempre venire a patti con noi stessi, con il nostro passato per compiere quel percorso obbligato che è il nostro futuro, per il quale dovremmo davvero essere disposti a lasciarci indietro tutto il nostro passato, per diventare chi siamo, nella forma che sempre avremmo dovuto essere e che in forma di seme siamo sempre stati, senza magari rendercene davvero conto.

L’accettare di invalidare tutta l’esistenza che si è vissuta fino a quel momento (…) accogliendone una nuova.

Forse, le ricerche più complesse possono definirsi solo nel momento in cui si perdono di vista. È la mente ad arrivare dal viandante quando egli smette di guardarla e si dimostra degno del cammino.

Fu così che La Meta, infine, giunse da lui.

Ascoltati.

Ascolti e cerca…un seme.

Ciò che costituisce i nostri 21 grammi

 

  • Vista
  • Pensieri
  • Sogni
  • Immaginazione
  • Bellezza
  • Eternità/Tempo
  • Motivazione/Senso
  • Comunicazione
  • Felicità
  • Paura
  • Risata/Ridere
  • Baciare
  • Solitudine
  • Odio
  • Malinconia
  • La Chiave (noi stessi)
  • La Speranza
  • Vita
  • Destino

Info bibliografiche

Titolo originale: Il mondo prima di pesare 21 grammi

Autore: Alessandro Tonoli

Prima pubblicazione: 2020

Prima pubblicazione in Italia: 2020 (Porto Seguro Editore)

La mia edizione: I edizione Porto Seguro Editore 2020

Editore italiano: Porto Seguro Editore

Collana: Rose blu

Genere: Romanzo

Numero di pagine: 216

Preceduto daLa piccola Parigi. Leggende di Cabiate (2015)

Seguito da: –

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Quando un tacco 12 diventa la tua fata turchina

Quando un tacco 12 diventa la tua fata turchina

Copertina del libro “Tacco 12” di Veronica Benini del 2013

GROWTH, MIND & BODY, SELF HELPBIOGRAFICOROMANZOROSA

Quando un tacco 12 diventa la tua fata turchina

Tacco 12 è il primo libro di Veronica Benini che è più di un manuale su come camminare sui tacchi! E’ una guida alla scoperta di noi stesse.

10 FEBBRAIO 2021 – ROMA

GROWTH, MIND & BODY, SELF HELPBIOGRAFICOROMANZOROSA

Tacco 12 di Veronica Benini. Ecco la mia recensione.

 

La Spora, in questo caso inteso non come Veronica Benini, ma come il putto alato che troviamo in Tacco 12, il libro edito dalla Sperling & Kupfer; è la “madrina” che ogni donna vorrebbe avere. Oltre a spiegarti cose fighissime in tema di überfigaggine, e di “shoes choice/care”,ti aiuta a scoprire i tuoi lati migliori, quelli che vanno valorizzati (anche con l’aiuto di uno stiletto: il famigerato tacco 12 o ancora meglio il tacco 14… quello davvero killer ).

La Spora, in questo caso inteso non come Veronica Benini, ma come il putto alato che troviamo in Tacco 12, il libro edito dalla Sperling & Kupfer; è la “madrina” che ogni donna vorrebbe avere. Oltre a spiegarti cose fighissime in tema di überfigaggine, e di “shoes choice/care”,ti aiuta a scoprire i tuoi lati migliori, quelli che vanno valorizzati (anche con l’aiuto di uno stiletto: il famigerato tacco 12 o ancora meglio il tacco 14… quello davvero killer ).

E io credo, in virtù del fatto che consigli del genere, noi donne dovremmo averli sempre con noi, Veronica Benini ha creato il personaggio della Spora, un po’ per tutte le donne: un’allegoria della miglior versione di noi stesse, che è davvero la voce cui dobbiamo, e soprattutto possiamo riferirci in ogni momento; perché a conti fatti ciascuna di noi passa 24/7 con se stessa!

Per figa s’intende una che ha tanto stile e carisma da fare quello che le pare. Come me.

Quando Marta, la ragazza che diviene la nuova protetta della Spora, si incontra con questo biondissimo e fighissimo putto alato in stiletto, nella mia interpretazione della vicenda in realtà incontra se stessa. Il momento in cui incontriamo noi stesse, è cruciale nella vita di ogni donna, perché è una sorta di punto “di non ritorno”, in cui iniziamo ad agire per diventare noi stesse, come appunto farà Marta, anche se questo significa dire un sonoro “No!” a Runway, con tutto l’orgoglio che emerge quando tiriamo fuori il nostro vero carattere.

Tacco 12, è una storia tanto leggera, quanto profonda e soprattutto utile: è un misto tra la satira di un romanzo rosa, unito ad un manuale in perfetto stile “hell coach” con tanto di illustrazioni rosa delle scarpine, di come trattarle e di come venire a patti con loro per evitare tutte le spiacevoli conseguenze sulla salute, in primis dei nostri piedi, a causa di una scelta impropria, di questa

arma di seduzione di massa.

La camminata t-rex è in agguato, e bisogna sempre ricordarsi di scegliere il tacco in base al nostro livello di confidenza, per dare modo al collo del piede di allungarsi, traghettandoci dal livello debuttante, al livello diva del tacco 14, che come ci insegna la Spora, non è detto debba essere usato per camminare a lungo, magari il tempo sufficiente per raggiungere dal nostro boyfriend nell’altra stanza! 

Certe scarpe non sono fatte per camminarci.

Però è chiaro, che l’effetto deve essere più che killer (!!!), in una circostanza del genere, quindi bisognerà allenarsi nella vita quotidiana!

Avvertire la presenza dei propri organi genitali genera una sensazione di potere. Ecco perché sui tacchi agiamo diversamente. Il tacco cambia la percezione del nostro corpo, quindi non è semplicemente uno stereotipo, non è semplice apparire. È essere.

Tacco 12, nella mia lettura, è un percorso appassionato e ironico nel mondo dei tacchi e della loro storia (cioè, ma chi lo sapeva che dentro le scarpine, c’è una cosa chiamata cambrione?). Ma soprattutto, se guardiamo oltre i look in stile 007 o festaiolo delle due amichecche alate Nando & Gigi, e le sessioni di shopping d’attacco con la “discepola”, cogliamo tutte le fasi che hanno portato Veronica Benini, a diventare/essere la Spora “nella vita vera”, e grazie alla quale (quindi grazie a se stessa), è riuscita a ricominciarsi proprio come ad oggi insegna a fare ad altre donne.

Lo shopping è una cosa seria e va affrontato con metodo.

La storia della vita di Veronica Benini, la puoi guardare e scoprire sul suo canale YouTube, ma credimi se ti dico che qui ci sta tutta: la sua formazione da architetta, il suo amore per Paris, per la Firenze che è diventata la sua casa dopo lo sradicamento di quando era una ragazzina, il fatto che si è ritrovata a fare da madre alla sorella, e quindi Milano dove non è stato facile sentirsi a casa, tant’è che gli ci è voluto parecchio tempo anche solo per “dare quel tocco personale”, alla casa in cui viveva e che dopo il suo periodo nomade, non riusciva a sentire sua. Dunque qui, in Tacco 12, la Spora insegna a Marta, a prendersi cura della sua casa, affinché questa possa accoglierla, rispecchiarla e aiutarla nel suo cambiamento.

Le tue capacità verranno fuori sul campo, ma prima devi convincerli a darti un’occasione.

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

Ecco Marta corrisponde a chi era Veronica Benini, prima di diventare l’imprenditore (o imprenditrice dillo come ti pare), che è oggi! La scelta di non rimanere in pantofole, ma anzi di elevarsi sui tacchi, soprattutto dopo una di quelle batoste che ogni tanto la vita ci riserva (nel caso di Veronica Benini parliamo di cancro al collo dell’utero e separazione), spetta a noi, e in questo non ci sono ne’ scuse se variabili: o ti piangi addosso, oppure inizia a spingere per portare la tua vita dove vuoi tu! E come dice perfettamente Elio Fiorucci nella prefazione di Tacco 12,

“Non arrendetevi alla noia di una vita piatta. Ogni donna merita di più.”

…perché lo stiletto è uno stato mentale, è uno strumento che riceviamo direttamente dal Dio dei Tacchi, che oltre a cambiare la nostra postura ed essere una ginnastica persino per il nostro pavimento pelvico, oltre che per le gambe, i glutei e gli addominali ovviamente, ci fa sentire belle anzi überfighe per usare il vocabolario della Spora.

Sai perché una donna sui tacchi è sexy? Non perché gli altri la vedono così, ma perché lei si sente sexy. E di conseguenza gli altri se ne accorgono…

Inventando il personaggio della Spora, Veronica Benini dà il pretesto, ad ogni donna che vuole o deve ricominciarsi, di creare per se stessa, il proprio percorso di autoguarigione e di autorealizzazione, in cui diventiamo le nostre migliori amiche e perché no?! fate madrine, purché in stiletto!

(…) dopo cinque minuti la fauna maschile ti ritira su di morale.

Dopo aver letto il libro, e averlo assorbito, con la mente sono tornata alle prime pagine in cui il biondo putto in ali e stiletto, praticamente terrorizza chiunque la incontra, perché nonostante la Spora può diventare invisibile, anche per una “party addicted” come lei, il troppo champagne ha i suoi effetti. E dunque a me sembra proprio, che il terrore che le donne (le sue discepole), provano quando la vedono per la prima volta, corrisponda alla paura che noi donne proviamo quando ci guardiamo alla specchio davvero, per la prima volta. E non parlo di quando ci guardiamo allo specchio per vedere se il nostro lato B è libero dagli improponibili VPL (Visible Panty Lines), o se la lunghezza/cortezza del nostro jeans del cuore è perfetta.

Noi qui lavoriamo sulla perfezione, di meno non ci interessa.

Parlo del momento in cui proviamo quella sensazione di disagio (per andarci leggera), quando vediamo chi siamo in questo preciso momento, a che punto è la nostra vita, e allora decidiamo dove vogliamo portarla e iniziamo a farlo.

È sentendoti figa che diventi figa. Il rossetto non ti cambia, è il percorso che hai fatto per metterlo, per sentirlo tuo, che ti ha cambiato.

E la cosa più über di tutto questo, è che viviamo in un momento storico übertecnologico, quindi ogni nostro traguardo personale può essere condiviso con gli/le altre; ed ecco perché Marta (la Veronica che si è autoaiutata), alla fine diventa una stiletto coach, che è proprio ciò che ha fatto nella vita vera la Benini fondando la sua Stiletto Academy.

Sono nata sui tacchi e non li ho mai tolti da allora.

HELENA CHRISTENSEN

Ad oggi Corsetti è un’azienda che pur non investendo in advertising (fanno tutto in organico), ha un fatturato invidiabile (e gli/le addetti/e ai lavori sapranno la potenza di una cosa come questa), però se hai un progetto da realizzare il “fare pubblicità online” è tra le cose che puoi imparare su questa piattaforma überfiga. La morale in questo senso è che i progetti vanno bene, ma bisogna passare all’azione perché se nessuno sa quello che stai facendo, alla fine stai solo buttando tempo, che è prezioso! Ragion per cui, in termini di ottimizzazione s’intende, è sempre bene seguire tutte le fasi della corretta applicazione del rossetto,

La vera eleganza è il rossetto a tenuta perfetta.

 così risparmiamo del tempo che magari possiamo usare per twittare qualcosa di interessante e utile, e che soprattutto sia in linea con chi siamo e quello che facciamo davvero!

La cosa più affascinante di una donna è la fiducia in se stessa.

Alla fine dei conti, i basici intesi come capi d’abbigliamento e scarpine (che poi, non tutti vanno bene a tutte), servono a questo (e anche qui andiamo nella parte psicologica della “cosa”): ad avere una solida base su cui stratificare, e soprattutto che ci consentono di mettere a fuoco i nostri punti di forza, ai nostri occhi ma anche a quelli delle persone (ambosessi) che incrociamo per strada, così da poterli valorizzare non solo con la scarpina più adatta al nostro piede, ma anche con quell’atteggiamento che dice: “Questa sono io e sono una figa, e dato che sono buona, se vuoi ti insegno come si fa!

(…) l’attitudine roar si acquisisce.

Le donne sono tutte diverse, e lo sono anche i nostri piedi: c’è quello egizio, quello greco e quello romano (che è il mio!). Quindi in un mondo fatto di standardizzazione e di appiattimento stile ballerine, che tra l’altro fanno malissimo (e mi sembrava di provare più dolore del dovuto quando in un unica occasione le ho comprate, e poi never more!), è fondamentale tirare fuori i nostri difetti perché quelli si che sono unici

Insomma una volta che capisci che il ginocchio va sempre ben teso, dichiari guerra ai pantaloni boyfriend perché

i boyfriend non te li compri, sono del tuo lui, li usi e glieli rendi.

e trovi il giusto colore di rossetto rosso anche se non puoi parlare direttamente con Elizabeth Arden come ha fatto la Spora, e soprattutto impari a volerti bene cominciando dagli infusi, dal gelatino e ovviamente dalle scarpine, ma anche in tanti altri piccoli e grandi modi… 

Trattarsi bene è un modo per volersi bene (…) Spesso l’importante no è la cosa in sé, è il gesto, il benessere che deriva dal dedicarci attenzioni.

allora puoi sempre e davvero camminare a testa alta, perché il futuro come poi si è detto anche al Nove Muse, l’eventone organizzato dalla Benini, “Il futuro è di chi spinge!

i tacchi sono un übersimbolo.

Ma è anche di chi la smette di cercare l’unicorno,

Concentrati su te stessa, non sul salvatore. Sei tu che ti salvi da sola, okay?

l’uomo che ci aspettiamo ci salvi dalla nostra incapacità di giocarci le carte che abbiamo, che a conti fatti possono essere sempre vincenti. Salviamoci da sole! quindi intanto alleniamoci ad usare i tacchi spingendo il carrello del supermercato a mo’ di girello, che in fin dei conti 

non sai mai chi potrai incontrare.

Altre citazioni

Voglio ascoltare cosa provi per sapere di cosa hai bisogno

Voglio sentirmi più dinamica e più libera

Salvatore [Ferragamo] diceva che chi ha la freccia alta è un artista

Non hai mica ciglia finte sulla lingua

Scarpe diem

Internet è bello perché c’è un computer che lavora al posto tuo. Non è fantastico? (…) da Nobel

Ma vivi in un ovetto Kinder o cosa?

Noi putti non possiamo mentire, ma omettere sì.

Ha una nuova consapevolezza di sé che le dà la sicurezza di lanciarsi e prendere decisioni, nelle piccole e nelle grandi cose.

La relazione di una donna con le scarpe è molto intima e imprevedibile, quasi quanto la sessualità.

(…) i piedi hanno moltissime terminazioni nervose e possono essere una fonte inesauribile di piacere.

E poi ti devi sentire figa, per agire da figa.

(…) se non ci credi tu perché dovrebbero crederci gli altri.

Nulla ti espone più al ricolo o alle critiche del tuo stesso imbarazzo.

L’eleganza è soprattutto il “come”, più che il “cosa”

E mi viene da pensare a qualcuno di molto speciale e molto giusto da baciare, ormai lontano lontanissimo nel tempo.

Senza volerlo sono diventata una coach di tacchi!

Personaggi

  • Spora: putto biondissimo in ali e stiletto, è la “fata madrina” di Marta e le insegnerà tutto quello che c’è da sapere in tema di überfigaggine
  • Marta: protagonista ed eroina, è l’ultima discepola che la Spora decide di aiutare in nome del Dio dei Tacchi
  • Gigi: una delle due amichecche dell Spora che l’aiuteranno con gioia, nel guidare Marta nella sua evoluzione stilistica, personale e affettiva
  • Fernandino “Nando”: una delle due amichecche dell Spora che l’aiuteranno con gioia, nel guidare Marta nella sua evoluzione stilistica, personale e affettiva
  • Ernesto Rodolfo Bucciardoni: è il fratello Giusto, ossia il fratello di Francesco. Ha ereditato il calzaturificio di famiglia (meglio di così per una stiletto addicted come ora è Marta); inizialmente si pensa che sia un provolone superprofessional, invece ha serie intenzioni con Marta
  • Francesco: fratello di Ernesto, è un ex compagno di scuola di Marta ma è anche il ragazzo per cui lei ha una cotta da sempre al punto da conservare dei ritagli di lui sul giornale, il che capita dato che è diventato fotografo acclamato. In tutto ciò ha però scoperto di essere omosessuale, con tutto il dispiacere (iniziale) di Marta.
  • Jessica: ultima protetta che la Spora accompagna a Firenze, prima di incontrare Marta
  • Carlo: ex fidanzato di Marta
  • Elena: amica della spora che custodisce le scarpine nella scatola originale e sul davanti visibile ci attacca una foto per riconoscerle. Cosi si proteggono dalla polvere, ma per quello i sono sempre le campane di vetro
  • Signora Lucia: sarta che a cui da sempre la famiglia di Marta fa riferimento per le riparazioni e le modifiche
  • Betta: amica della spora che comprò a NY una cuffietta con laccetti retrò in un negozietto ortodosso
  • Alessandra: amica della spora che fa magliette asimmetriche
  • Josh: coinquilino di Francesco a Milano del quale Marta doveva prendere la stanza, ma per fortuna quest’ultima verrà occupata da altri fornendo il pretesto ad Ernesto per…
  • Fabrizio:parrucchiere di Milano amico della Spora, che rifà il look a Marta
  • Javier: parrucchiere di Parigi amico della Spora, che si prende cura del suo überbiondo 
  • Priscilla: Gigi & Nando la usa come un esempio da non imitare, per quanto riguarda il look di Marta
  • Bénédicte: andava in missione in india per reperire le pietre per Nicolas Ghesquière
  • Sara: podologa dove va Marta, consigliata da Juliette
  • Juliette: podologa della Spora
  • Luciana: collega gentile del Museo, che subito si fa dare consigli da Marta in ambito tacchi
  • Edda & Caterina: colleghe più grandi di Marta, che inizialmente diffidenti, le chiederanno sull’esempio di Luciana, dei consigli sulle scarpine

Anatomia del piede

  • Freccia: del piede, è la parte scavata che si stacca da terra e che “riduce” la larghezza dell’impronta del nostro piede
  • Sesamoidi: due ossicini sotto lo snodo del metatarso e la falange dell’alluce, le ballerine per queste due “palline” sono deleterie
  • Metatarsi: ossa lunghe del piede, dove di solito si percepisce maggiormente il dolore dell’uso scorretto o eccessivamente prolungato dei tacchi
  • Alluce valgo: cambio della conformazione dell’alluce appunto, a seguito dell’uso intensivo dei tacchi
  • Metatarsalgie: infiammazione dei metatarsi
  • Piede egizio: l’allineamento delle dita del piede, individua una linea retta
  • Piede greco: l’allineamento delle dita del piede, individua una linea a cuspide
  • Piede romano: l’allineamento delle dita del piede, individua una linea spezzata dove alluce e indice sono “allineati”
  • Colonna vertebrale: quando indossiamo i tacchi le curve fisiologiche della colonna vertebrale vengono modificate, per questo è fondamentale fare stretching dopo aver tolto i tacchi, ma anche mentre li si porta quando è possibile
  • Tendile d’Achille: tendine posto nella parte posteriore del piede, collega la gamba con il piede stesso. Durante il periodo in cui si indossano i tacchi si contrae e irrigidisce, per questo è sempre buona pratica fare stretching dopo aver tolto i tacchi e comunque variare le scarpe ogni giorno in altezza e tipologia

Anatomia & cura delle scarpine

  • Cambrione:
  • Tacco:
  • Gommino:
  • Anima in metallo:
  • Tomaia:
  • Suola:
  • Vibram: protezione sotto la suola, è un materiale antiscivolo
  • Caucciù: materiale con cui vanno obbligatoriamente rifatti i tacchi in plastica, appena si comprano le scarpine nuove
  • Crema nubiana: prodotto per la cura delle scarpine
  • Pasta all’antica: prodotto per la cura delle scarpine
  • Spray idrorepellente: prodotto per la cura delle scarpine, per proteggerle dall’acqua

Tipi di tacco & proporzioni

  • Zeppa
  • Tacco largo
  • Rocchetto
  • Stiletto
  • 50%-50%
  • 40%-60%
  • 30%-70%
  • 20%-80%

TIPI DI SCARPINE (come sostituirle)

Meglio chiamarli i 7 tacchi capitali

  • Polacchine diventano Low boot
  • Mocassini diventano Richelieu
  • Stivali di gomma diventano Stivali col tacco 
  • Infradito diventano Sandali gioiello
  • Sandali con cuoio diventano Zeppa a espadrillas
  • Ballerine diventano Décolleté killer
  • Sneakers diventano Sandalo a rete

NOMI ÜBERFIGHERRIMI 

così fighi che non c’è nemmeno bisogno di presentarteli!

  • Elizabeth Arden
  • Montezuma Red: rossetto super roar, icona delle femministe
  • Sergio Rossi
  • Lana del Rey
  • Gaga
  • Jean-Paul
  • Bellucci
  • Christina Hendricks
  • Salvatore Ferragamo
  • Christina Aguilera
  • Pablo Picasso
  • Christian Louboutin
  • Sergio Rossi
  • Alexander McQueen
  • Giuseppe Zanotti
  • Mai Lamore
  • Brian Attwood
  • Roger Vivier
  • André Perugia
  • YSL
  • Max Kibardin
  • Nicholas Kirkwood
  • Valentino 
  • Kate Blanchette
  • Inés
  • Charlotte Casiraghi
  • Angelina
  • Charlize
  • Emma
  • Aniston
  • Lopez
  • Gwyneth Paltrow
  • Christian Dior
  • Albanese
  • Paolo Falbacci: nel 1953 inventa il tacco a spillo, non Christian, non Roger, né Salvatore
  • Steve Jobs
  • Chanel
  • Mac 
  • Stan Smith
  • Stefano e Domenico
  • Mies Van Der Rohe
  • George Clooney
  • Donatella
  • Vivienne
  • Nicolas Ghesquière
  • Giorgio Armani
  • Gianfranco Zanotti
  • Wolford: marchio di collant
  • Shu Uemura

Livelli di confidenza col “tacco”

  • Debuttante: tacco 1 cm
  • Gattina: tacco 3 cm
  • Mademoiselle: tacco 5 cm
  • Principessa: tacco 7 cm
  • Executive: tacco 10 cm
  • Addicted: tacco 12 cm
  • Diva: tacco 14 cm

LUOGHI

  • Casa di Marta
  • Quadrato dello shopping di Firenze
  • Il Museo d’Arte Moderna
  • Firenze
  • Milano
  • Parigi
  • Paszkowski: caffè dove Luciana e Marta vanno per fare quattro chiacchiere

SOCIAL NETWORK & Co.

per account fake o reali…a te la scelta, ma non solo 😉

  • Instagram
  • Twitter
  • Flickr
  • LinkedIn
  • Facebook
  • Google Alert

Termini & Nomi

  • Dio  dei Tacchi:
  • Dio dei Single:
  • Dio del Gossip:
  • Junk Shoes: scarpe molto economiche, tendenzialmente fatte in materiali che non fanno traspirare il piede e che non prestano ovviamente attenzione alla fattura
  • Boudoir: stanza privata di una signora, dove rilassarsi, conversare privatamente e prendersi cura di se stessa. La Spora aiuta Marta a crearsene uno in casa
  • Mini frigorifero: tutte le cremine e i prodotti per la pelle e per le unghie, smaltini compresi, andrebbero conservati in un mini frigorifero vicino alla toeletta
  • Shopping d’attacco: sessione di shopping mirato ad aggiungere “pezzi” specifici
  • Solette su misura: si fanno dal podologo e sono fatte in base per migliorare il benessere del piede e quindi dello scheletro
  • Cuscinetti in gel: si comprano sia in farmacia che al supermercato, sono adesivi e si applicano nella scarpa e vanno bene anche per le scarpe aperte perché il piede li copre completamente
  • Calze antitrombo: sono calze che comprimono le gambe in modo da evitare gonfiori e dolori dovuti ad una eccessiva dilatazione delle vene e quindi una scarsa circolazione. Ottime anche in aereo
  • VPL: acronimo per Visible Panty Lines sono i segni dello slip, ma anche della coulotte, quando indossiamo pantaloni o gonne molte aderenti. Da evitare sempre con un intimo più consono
  • Convenzione delle Fighe: si tratta ovviamente di una convenzione fittizia, che però ha il compito di educare le donne a prendersi cura di sé, insegnandoli che cose basilari come depilarsi vanno fatte!
  • Les Lèvres Mordues: tecnica naturale di applicazione del rossetto
  • Zampine di mosca: il mascara quando è scadente o mal applicato unisce le ciglia in gruppetti che sembrano appunto zampe di gallina
  • Runway: nota rivista, che prima rifiuta Marta e che poi la stessa discepola rifiuterà perché non in linea con i suoi valori
  • Santo Jeans o Jeans del Cuore: una sorta di Santo Graal, proprio perché ci sta benissimo e va bene in molte occasioni, anche se siamo una star del cinema e dobbiamo fare un’intervista. L’importante è sceglierlo della cortezza giusta
  • Twelve: Tacco 12
  • Tacco passepartout: l’altezza massima è di 10 cm, e dato che lo si può portare per tutta la giornata va preso, con delle fasce o comunque stretto in caviglia/collo del piede, in modo da poterlo prendere più comodo per poter aprire bene le dita dei piedi e scaricare meglio il peso a terra. Ne sono degli esempi: i low boot, lo stivale, le Richelieu, le multilaccio, quelle a T, le Mary Jane
  • Le scarpe Killer: stiletto super sexy, con la caviglia tipicamente scoperta ma non è detto, che vanno dai 12 cm in su
  • Cortezza giusta: i pantaloni si abbinano alle scarpine, per questo devono enfatizzarle ed essere scelti della cortezza giusta, in modo da sposarsi al meglio con queste
  • Déjeuner sur l’herbe: probabilmente l’unico pretesto per indossare i pantaloni boyfriend
  • Lipstick jungle: il rossetto è un’arma potente come i tacchi, per questo va usato e scelto in base all’occasione
  • Rosso Marilyn: per indicare una delle tonalità di rosso che possiamo trovare nella pasta dei rossetti
  • Cremina Dior all’albicocca: idratante labbra pre rossetto, niente burro di cacao che è un protettivo non un idratante
  • Gran Consiglio del Look: è il supporto che Gigi & Nando danno a Marta, quando sta in Hotel a Milano e deve prepararsi per vedersi con Ernesto in hotel, con tutte le difficoltà di avere un bagaglio piccolo
  • Love Marketing: seduzione, come “vendersi” a chi vogliamo ci compri in sostanza 😉
  • Macchiaioli:
  • Futuristi:
  • Height Hour Cream di Elizabeth Arden: crema per i piedini, che nasceva per i cavalli 😉
  • Piedi di Loto o gigli di Loto: nell’antica Cina si era soliti fasciare il piede delle fanciulle di alto rango, per mantenere piccoli i loro piedi e quindi appetibili all’uomo, era un tortura poiché di fatto causava dolore e impediva loro di camminare, ma ci fa capire l’importanza sessuale del piede
  • Cotton Uzu du Shu: prodotto per lo styling naturale dei capelli, che Marta inizia ad usare dopo le cure del suo parrucchiere a Milano

Info bibliografiche

Titolo originale: Tacco 12

Autore: Veronica Benini

Illustrazioni: Sara Menetti

Prima pubblicazione: 2013

Prima pubblicazione in Italia: 2013

La mia edizione: I edizione Sperling & Kupfer 2013

Editore italiano: Sperling & Kupfer

Collana: Varia

Genere: Romanzo rosa, Auto aiuto, Mente e corpo

Numero di pagine: 323 (illustrazioni incluse)

Preceduto da

Seguito da: La vita inizia dove finisce il divano (2019)

CAPITOLI

1

      • Morte alle ballerine
      • I sette tacchi capitali
      • Scheda tecnica. I  sette tacchi capitali

2

      • Il cervello primordiale del maschio
      • Attitudine Roar
      • Scheda tecnica. Shopping: look d’attacco

3

      • La qualità è un dovere, no, ma ti pare?
      • Scheda tecnica. I materiali
      • Junk Shoes
      • Scheda tecnica. Junk Shoes
      • Barbatrucchi per risparmiare
      • La scarpiera ideale
      • Shopping: look d’attacco
      • Le calze antitrombo
      • Look da primo appuntamento
      • Les lèvres mordues

4

      • Cosa non sbagliare in curriculum
      • I basici
      • I basici dell’armadio
      • I jeans del cuore
      • Il tacco a piombo
      • Scheda tecnica. Struttura del tacco 12
      • Scheda tecnica. Come scegliere le scarpe

5

      • I segreti del twelve
      • Scheda tecnica. Il tacco passepartout
      • L’anima d’acciaio del tacco 
      • Camminare: how to
      • Scheda tecnica. Piedi e scarpine: patologie
      • I tacchi: prevenire e curare
      • Scheda tecnica. Per la salute del piede e del corpo
      • Acquistare su Internet: how to
      • Le scarpe killer 
      • Scheda tecnica. Le scarpe killer
      • Gli alleati dei metatarsi
      • Scheda tecnica. Piedi: siamo tutte uniche

6

      • I basici del colloquio
      • Pantaloni: la cortezza giusta
      • Il boyfriend jeans no, no e poi no
      • I leggings: sì, no, ni
      • Labbra rosso Marylin

7

      • More with less: la valigia
      • Scheda tecnica. I tacchi
      • Manicure e pedicure secondo Spora
      • Scheda tecnica. Cura del piede
      • Restare per sempre fighe e contente
      • Idratate dalla testa ai piedi
      • Duecento sfumature di smaltini

8

9

      • Il plantare su misura
      • Scheda tecnica. Il plantare su misura
      • Twitter 

10

      • Look twelve per il primo giorno di lavoro
      • Spionaggio online
      • Google 
      • Twitter 
      • Facebook 
      • La ricerca approfondita per nick
      • Google Alert
      • Instagram 
      • Foursquare 

11

      • Cura delle scarpine
      • Scheda tecnica. Cura delle scarpine
      • Scheda tecnica. Mi da zero a 12: come salire di tacco

12

      • Il piacere ai tuoi piedi 
      • Fighe: più si è, più si diventa 
      • Da giorno a sera in pochi e facili mosse
      • Lo chignon
      • Conclusione
      • Scheda tecnica. Dodecalogo
      • Ringraziamento
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A volare come il gabbiano Jonathan Livingston non ci abbiamo mai pensato

A volare come il gabbiano Jonathan Livingston non ci abbiamo mai pensato

Copertina del libro “Il gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach del 1975

RACCONTOGROWTH, MIND & BODY, SELF HELPNOVELLA

A volare come il gabbiano Jonathan Livingston non ci abbiamo mai pensato

Il gabbiano Jonathan Livingston nato da Richard Bach, è divenuto un simbolo di libera espressione di sé stessi. La guida ideale di chi ha la forza di ubbidire alla propria legge interiore quando sa di essere nel giusto, nonostante i pregiudizi degli altri, e chiunque legga questa breve novella, saprà apprezzare il suo messaggio schietto e diretto.

25 GENNAIO 2021 – ROMA

RACCONTOGROWTH, MIND & BODY, SELF HELPNOVELLA

Il gabbiano Jonathan Livingstone di Richard Bach. Ecco la mia recensione.

Jonathan Livingston è un gabbiano che abbandona la massa dei comuni gabbiani per i quali il volare non è che una semplice mezzo e goffo per procurarsi il cibo e impara a eseguire il volo come atto di perizia e intelligenza, fonte di perfezione e di gioia.

Diventa così un simbolo, la guida ideale di chi ha la forza di ubbidire alla propria legge interiore quando sa di essere nel giusto, nonostante i pregiudizi degli altri; di chi prova un piacere particolare nella fare bene le cose a cui si dedica: una specie di “guru” istintivo e alla mano ma non per questo meno efficace nel suo insegnamento.

E con Jonathan il lettore, affascinato dell’insolito clima della narrazione, viene trascinato in una entusiasmante avventura di volo, di aria pulita, pura di libertà.

DALLA SOVRACCOPÈRTA

Liberamente ispirato a un pilota acrobatico statunitense di nome John H. “Johnny” Livingston, il gabbiano protagonista di questo romanzo, che ha più il sapore di una novella, diventa la nostra guida spirituale che ci insegna che abbiamo la possibilità di essere davvero liberi, solo quando accettiamo di essere noi stessi.

(…) loro hanno compreso ciò che veramente sono, e ora tendono a metterlo in pratica. Hanno cominciato ad adeguarsi a se stessi!

Il messaggio che Richard Bach racchiude in questo romanzo, è davvero chiaro e il primo punto che salta agli occhi, almeno a tutte quelle persone che leggono prima l’indice e poi iniziano effettivamente il libro, è che questa novella è divisa in tre parti, quasi fossero le tre fasi della vita; e a conti fatti questa percezione viene confermata dagli stessi fatti di cui l’autore ci mette a parte.

Per chi non lo sapesse Richard Bach è un aviatore oltre che uno scrittore. Appena si cerca in rete (si gooooogla Richard Bach) troviamo che le prime immagine lo ritraggono vicino al suo Piper Super Cub, che è un aereo dal grande pregio di consentire al pilota di alzare il naso verso il cielo e incontrando una superficie trasparente, questi può vedere l’azzurro del cielo. Probabilmente è una delle cose più belle del mondo per un aviatore o pilota che dir si voglia…provare la sensazione di immergersi nel blu del cielo, ed infatti la copertina de Il gabbiano Jonathan Livingston è proprio di un blu profondo!

L’unica vera legge è quella che conduce alla libertà (…) altra legge non c’è.

Più simile a un racconto popolare, tenuto conto anche dello stile di scrittura quasi “dialettico”, questo romanzo, che di certo non aveva la pretesa di diventare il bestseller mondiale che è oggi, racchiude in sé un messaggio positivo e incoraggiante nei confronti della vita stessa e della nostra capacità di goderne appieno.

A me preme soltanto di sapere.

Il gabbiano Jonathan Livingston, è l’emblema della volontà di affermare e scoprire sé stessi, anche se questo significa prendere le distanze dai propri affetti, e lasciare la propria casa nel momento in cui il richiamo della nostra intrinseca legge, pretende di essere applicata alla nostra quotidiana esperienza.

Ci sono tante cose da imparare!

La parte di questo romanzo che preferisco tra tutte, è quella in cui sconfortato dagli scarsi risultati il gabbiano Jonathan, promette a se stesso di rinunciare, di smetterla di tentare di essere diverso dagli altri dello Stormo.

Basta! non avrebbe dovuto dar più retta a quel demone che l’istigava a imparare cose nuove.

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

Ma come tutte quelle promesse che non nascono dall’amore, ecco che Jonathan non poté mai tenere fede alla sua, in realtà non lo fece neanche per un giorno, per il semplice fatto che lui non doveva tentare di essere, lui era. E questo ci insegna nella più poetica delle maniere, che l’unica cosa che siamo destinati a fare, è di essere fedeli a noi stessi e alla nostra natura poiché, questa avrà sempre la forza di esprimersi e di farsi apprezzare dal mondo intero, riuscendo a diffondersi come si diffonde il profumo del mare.

Lui si sentiva vivo come non mai, e fremente di gioia, fiordi aver domato la paura.

Vero è che il percorso iniziale, è qualcosa che siamo tenuti ad affrontare da soli, e questo ci pone dinnanzi ad ogni nostra paura, ad ogni nostro limite temporaneo, ma immediatamente siamo ripagati dal coraggio, e sperimentiamo la libertà derivante dalla conoscenza.

Ci solleveremo dalle tenebre dell’ignoranza, ci accorgeremo d’essere creature di grande intelligenza e abilità. Saremo liberi! Impareremo a volare!

Per Jonathan Livingston il volo era molto di più che un mezzo per accaparrarsi del cibo tra i pescherecci, battendo semplicemente le ali. Il volo per quest’uccello dal bianco piumaggio era espressione del sé, eppure la consapevolezza che avere delle ali significa poter essere concretamente liberi,

Ma la velocità era potenza, era gioia, era bellezza.

è qualcosa che nello Stormo in cui era nato Jonathan, era più simile ad una eresia, che al raggiungimento di un grandioso risultato.

Chissà perché, (…) la cosa più difficile del mondo è ecco vi convincere un uccello che egli è libero? E che può dimostrarlo a se stesso, solo che ci metta un po’ di buona volontà? La libertà basta solo esercitarla. Ma perché? Perché deve essere tanto difficile?

Chiunque riesca a sentire dentro di sé l’ardente fuoco della vita, dovrà come prima e decisiva prova, sperimentare il muro dell’incapacità degli altri di vedere con gli occhi della mente.

Si rifiutavano di aprire gli occhi per vedere.

Eppure, come Jonathan ci insegna, non possiamo colpevolizzare gli altri per questo loro limite iniziale, ma possiamo e dobbiamo invece, mostrargli la bellezza della nostra visione, sperimentando in prima persona la sua magnificenza liberatoria e accrescitiva.

Quel che aveva imparato per lo Stormo, se lo godeva adesso da sé solo. Egli imparò a volare, e non si rammaricava per il prezzo che aveva dovuto pagare. Scoprì che erano la noia e la paura e la rabbia a rendere così breve la vita d’un gabbiano. Ma, con l’animo sgombro da esse, lui, per lui, disse contento, e visse molto a lungo.

Come capita spesso di sentire, esistono al mondo delle personalità che si distinguono dagli altri come mosche bianche. E persino nel momento in cui queste “creature immacolate”, trovano un nuovo gruppo in cui sperimentare la grandezza di loro stessi,

Qui, gli altri gabbiani la pensavano come lui. Per ciascuno di loro, la cosa più importante della vita era tendere alla perfezione in ciò che più importava, cioè nel volo.

anche allora risultano i più grandiosi di tutti, poiché questa caratteristica è tanto nella loro natura, quando ancor di più nella loro dedizione al loro magnifico sogno.

E poi, altre cento prima di capire che lo scopo della vita è appunto quello di adeguarci il più possibile a quell’ideale. S’intende che per noi vale la stessa regola, anche adesso: scegliamo il nostro mondo successivo in base a ciò che apprendiamo in questo. Se non impari nulla, il mondo di poi sarà identico a quello di prima, e avrai anche la le stesse limitazioni che hai qui, gli stessi handicap.

Così nel momento in cui ci rendiamo conto che questi nuovi amici e compagni di “esperimenti” ci ammirano, ecco che abbiamo trovato i nostri discepoli, che per noi e insieme a noi diffonderanno anche agli altri gabbiani la bellezza del volo acrobatico

No, Jonathan, un posto come quello, no, non c’è. Il paradiso non è mica un luogo. Non si trova nello spazio, e neanche nel tempo. Il paradiso è essere perfetti.

e della sua perfetta esecuzione, che al dunque può davvero essere una valida missione, cui votare la propria esistenza terrena e spirituale.

Velocità perfetta, figlio mio, vuol dire solo esserci, essere là.

Ciò che scalda davvero il cuore, oltre all’insegnamento che si può e deve trovare soddisfazione nel semplice fare le cose al meglio, è che anche coloro che le fanno al meglio possono, ed è bene che sia così, avere un loro mentore: un loro Ciang

Sì che invece puoi riuscirci, vecchio Jonathan. Perché tu hai imparato tutto. Hai terminato un corso d’istruzione, e ne hai cominciato un altro, per te. Adesso.

che possa infondere sia coraggio, sia mostrare loro la possibilità di uno scopo e un obiettivo più elevato infondendo nuova linfa nel discepolo e fornendogli tutti gli strumenti che possano consentirgli, indipendentemente dall’eta e dal luogo di partenza, di volare dove e come, nessun altro gabbiano aveva mai neanche osato volgere il pensiero.

Per volare alla velocità del pensiero, verso qualsivoglia luogo, (…) tu devi innanzitutto persuaderti che ci sei già arrivato.

Il primo tra gli strumenti che ciascun esploratore della vita deve avere sempre a portata di mente, è tanto la consapevolezza di sé stesso/a, tanto la chiara visione di ciò che il suo spirito indomabile vuole raggiungere per, finalmente chetarsi avendo la certezza della riuscita.

Funziona sempre, quando sai quello che fai.

Ed è così che completato il suo addestramento, anche se in effetti la vita è una prova continua, il gabbiano Jonathan Livingston tornerà con il suo Stormo, a quello d’origine dimostrandoci che il perdono è essenziale per andare nel nostro futuro, che altrimenti ci sarebbe precluso.

Ma nessuno di loro, neppure Fletcher Lynd, riusciva a capacitarsi che i voli del pensiero possano essere tanto reali quanto i voli nel vento e con le penne. Il vostro corpo, dalla punta del becco la coda, dall’una all’altra punta delle ali, (…) non è altro che il vostro pensiero, una forma del vostro pensiero, visibile concreta. Spezzate le catene che imprigionano il pensiero, e anche il vostro corpo sarà libero.

Nel momento in cui abbandoniamo il risentimento e ci doniamo, allora come il serpente cambia la sua pelle, allora rinasciamo noi stessi per volare liberi, ovunque e con chiunque.

Tu sei libero di essere te stesso, questa è la libertà che hai, adesso è qui, e nulla ti può essere di ostacolo.

Altre citazioni di Jonathan Livingston

Ma se superi il tempo e lo spazio, non vi sarà nient’altro che l’Adesso e il Qui, il Qui e l’Adesso. E non ti sa che, in questo Hic et Nuno, noi avremo occasione di vederci (…)?

Ci sono tante cose da imparare!

Ogni giorno, lui apprendeva cose nuove.

Ci sono tante cose da imparare!

Tu sei quello che ha meno paura di imparare, tra tutti i gabbiani che ho visto in diecimila anni.

E curiosi di quella novità: volare per la gioia di volare!

Il fatto è, Fletcher, che bisogna superarli un po’ alla volta, i nostri limiti, con un po’ di pazienza. Qui sta il trucco.

Per tutte le cose, Fletcher, è questione di esercizio…!

Guarda col tuo intelletto, e scopri quello che già conosci che conosci già, allora imparerai come si vola.

Jonathan è quel vivido piccolo fuoco che arde in tutti noi, che vive solo per quei momenti in cui raggiungiamo la perfezione.

Personaggi

  • Jonathan Livingston: gabbiano protagonista del romanzo breve, che ribellandosi alle regole del suo stormo decide di seguire la propria voce interiore, inseguendo con abnegazione il suo desiderio: volare alla perfezione, per lui la più elevata forma di libertà
  • Sullivan: uno dei gabbiani amici di Jonathan, con cui stringe amicizia nella dimensione intermedia, confusa con il paradiso, ma che seppur bravo nel volo non è minimamente al livello di Jonathan
  • Fletcher Lynd: giovane gabbiano reietto come fu alla fine della “parte prima” lo stesso Jonathan Livingston, e che divenne suo allievo e quindi a sua volta maestro 
  • Ciang: è il gabbiano Anziano, e maestro di Jonathan che questi incontra nella dimensione intermedia, nella “parte seconda” e che insegnerà all’allievo il potere della mente nel controllo del corpo.
  • Henry Calvin: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito
  • Gabbiano Terence Lowell: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito
  • Gabbiano Kirk Maynard: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito, che non sapeva volare per nulla
  • Charles Roland: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito
  • Judy Lee: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito

Termini & nomi

  • Stormo Buonappetito: lo stormo cui originariamente apparteneva Jonathan Livingston, e che non comprendendo e condividendo lo scopo della sua autorealizzazione, in virtù delle loro leggi lo esilia
  • Assemblea Generale: concilio degli anziani, e di tutti i gabbiani che si riunisce in merito a questioni importanti. Nella fattispecie in merito alla decisione di esiliare il gabbiano Jonathan
  • Scogliere Remote: luogo che il gabbiano Jonathan Livingston scegli come luogo iniziale del suo esilio
  • Reietti: tutti quei gabbiani che vengono allontanati dallo Stormo originario, poiché non rispettano le regole imposte loro
  • Grande Gabbiano: una sorta di divinità cui tendere
  • Legge del Grande Gabbiano: l’unica legge che tutti i gabbiani dovrebbero rispettare: la libertà 
  • Figlio del Grande Gabbiano: date le sue straordinarie doti Jonathan Livingston viene considerato da molti l’erede del Grande Gabbiano; qui emerge la connessione col cristianesimo oltre alla cultura New Age che intride la novella

Info bibliografiche

Titolo originale: Jonathan Livingston Seagull

Autore: Richard Bach

Fotografie: Russel Munson

Prima pubblicazione: 1970

Prima pubblicazione in Italia: 1973

La mia edizione: XXX edizione Rizzoli Settembre1995

Editore italiano: Rizzoli

Collana: –

Genere: Romanzo, Racconto breve, Novella, Auto aiuto, Mente e corpo

Numero di pagine: 93 (foto incluse)

Preceduto da: Niente per caso (Nothing by Chance, 1969)

Seguito da: Un dono d’ali (A Gift of Wings, 1974)

 

Capitoli

      • 1. Parte prima
      • 2. Parte seconda
      • 3. Parte terza

 

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Quando sei un adulto e vuoi scappare con Peter Pan sull’isola che non c’è

Quando sei un adulto e vuoi scappare con Peter Pan sull’isola che non c’è

Copertina del libro “Peter Pan” di James Matthew Barrie del 1911

GRANDI CLASSICIAVVENTURAFANTASTICORAGAZZIROMANZO

Quando sei un adulto e vuoi scappare con Peter Pan sull’isola che non c’è

Peter Pan è il capolavoro che James Matthew Barrie regala non solo alla letteratura inglese, ma al mondo intero poiché nel personaggio di Peter Pan e nelle sue avventure c’è davvero molto di più di quanto abbiamo conosciuto nelle versioni animate e cinematografiche.

25 GENNAIO 2021 – ROMA

GRANDI CLASSICIAVVENTURAFANTASTICORAGAZZIROMANZO

Peter Pan di James Matthew Barrie. Ecco la mia recensione.

 

Leggere il Peter Pan originale di James Matthew Barrie in età adulta è tutta un’altra cosa! Nel mio caso rileggo questo romanzo per la seconda volta a distanza di quattordici anni (diciassette vs. trentuno), e la mia opinione è rimasta la medesima: non è (solamente) il racconto spensierato che la Walt Disney, tanto nella versione animata che nel film, ci ha proposto!

É semplice. Pensate a cose straordinarie e stupende: saranno esse a trasportarvi in alto.

Probabilmente nella stragrande maggioranza dei casi, il primo contatto che abbiamo con questo capolavoro della letteratura inglese, è proprio grazie alla trasposizione disneyana, ciò nonostante in Peter Pan c’è molto più di una fantastica avventura.

L’isola stava là e aspettava proprio loro.

La storia la si conosce perfettamente (anche se l’elenco a pedice di questo articolo dei nomi dei pirati, suonerà nuovo a molti): ci troviamo a Londra, in una famiglia composta da una madre meravigliosamente bella e affettuosa (la signora Darling), un padre burbero che pensa al benessere di tutti (Agenore, il signor Darling), tre figli di cui una femmina (Wendy) e due maschi (Gianni e Michele), che vengono ben accuditi da una tata in versione canina (Nana). È evidente che nel 1911 quando James Matthew Barrie trascrisse il romanzo l’originaria opera teatrale di Peter Pan: il ragazzo che non voleva crescere, il concetto di “dog sitter” era diverso da quello che gli attribuiamo noi oggi, o almeno lo era per l’autore!

Tutti i bambini, tranne uno, crescono.

Ad ogni modo, un certo bambino che tale voleva rimanere, dal nome tremendamente corto a paragone di “Wendy Moira Angela Darling”, durante un inverno poco prima di Natale (riferendoci a quanto scritto nel libro) entra da una finestra aperta del numero 14 (di una qualche strada di Londra) per ascoltare le favole della Signora Darling, e se non fosse stato per quella finestra in cui nel fuggire la sua ombra rimase incastrata, nessuna meravigliosa avventura avrebbe mai avuto inizio.

Tu sai perché le rondini costruiscono il nido sotto le grondaie delle case? Lo fanno per poter ascoltare le favole.

Peter Pan infatti una mamma non l’aveva, e chissà se l’ebbe mai ad eccezione di Wendy, e della figlia, e della figlia della figlia; e così nelle generazioni a venire.

E comincio proprio da questa parte, perché mentre nel libro è l’ultimo capitolo “XVII – Wendi diventa grande”, aggiunto per altro nel romanzo del 1911 e assente nella prima stesura teatrale del 1904, nella versione animata è esattamente la miccia che avvia ogni cosa, ponendo enfasi sul rifiuto di Peter di accettare la naturale evoluzione da bambini ad adolescenti e quindi a persone adulte!

Avremmo avuto finalmente una signora che si sarebbe presa cura di noi.

UNO DEI GEMELLI

Nella mia edizione Oscar Mondadori del 2006, c’è una meravigliosa introduzione di Alison Lurie, che ci fornisce la possibilità di comprendere appieno il personaggio di Peter Pan, che altrimenti rischia di essere semplicemente una favola, che nella realtà del testo originale è decisamente più cruenta e con un linguaggio e delle “situazioni”, tal volta inadatte al pubblico di bambini cui tradizionalmente è rivolto.

Se voi appoggiaste l’orecchio al suolo, udreste fremere in tutta l’isola il risveglio e la vita.

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

Ed è presto spiegato, perché le radici di Peter Pan sono nel teatro, quindi l’abbinare questo romanzo ad un pubblico infantile è successiva, e la versione integrale fuga qualsiasi dubbio in tal senso. Eppure la potenza immaginifica di questo capolavoro letterario, ha trasformato le Avventure di Peter Pan e dei Bambini perduti, in una componente quasi folkloristica delle novelle trasmesse oralmente dagli adulti ai bambini.

La seconda STRADA a destra, e poi tira dritto fino al mattino.

Quando “arriviamo” per la prima volta sull’Isolachenoncé (sul libro si trova scritto tutto attaccato, in un unica parola), e scopriamo che in quel luogo possiamo arrivare solo volando cosparsi da polvere di fata, dove incontriamo sirene, indiani, pirati in carne e uncino; mai nulla ci suggerisce che in realtà (come la maggior parte, se non tutta, la produzione di James Matthew Barrie) ci troviamo dinnanzi a situazioni e personaggi profondamente autobiografici. 

Ti insegnerò come saltare in groppa al vento, e poi via, andare!

Ed in questo, come si è detto, il saggio introduttivo di Alison Lurie ci guida davvero in un minuzioso parallelo, tra la vita dell’autore e la genesi di un personaggio rivoluzionario come lo è, ancora ad oggi, quello di Peter Pan. E sì! sottolineo rivoluzionario perché prima di Barrie nessuno mai aveva spinto ad un tale livello la propria fantasia, forse proprio perché nessun uomo aveva mai davvero pensato di poter rimanere bambino.

Io non vorrò mai diventare un uomo. Io voglio restare sempre un bambino e vivere spensierato.

(…) e io, invece, voglio restare sempre un bambino e divertirmi.

Di fatto James Matthew Barrie rimase sempre di statura piuttosto bassa, anche le mani rimasero alquanto piccole ed in generale nonostante i baffi folti, la sua immagine non è quella di un uomo virile. Persino il suo primo matrimonio non venne mai consumato, sottolineando la sua la sua volontà, il suo intento di rimanere non solo un bambino, ma di essere “quel’ bambino che la madre perse prematuramente. Infatti il fratello maggiore di James Matthew Barrie, David, muore per un incidente di pattinaggio sul ghiaccio, il giorno prima del suo quattordicesimo anno di età.

“Pan, chi o cosa sei tu?”

“Io sono la giovinezza, io sono la gioia (…) io sono l’uccello appena uscito dall’uovo”

CAPITAN GIACOMO UNCINO & PETER PAN

Jamie, come affettuosamente lo chiamavano in famiglia, all’epoca dell’incidente aveva solo sei anni e per aiutare la madre ad affrontare il dolore per la perdita del figlio prediletto, verso il quale nutriva molte aspettative, arrivò persino a indossare i suoi abiti, ad emularne atteggiamenti e modo di parlare; tutto per amore della madre.

“Potessi avere un libretto di assegni intestato a mio nome!” Io non so cosa sia un libretto di assegni, ma vorrei tanto regalarne uno alla mamma.

TROMBETTA

La sorella, sulle cui spalle ricadde la responsabilità della gestione della famiglia, ispira il ruolo delle innumerevoli “mammine” che fanno parte della produzione letteraria di James Matthew Barrie. Nel caso di Peter Pan si tratta ovviamente di Wendy, che sebbene sia la maggiore dei tre fratelli, è anche lei ancora una bambina che si ritrova a fare da madre ai sei Bimbi perduti, ai suo due fratelli (arrivando quasi a dimenticare che sono suo fratelli e non suoi figli), e allo stesso Peter Pan che nonostante lo neghi, è effettivamente quello che più di tutti, sente davvero il bisogno di essere accudito da una madre vera e propria.

Sarà l’incontro con la famiglia Davies ad essere oltre che cruciale nella vita dell’autore, a rappresentare l’effettiva base, ad essere i “caratteri analogici” della famiglia Darling, tata compresa che è assimilabile a Porthos, il terranova dello stesso autore che aveva con se quel giorno a Kensington Gardens in cui appunto incontrò i Davies.

L’affetto per Sylvia Llewelyn Davies, che ispirerà appunto il personaggio della signora Darling, fece si che alla morte del marito, il signor Arthur Llewelyn Davies, fu lo stesso James Matthew Barrie a prendersi in carico il mantenimento dei Davies, nonostante con il crescere, e a seguito della morte di Sylvia, i cinque ragazzi apprezzassero sempre meno la presenza di quel bizzarro ometto, che tuttavia pagava le loro rette nelle migliori università private inglesi.

Sull’Isolachenocè, ogniqualvolta uno sospira, un adulto muore.

I figli dei Davies furono cinque e tutti maschi, e due di loro si chiamavano appunto Peter e Michael, nell’ordine furono George (1893–1915), Jack (1894–1959), Peter (1897–1960), Michael (1900–1921), and Nicholas (Nico) (1903–1980), ma sarà il primogenito George ad essere l’archetipo del personaggio di Peter Pan.

Peter volò a pelo d’acqua e, nel passare, toccò la coda dei pescecani che gli venivano a tiro, proprio come voi, andando per strada, potreste far scorrere le dita lungo una cancellata di ferro.

La componente personale traspare anche nel momento in cui James Matthew Barrie, chiama la nipote di Wendy con nome di Margaret, che nella realtà era una bambina cui l’autore era affezionato e che riferendosi a lui come “my friendly” (“il mio amichevole”), ma non riuscendo a pronunciare bene la lettera R, pronunciava qualcosa di simile a fwendy, di lì il nome Wendy.

La stessa zoppia del Capitano del Jolly Roger, Giacomo Uncino venne sperimentata in prima persona dall’autore in un periodo di zoppia. Tutto ciò che di fantastico c’è in Peter Pan è dunque in qualche maniera una rilettura di ciò che accadde nella sua vita, unito ovviamente alla sua indiscussa genialità rifacendosi alle parole di Robert Louis Stevenson:

Io sono un artista, lui è un genio.

ROBERT LOUIS STEVENSON

Molto interessante è il personaggio del coccodrillo che ingoia erroneamente una sveglia/orologio, e che da quel momento annuncia il suo arrivo con il suo tic-tac, garantendo almeno inizialmente la salvezza di Uncino. 

Sai Spugna, la mia mano gli è tanto piaciuta che mi ha seguito fin qui, di mare in mare, di terra in terra, leccandosi le labbra al pensiero di mangiare quanto resta del mio corpo.

Ciò che affascina di questo personaggio così significativo al punto da essere onomatopeico nel suo ticchettio, è proprio la sorte in cui Barrie confina il tempo che viene addirittura ingoiato nel tentativo di essere ignorato, sottolineando ancora una volta il suo desiderio di controllare/annullare l’effetto del tempo per rimanere (o tornare) “quel bambino che era”. Ecco anche in questo senso, il perché della scelta nelle rappresentazioni teatrali di far recitare Peter Pan, sempre, da

una giovane in calzamaglia

ALISON LURIE

Persino nel personaggio di Wendy possiamo cogliere più sfumature di quante non siamo abituati ad osservare: il super lavoro che le comporta occuparsi di tutto e di tutti la tiene per quasi tutta la giornata nella casa sotterranea a cucinare, sbrigare faccende e rammendare, anche in quei momenti che si sarebbero dovuti dedicare ad un giusto riposo. 

Mentre ella rammendava il calcagno di una calza [Peter disse] “Non c’è nulla di più gradevole per te e per me che restacene qui la sera davanti al fuoco, dopo un giorno faticoso, a riposare in mezzo ai nostri piccini”

Una riflessione sulla posizione della donna in tal senso è troppo contemporanea per affliggere il pensiero di Barrie, che tuttavia in molte occasioni si interroga se valga la pena fare il genitore poiché i figlio non meritano le cure che gli vengono riservate o comunque si approfittano del bene che gli si vuole.

Anche quando scrive, riferendosi a Wendy:

allora (…) poteva respirare

ci esprime tutto il suo senso di pesantezza e frustrazione solo all’idea di essere egli stesso genitore, non a caso non lo diverrà mai ed eccezione del tentativo di occuparsi dei cinque Davies. Nel complesso esprime una profonda disillusione da entrambe le parti, pur rimanendo vivo il desiderio di avere appunto una mammina “in grado” di occuparsi di lui.

Anche quando scrive, riferendosi a Wendy:

Essi pensano di aver diritto alla lealtà degli adulti quando vanno a loro pieni di fiducia.

Più in generale, si ha come l’impressione che Barrie abbia trasformato “la sua realtà” in opera letteraria, per garantire l’immortalità 

Mi dispiace di perderti

a coloro cui volle bene e che in un qualche modo reputò significativi per la propria esistenza.

Morire sarà una grande meravigliosa avventura!

Ironia e tristezza, fu che James Matthew Barrie morì senza famiglia, senza figli e lo sfruttamento dei diritti di autore venne devoluto in beneficienza al Great Ormond Street Hospital di Londra, un ospedale pediatrico quasi a voler ricordare al mondo l’importanza dei bambini e ancor di più del loro sorriso, perché è dal sorriso dei bambini che nascono le fate.

Quando un bambino appena venuto al mondo ride, la prima volta, nasce una fata nuova.

Personaggi

ABITANTI DELL’ISOLA CHE NON C’É

  • Peter Pan: è uno dei protagonisti principali che compare tanto nell’opera teatrale quanto nel romanzo. Nel romanzo viene descritto come un ragazzino che ancora ha i denti da latte; indossa abiti fatti di gocce di resina e foglie (foglie secche nell’opera teatrale, scheletri di foglia nel romanzo) e suona il flauto di Pan. Quest’ultima peculiarità viene ripresa nella versione cinematografica della Walt Disney, ma in effetti in senso generale evidenzia la capacità di persuasione di questo bambino, che riesce sempre a portare l’acqua al suo mulino. L’unica sua vera preoccupazione è quella di non voler crescere. Vuole molto bene a Wendy, ma la vede solamente come una figura materna, in opposizione quindi ad un amore romantico come lei vorrebbe e come Trilly immagina che sia. Barrie ha attribuito a questo fatto “il dilemma del suo vero essere”.
  • Ragazzi Perduti (Lost Boys): nella traduzione italiana vengono chiamati bimbi smarriti traducendo arbitrariamente la parola lost. Citando quanto scritto nel romanzo: “Sono bambini che cadono dalla carrozzina mentre la governante sta guardando dall’altra parte. Se nessuno viene a reclamarli entro sette giorni, vengono mandati lontano, nell’Isola Che Non C’è”.
  • Campanellino “Trilly” (Tinker Bell): è la fata di Peter Pan, e come ogni fata che scegli a chi appartenere non può essere ceduta ad altri nemmeno per volontà del proprio “padrone”. Mentre nell’opera teatrale viene descritta semplicemente come una sfera di luce, nel romanzo il suo aspetto fisico viene maggiormente approfondito. Viene descritta come una comune fatina che aggiusta pentole e bollitori (da qui il suo nome “Tinker Bell” – Tinker in italiano significa “stagnino ambulante” o “aggiustare”). Qualche volta si dimostra maleducata e vendicativa soprattutto nei confronti di Wendy, gelosa delle speciali attenzioni che Peter le rivolge (Campanellino prova da un lato un certo affetto per Peter, mentre dall’altro è anche abituata ad avere il monopolio delle sue attenzioni, salvo quando fa visita alle sirene). La convivenza di sentimenti estremi nel suo essere trovano ragione, secondo Barrie, nel fatto che sia così piccola: “Le fate possono essere soltanto una cosa o l’altra, e non tutte e due insieme perché, essendo così piccole, hanno spazio sufficiente per ospitare un solo sentimento alla volta. Naturalmente possono cambiarlo via, però devono cambiarlo per intero”. Quando Wendy tornerà sull’Isola che Non C’è per le pulizie di primavera l’anno successivo, Peter si sarà già dimenticato di Campanellino, e ciò fa intuire a Wendy che la fatina non è più in vita, nel libro la morte della fata è palesemente dichiarata dallo stesso Peter Pan.
  • Le Sirene – vivono nella Laguna della Sirene. Vengono descritte come creature belle e misteriose, eppure ugualmente vanesie e ostili. Queste tenteranno di schizzare o perfino affogare chiunque gli si avvicini troppo. Nel romanzo, una di loro tenterà di trascinare Wendy sott’acqua, ma verrà tempestivamente salvata da Peter Pan. L’unico con cui sembrano andare d’accordo è Peter (ciò viene accennato nel romanzo, ma non nell’opera teatrale), al punto da consentirgli di sedersi sulla loro stessa coda. Per i mortali è pericoloso stare nella Laguna delle Sirene soprattutto la notte, perché è allora che le creature cantano al chiaro di luna, e un pianto lamentoso attrae le potenziali vittime.
  • Coccodrillo: è la nemesi e il terrore di Capitan Uncino. Durante una battaglia, avvenuta prima della venuta dei Darling, Peter tagliò la mano destra di Uncino e la diede in pasto a un coccodrillo che a partire da quel momento lo seguirà in ogni dove, per terra e per mare, bramando altre parti del suo corpo. Il coccodrillo ingerì anche una sveglia che ticchetta e avverte immediatamente il Capitano della sua presenza, consentendogli immancabilmente la fuga. Alla fine della storia, Capitan Uncino cade tra le fauci della bestia, che lo mangia in un sol boccone complice anche il fatto che la sveglia/orologio ha smesso di ticchettare.

I Darling

  • Wendy (Wendy): Wendy è la figlia maggiore dei Darling, ed uno dei protagonisti principali del romanzo. Ama l’idea di potersi occupare dei lavori di casa e raccontare storie ai bimbi, così come quella di diventare una madre, cosa che poi effettivamente avverrà nell’ultimo capitolo del romanzo postumo rispetto alla stesura teatrale del 1904. Wendy è spesso chiamata “madre” o “mammina” dai Ragazzi Perduti, e incarna perfettamente la figura della “mammina” che si ritrova nelle opere di James Matthew Barrie. Specularmente Peter verrà considerato come “padre” all’interno del gruppo, anche se quando Wendy chiederà che cosa lei sia per lui, Peter risponderà, deludendola non poco, “una madre”. Pur non riservando alcun particolare rancore per Campanellino, Wendy viene continuamente bistrattata dalla stessa, arrivando una volta a tentare persino di ucciderla. Alla fine del romanzo, quando sarà cresciuta e sposata, darà alla luce una figlia (Jane), che a sua volta darà alla luce un’altra figlia (Margaret), entrambe torneranno a fare da madre a Peter, continuando quindi il ciclo (al cui centro sta Peter Pan), che come ogni bambino amato dalla propria madre, è la sua priorità sopra ogni altra cosa.
  • Gianni(John): è il secondogenito. Va d’accordo con Michael, ma litiga spesso con Wendy anche se alla fine fanno pace, e soprattutto sull’Isola che non c’è fatica a vedere quanto la sorella sia straordinaria poiché in quanto fratello ha una percezione alterata della donna che sta diventando ed in parte già è. È affascinato dai pirati, arrivando quasi a cedere alla tentazione di unirsi alla ciurma di Capitan Uncino sotto il nome di “Jack Testarossa” o come si trova scritto nel libro Giacomo Mano Rossa. Il personaggio di John è stato ispirato da Jack Llewelyn Davies.
  • Michele(Michael): è il fratello Darling più piccolo. Ha all’incirca cinque anni. Il personaggio ha ereditato il suo nome da Michael Llewelyn Davies, tragicamente suicidatosi in un lago ghiacciato insieme al suo amico del cuore, perché scopertosi omosessuale; non a caso il personaggio di Michele è estremamente dolce anche di più rispetto agli altri bambini della sua età dimostrando una fragilità superiore alla massa. Sul finire dell’opera, quando seguendo l’esempio di Gianni vuole unirsi ai pirati di Giacomo Uncino, prende il nome di Joe Barbanera.
  • Agenore: oltre ad essere il padre e marito, è colui che pensa al mantenimento dell’intera famiglia, cosa che gli causa un certo numero di preoccupazioni risultato spesso cinico e anaffettivo, quando invece è l’esatto contrario ed il senso di colpa per la fuga dei suoi figli lo induce a fare del “canile” (cuccia) di Nana, la sua nuova residenza anche a lavoro. Ma anche la reazione di accoglienza di tutti e sei i bambini adottivi, dimostra che il suo è davvero un cuore grande oltre le aspettative. Nonostante il suo lavoro nella “City” la famiglia Darling avrà sempre dei problemi economici, ma ciò verrà sempre fronteggiato da opportuni calcoli. Mr. Darling è stato chiamato come il maggiore dei figli di George Llewelyn Davies (conosciuto anche con lo pseudonimo di David in L’uccellino bianco e Peter Pan nei Giardini di Kensington)
  • Sig.ra Darling:  il signore e la signora Darling sono i tipici genitori che amano i propri figli. E se da un lato Mr. Darling è un uomo borioso e spaccone, Mrs. Darling viene descritta come una bella donna, gentile e amorevole con chiunque soprattutto con i suoi figli ai quali insegna l’amore e il rispetto per il loro padre. Il suo nome non viene mai rivelato, ne’ nell’opera teatrale ne’ nel romanzo. Le personalità dei coniugi Darling furono ispirate rispettivamente da Arthur e Sylvia Llewelyn Davies.
  • Nana:  grossa cagna di Terranova assunta come bambinaia perché più economica rispetto ad una tata in carne ed ossa come hanno i vicini. Nana non parla o non fa nulla che vada oltre le capacità fisiche di un normale cane, ma si atteggia come una vera e propria tata dedita al suo incarico e alle sue responsabilità. Barrie ha basato la scrittura del personaggio sul suo cane Porthos, anche esso terranova, insieme al quale era solito fare le sue passeggiate nei Giardini di Kensington, dove appunto conobbe di Davies.
  • Liza: è la domestica dei Darling. Ha un ruolo limitato e marginale all’interno della storia, soprattutto nel romanzo. Nell’opera teatrale, invece durante l’atto conclusivo, Liza deciderà di diventare la madre di uno dei Ragazzi Perduti, Slightly (Macchia). Questo fatto non è presente nel romanzo, ma viene invece ripreso nel film della Walt Disney, dove per altro l’età del personaggio viene aumentata. Nel romanzo infatti Liza, “la servitù” come i Darling hanno iniziato a chiamarla tra di loro, è una giovane e “leggera” ragazza che aiuta appunto i Darling con le faccende di casa.
  • Jane: è la figlia di Wendy, che prenderà il suo posto nelle pulizia di primavera all’isola ch non c’è, sostituendosi alla madre Wendy 
  • Margareth: è la nipote di Wendy, figlia di Jane. Come sua madre prima di lei, la sostituirà nelle pulizie di primavera, garantendo a Peter Pan una mammina, almeno fin quando nella sua non percezione del tempo, si ricorderà di andarla a prendere per portarla all’Isola che non c’è.

I BIMBI PERDUTI

  • I Bimbi perduti: sono sei in totale, quattro più i due Gemelli. Nella traduzione italiana la parola perduti (lost) viene tradotta arbitrariamente con SPERDUTI, enfatizzando quasi una sensazione di paura che è invece assente nella quotidianità sull’Isola che non c’è.
  • Zufolo (Tootles): Tootles è il più sfortunato e umile dei Ragazzi Perduti. Nonostante sia coraggioso quanto gli altri, ha avuto modo di partecipare a meno avventure perché ogni volta che accade qualcosa di avventuroso lui è involontariamente assente. È uno dei bimbi più legati a Wendy, la quale si rivolgerà spesso a lui per trovare manforte all’interno di battibecchi nel gruppo. Ironicamente, fu proprio lui a colpire Wendy la prima volta che i Ragazzi la incontrarono, a causa di uno scherzo di Campanellino. Una volta diventato grande, zufolo diventa un giudice.
  • Pennino o Trombetta (Nibs): Nibs viene descritto come “allegro e bonaccione”. Dice che l’unica cosa che riesce a ricordare della madre è il fatto che desiderasse sempre avere un libretto d’assegni tutto per sé: “Non so cosa sia un libretto degli assegni, ma vorrei proprio regalarne uno a mia madre”. Come Ricciolo e i Gemelli da grande lavorerà in un ufficio.
  • Macchia (Slightly): Slightly è il più presuntuoso dei Ragazzi Perduti. Pensa di ricordare i giorni prima che fosse diventato un ragazzo perduto, i loro usi e abitudini. Quando diventa grande, Macchia sposa una nobile, diventando egli stesso un Lord.
  • Ricciolo (Curly): Curly è il più molesto dei Ragazzi Perduti. Spesso, sotto lo sguardo accusatorio di Peter ai Ragazzi Perduti, capita che si dichiari responsabile di alcune monellerie che non ha nemmeno commesso. Come Pennino e i Gemelli da grande lavorerà in un ufficio.
  • I Gemelli – Primo e Secondo Gemello di cui si conosce poco. L’autore ci dice che non è possibile descriverli “perché probabilmente descriveremo quello sbagliato”. Peter non ha mai capito cosa fossero i gemelli, e al suo gruppo non era concesso sapere qualcosa che lui non sapesse. Per questo motivo quei i due ragazzi erano sempre rimasti sul loro vero essere, e facevano del loro meglio nel soddisfare gli altri stando sempre insieme. Come Pennino e Ricciolo da grandi anche loro due lavoreranno in un ufficio.
  • Volpuccio: nome di uno dei bimbi sperduti, probabilmente (come anche la Walt Disney riprende), è uno dei due gemelli 
  • Orsetto: nome di uno dei bimbi sperduti, probabilmente (come anche la Walt Disney riprende), è uno dei due gemelli 

I Pirati

  • Giacomo Uncino (James Hook): capitano del Jolly Roger, dall’educazione sopraffina derivante dalla sua educazione a Eton, e da un diverso lignaggio sociale. I sui occhi sono azzurri come non-ti-scordar-di-me diventavano rossi nello scontro sanguinario col nemico. Dalla carnagione “cadaverica” di abbigliava ad imitare la foggia associata al nome di Carlo II, facendolo somigliare ala sfortunata famiglia Stuart. Era solito fumare da un bocchino doppio e ovviamente al posto della mano destra aveva un uncino, dopo che Peter Pan gliela tagliò. Fu l’unico uomo temuto dal Cuoco del Mare, il capitano Barbanera di cui era tra le altre cose nostromo; ed è un buon suonatore di clavicembalo. Uncino incontra la propria fine quando il Coccodrillo, che ha mangiato la sua mano, torna per finire il suo lavoro.
  • Spugna (Smee): è un pirata irlandese anticonformista e il nostromo della Jolly Roger. Smee è uno dei due pirati che sopravviverà al massacro di Peter Pan. Andrà in giro dicendo di essere l’unico uomo di cui Giacomo Uncino abbia mai avuto paura. Nella trasposizione disneyana questo nome gli varrà la foggia del pirata ubriaco che appunto beve come una “spugna”.
  • Gentleman Starkey: un tempo assistente maestro in una scuola, Starkey è uno dei due pirati che sopravviverà al massacro di Peter Pan; finirà col diventare baby-sitter nella Tribù dei Piccaninny. Il suo cappello fu dato, da Peter Pan, all’Uccello che non c’è, come nido.
  • Cecco: l’italiano, quello che incise il suo nome a lettere di sangue sulla schiena della prigione di Gao 
  • Denteduro: tatuato in ogni millimetro della sua pelle, e che sbaragliò sei dozzine di persone sul Tricheco, la nave del capitano Flint
  • Cambusa: il figlio del cuoco che si diceva fosse il fratello di Murphy il Nero
  • Gentiluomo: un tempo bidello in una scuola e tutt’ora cerimonioso nell’uccidere i nemici, l’unico insieme a Spugna a salvarsi dallo scontro finale con Pan e i suoi
  • Lanterna: figli di Morgan
  • Spugna: nostromo irlandese, un simpatico tipo che pugnala, per così dire, senza intenzione di far del male, e le cui buone maniere infondono simpatia nel prossimo come accade persino ai Bimbi perduti durante la loro prigionia. Porta gli occhiali, ed è l’unico insieme a Gentiluomo a salvarsi dallo scontro finale con Pan e i suoi
  • Lasagna: ha le mani legate all’indietro
  • Colonna: uno dei diciassette pirati del Jolly Roger
  • Massone: uno dei diciassette pirati del Jolly Roger
  • Testamento: quartiermastro del Jolly Roger

I Pellerossa

  • Piccaninny: i pellerossa che abitano sull’Isola
  • Delaware: altri pellerossa ma dal cuore più tenero rispetto ai Piccaninny
  • Huroni: altri pellerossa ma dal cuore più tenero rispetto ai Piccaninny
  • Giglio Tigrato(Tiger Lily): principessa indiana “dal sangue reale”, la più bella di tutte le veneri di colore che aveva rifiutato tutti i suoi pretendenti, facendoli a pezzi. Civetta fredda e ardente, a seconda dell’umore, è dunque orgogliosa e bella. Catturata dai pirati, quand’era stata vista salire a bordo della Jolly Roger con un coltello in bocca,  viene salvata da Peter Pan cui mostrò sempre una certa riconoscenza; evocando l’idea di una possibile unione “romantica” quando anche la stessa tribù inizi a chiamare il bambino col nome di Grande Padre Bianco.

Termini, luoghi & Nomi

  • Isolachenoncè(Neverland): luogo fantastico dove Peter Pan abita, e dove conduce i fratelli Darling. Insieme a casa Darling. Sul libro si trova scritto in un unica parola, ma molto più di frequente la si spezza in Isola che non c’è
  • al 14: numero civico di Casa Darling, che si trova esattamente al terzo piano di una strada di Londra
  • al 27: numero civico di un’abitazione dove i coniugi Darling si recano nella sera in cui i figli volano all’isola che non c’è
  • 17: numero complessivo dei pirati che compongono la ciurma del Jolly Roger
  • 15: quelli che periscono nello scontro finale con Pan e i suoi
  • bottone di corno: regalo che Peter Pan fa a Wendy, non avendo altro per sdebitarsi di averli cucito l’ombra. Lei prontamente lo indossa come ciondolo e sarà questi a salvargli la vita
  • bacio: nella sua totale ignoranza Peter Pan, non ha la minima idea di cosa sia un bacio (a differenza di Trilly), dunque per toglierlo dall’imbarazzo Wendy finge che sia un ditale
  • ditale: avendo una personalità forte e determinata, comunque Wendy vuole dare e auspicabilmente ricevere un vero bacio da Peter, quindi gliene da uno e lo chiama però, per colmare il gap di pochi attimi prima, col nome di ditale.
  • Giardino d’infanzia della signora Fulsom: scuola per bambini dove Nana è solita portare i “suoi pupilli”
  • Kensington: i noti giardini di Londra in cui Peter Pan fugge prima di arrivare all’isola che non c’è. È anche il luogo in cui ad oggi si trova la statua di Peter Pan in bronzo e dove James Matthew Barrie, incontrò i Davies per la prima volta insieme a Porthos
  • Johnny Cavatappi: la sciabola di Spugna, che era solito girare e rigirare nelle ferite proprio come un cavatappi
  • Golfo di Kid o Baia dei pirati: dove è ormeggiato il Jolly Roger
  • Laguna delle sirene: è di fatto un luogo appartato e affascinante dell’Isola che non c’è, ed è a conti fatti la “casa” delle sirene
  • La piccola casa: Vorrei una casa piccina, ma tanto, tanto carina, con rosse pareti allegre e il tetto di muschio verde (…) sulle pareti qualche finestra e fuori un giardino di rose e dentro di bimbi una giostra.
  • La casa sotterranea: composta di un unica stanza con un unico grande letto per tutti, è sotterranea per offrire ai bambini un luogo protetto dai pirati e vi si accede tramite degli alberi cavi.
  • L’alberochenoncè: cresceva al centro della casa sotterranea, e ogni mattina lo si segava fino al pavimento e mettendoci sopra una porta diventava un tavolo.
  • L’uccellochenoncè: il quale fece il nido su un albero affacciato sulla laguna e la cosa si rivelò essere molto utile, poiché da madre ella volle correre in salvo di Peter Pan, destinato alla morte sulla roccia che i pirati avevano destinato a Giglio Tigrato.
  • Roccia del Teschio: roccia nella Laguna delle Sirene, dove esse si sdraiavano di preferenza e si pettinavano i capelli con quel pigro languore che infastidiva Wendy.
  • Grande Padre Bianco: appellativo che i pellerossa danno sua Peter Pn in segno di rispetto dopo aver ha salvato Giglio Tigrato da una morte disonorevole, in acqua
  • Notte delle Notti: uncino trova il nascondiglio i bimbi vengono rapiti i pellerossa sconfitti con la loro stessa tecnica e Wendi con tutti e otto i bambini (tranne Peter Pan) decidono di tornare a casa.
  • Filippone: è il grande cannone del Jolly Roger, che i pirati usano per attaccare Peter Pan quando torna con i Darling all’Isola che non c’è
  • Territori di Caccia: una sorta di Campi Elisi, di paradiso dei Pellerossa ai quali questi possono accedere esclusivamente se la loro morte avviene sulla terra ferma; proprio per questo quando i pirati rapiscono Giglio tigrato scelgono come luogo di morte la Roccia del Teschio, poiché più della morte per un guerriero c’è l’umiliazione e l’impossibilità di raggiungere appunto i Territori di Caccia.

Info bibliografiche

Titolo originale:  Peter Pan and Wendy

Autore: James Matthew Barrie

Prima pubblicazione: 1911

Prima pubblicazione in Italia: I edizione Oscar Mondadori 1996

La mia edizione: I Edizione – IX ristampa 2006

Editore italiano: Mondadori

Collana: Oscar Mondadori

Genere: Romanzo, Ragazzi

Numero di pagine: 193

Preceduto da: Little Mary (1903)

Seguito daPantaloon (1905)

Capitoli

  • 1. Presentazione di Peter
  • 2. L’ombra
  • 3. Venite via, venite via!
  • 4. Il volo
  • 5. L’isola diventa vera
  • 6. La piccola casa
  • 7. La casa sotterranea
  • 8. La Laguna delle Sirene
  • 9. L’Uccellochenoncè
  • 10. La casetta felice
  • 11. Il racconto do Wendy
  • 12. I bambini sono rapiti
  • 13. Credete alle fate?
  • 14. Il galeone dei pirati
  • 15. “O Uncino o io, questa volta!”
  • 16. Il ritorno a casa
  • 17. Wendy diventa grande
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