Un isolario sentimentale, un viaggio tra isole reali e fantastiche, passate e presenti, emerse e sommerse

Un isolario sentimentale, un viaggio tra isole reali e fantastiche, passate e presenti, emerse e sommerse

Copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

RACCONTOBIOGRAFICOAVVENTURA

Un isolario sentimentale, un viaggio tra isole reali e fantastiche, passate e presenti, emerse e sommerse.

Quindici isole per lasciare emergere i nostri pensieri ed emozioni più profondi, per solcare le acque dei nostri ricordi e per imparare che il viaggio, quando chiama, ci obbliga a rispondere. Insulomania è questo: rispondere al richiamo dell’isola che ci attira a se ripagandoci poi dandoci le risposte alle nostre domande più profonde in una esplorazione reciproca che appaga entrambi profondamente!

9 MARZO 2023 – TORINO

RACCONTOBIOGRAFICOAVVENTURA

Isolario italiano di Fabio Fiori.

La mia recensione.

Isolario italiano di Fabio Fiori è un libro che ha tutto il sapore dei racconti vecchio stile. Quei racconti che la notte ti perdevi ad ascoltare perché erano fatti di immagini, di miti, di leggende e della meraviglia che si concretizza davanti ai nostri occhi quando ci avviciniamo ad un’isola. Un’immagine che a mano a mano prende sempre più forma come un sogno che finalmente prende consistenza e diventa “materia” non solo per il nostro sguardo.

Un libro quindi che andrebbe letto ad alta voce, come tante volte ho fatto con le poesie di Prevért o di Antonia Pozzi, ma anche di Ghiannis Ritsos del quale viene citato un passaggio bellissimo del suo corale Le vecchie e il mare, mentre io ad oggi ho letto solo Erotica, ma non vedo l’ora di esplorare ancora di più questo autore che è di una tangibilità visiva e tattile unica.

Il mare è di tutti-non si divide in ettari, abbatte i confini, salta oltre i confini aldilà di ogni misurazione va e viene smisurato e libero.

Ghiannis Ritsos da Le vecchie e il mare

Capraia

Leggi per me. E io come un’amante ho letto per te.

Una delle cose più belle che si può fare con un libro, con un testo scritto di qualsiasi genere, è condividerne il momento della lettura. Alcuni testi si prestano meglio di altri, e questo si presta molto.

Che bello è stato rientrare in quella camera di hotel, in quel pomeriggio di quella giornata infrasettimanale di Giugno 2022 e leggere la prima pagina scelta a caso, e poi continuare con altre e altro.

Ricordo molto bene le prime pagine che ho letto ad alta voce. Nella mia voce, l’emozione. Negli occhi di chi era con me, il rapimento e il desiderio.

Eravamo in una camera di un piccolo hotel della Toscana, vicino al mare. Eravamo appena arrivati dopo aver visitato di passaggio anche Camogli in Liguria, dove io come souvenir sono stata catturata da questo libro, che ho visto in bella mostra sul banchetto della libreria che sta proprio di fronte alla spiaggia.
Scelsi anche Le fiabe di Portofino di Annamaria “Lilla” Mariotti.
Divennero entrambi dei doni che custodisco con affetto per tutto ciò che quei due giorni tra la Liguria e la Toscana rappresentano per me come donna

In balia del bellissimo e terribile mugghiare delle onde.


Capraia

di quella notte ricordo l’ululare della Bora e il crepitare del fuoco.

Appunti sull’isola di utopia

l’Isolario italiano di Fabio Fiori non è un libro da memorizzare o da imparare, è un libro da vedere e da sentire lasciandosi trasportare dalla corrente.
Un libro da condividere e da sentirsi risuonare nelle orecchie riempiendole, così come l’onda le riempie ogni volta che andiamo al mare, soprattutto in inverno quando sentiamo solo il suo moto perpetuo e incessante perché le persone sono altrove, in attesa di tornare.
Recentemente ho fatto questa domanda a qualcuno: “Hai mai viso il mare d’inverno?” L’immagine che mi è stata donata in risposta, ha fatto viaggiare la mia mente a lungo facendomi sentire sulla faccia il vento tagliente del Mistral e il sapore della salsedine che si è  incrostata sulle mie ciglia e sopracciglia; sourcils in francese, come ho imparato leggendo il mio primo libro sugli Haiku acquistato a Nizza in Agosto, qualche settimana dopo aver acquistato questo. I libri e le cartoline che sono solita poi usare come segnalibro sono il mio souvenir (ricordo! materiale) preferito. Ne compro almeno uno in ogni luogo in cui vado, o almeno ci provo.

Certo che anche per lui leggere è navigare.

Nesografia

Insulomania: il richiamo del mare

Tentare di leggere Isolarlo italiano come se fosse un qualsiasi altro libro è impossibile.
Fabio Fiore ci fa viaggiare insieme a lui in un mondo fatto di miti e leggende, dove scopriamo e riscopriamo racconti che hanno un sapore antico, un sapore di salsedine e la forza del vento del nord e la dolcezza di quello del sud.

Con la piccola 4 metri dell’autore, ci troviamo a navigare per acque in cui probabilmente non siamo mai stati in cui non avremmo mai pensato di arrivare.

Come già detto questo libro per me è stato un regalo. Eravamo a fare una passeggiata per Camogli ed era lì sui banchi esterni dell’unica libreria del piccolo comune italiano ligure. Mi aspettava (?). Ne ho sentito il richiamo, un po’ come il marinaio sente il richiamo del mare, io sento quello dei libri.

“Il libro” è un ricordo tangibile di esperienze che vivono solo nei nostri ricordi e nel nostro cuore. Fabio Fiori ha scritto questo libro in piena pandemia nel 2021 e quello che percepiamo è la nostalgia di un uomo, un insulomane, che non può prendere il largo verso nuove mete. Allora ecco che sceglie di ricordare e rivivere un passato che gli è caro, condividendo con noi la parte più intima dell’affrontare un viaggio che a volte dura ore a volte giorni, dove entrambi (marinaio e lettore) siamo ospiti nella vastità del mare che fa ordine nelle nostre menti e nei nostri cuori.

Movimenti che riordinano i pensieri confusi, come oggetti mal riposti.


Insulomania

Siamo tutti affetti da insulomania

Ogni isola viene viaggiata e vissuta riscoprendo racconti di chi ci è nato e vissuto. Scopriamo di volta in volta anche la storia, la genesi stessa delle isole poiché più d’una è di origine lavica. Queste, come l’amore, appaiono all’improvviso nei luoghi dove meno te lo aspetti, sorprendendoti già al primo sguardo o nel caso nostro alla prima lettura.

Che siano emerse ad un certo momento, che siano isole fluttuanti o che il magma ne abbia plasmato la forma e poi l’acqua marina l’abbia levigata, ciò che conta è che ad oggi grazie a loro, abbiamo il privilegio di essere degli esploratori, soprattutto della nostra anima.

Quando si naviga e la nebbia ci avvolge, la vista perde l’importanza che siamo soliti attribuirgli, sono gli altri sensi quelli che ci orientano nella nostra navigazione (di nuovo) come l’amore, la cui esplorazione è demandata integralmente ai sensi e all’istinto non alla vista dello sguardo poiché nello sguardo si legge non attraverso di esso.

Tutto in Isolario italiano, diventa per noi un’esperienza, un ricordo. I colori dell’alba che si tingono ora di rosa, ora di arancione e persino di rosso, come la lava che ha generato alcune delle isole che ci troviamo a esplorare con Fabio Fiore.

Nonostante la loro natura “isolata”, le isole mantengono una forte connessione con la terraferma e con gli esseri umani che abitano queste isole. Fabio Fiore ci spiega tra le altre cose, che tanto di quello che è accaduto sulla penisola italica, ha poi avuto un risvolto anche sulle nostre isole in un dialogo molto più profondo di quanto si possa pensare.

E forse proprio perché l’Italia è una penisola che in molti di noi si arriva a provare l’irrefrenabile desiderio di esplorare le realtà isolane grandi o piccole che siano. Isolarsi dal mondo per entrare in noi stessi…
Il mito del viaggio e della scoperta sono il cuore lavico, ancora bollente e pulsante che come sangue scorre nelle vene della terra della nostra Italia, e ci anima facendoci muovere al viaggio e alla scoperta attenta perché lenta e quieta.

Isole da camminare, isole da pedalare. Isole da camminare e da pedalare, nell’incerto di un sentiero, nel certo di una strada.

Elba

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

Insulomania: tra cibo e pathos di un insulomane

Di un pittorico disarmante, sono tutte quelle descrizioni in cui Fabio Fiori ci fa vedere e assaggiare un pasto semplice fatto di fette di formaggio, pane, vino. Un pasto che rievoca una condivisione con un pescatore sconosciuto, ma che nel momento della sua evocazione noi condividiamo con loro. Umanità perduta, umanità ritrovata perché condivisa che fa un po’ Into the wilde (Nelle terre estreme) di Jon Krakauer, ma con il lieto fine.

La descrizione più bella per me in questo senso è quella dell’insalata di limoni, che solo a pensarci sento l’aspro in bocca e mi ricorda il succo di limone che bevo ogni giorno! Eppure questo piatto povero invoglia e invita come se si fosse i benvenuti a una di quelle tavolate che solo al sud possiamo trovare: sotto una pergola, con tante persone, tutte le generazioni riunite e un blu (il mio amato blu!) che unisce cielo e mare a mezzogiorno.
Poesia per gli occhi e balsamo per la mente e il cuore.

Questo “isolarlo sentimentale” esplora le 15 isole in funzione del pathos che l’autore Fabio Fiore ha legato all’una rispetto che all’altra.

Molto bello è il punto di vista di queste isole vissute d’inverno (rinnovo la domanda a te lettore: “Hai mai visto il mare d’inverno?”) perché il turismo (che per più d’una di loro è l’economia prevalente), rende finte le isole che si tingono di turisti e che si affollano in ogni loro parte per ritrovarsi poi di nuovo vuote, ma arricchite di un’altra stagione estiva che volge al termine.

Il migrante è prima di tutto uno che fa un viaggio, reale e metafisico.l’uomo è animale nomade.
[…]
Un istinto primordiale insopprimibile che per 1000 motivi ci spinge a partire.così sia!

Elba

Un raggio di sole entra dalla finestra e mi invita a ripartire.

Elba

L’emergere, la partenza e la rinascita

Ricordi personali a parte, credo che i temi più importanti dell’Isolario italiano di Fabio Fiore siano essenzialmente tre: l’emergere, la partenza e la rinascita.

Nella mia vita ho spesso associato a viaggi e luoghi, fasi della mia vita; pensieri e riflessioni che ho poi scoperto essere più profondi e significativi di quanto non avessi percepito inizialmente.

Traslare questo Isolario italiano nella vita “vissuta” significa ad esempio usare l’emergere di un isola dal nulla come pretesto per ricordarci di far emergere quelle che sono le nostre emozioni più profonde. Emozioni e sensazioni che molto più spesso di quello che vorremmo non siamo in grado di elaborare nel luogo in cui siamo. Allora partiamo (partenza), concedendoci di mettere dello spazio tra noi e “il resto” acquisendo così un punto di vista diverso rispetto a quello che avremmo avuto rimanendo a “casa”.
Il tempo che così ci regaliamo, lo spazio che percorriamo e le nuove angolazioni da cui osserviamo una stessa situazione nella loro sinergica azione nelle nostre vite, ci permette di fare ritorno con delle nuove consapevolezze, uno stato di quiete ripristinato come se appunto ci sentissimo rinati (rinascita).

Partire è come nascere un’altra volta“, ha scritto Nicolas Bouvier, scrittore che del viaggio ha fatto la sua casa.

Concludo condensando che viaggio e rinascita spesso instaurano un dialogo unico connettendosi fra di loro. Isolario italiano di Fabio Fiori ci ricorda (o insegna per la prima volta) che qualsiasi sia il luogo reale o immateriale che esploriamo, se ci avviciniamo ad esso con l’umiltà del marinaio possiamo trovare ciò che stavamo cercando, qualunque cosa sia.

Troverai tutto e non capirai nulla…


Capraia

Halo è una parola latina che significa respiro, frequente e potente.


Capraia

Sono solo a bordo, mollo gli ormeggi, sciolgo le vele. Metto la prova sull’infinito; non cerco niente, provo a sedare i notturni ansietà isole.


Capraia

Isole

  1. Stromboli
  2. San Nicola
  3. Elettride
  4. (Asteria)
  5. San Francesco del Deserto
  6. Capri
  7. Tino
  8. (Utopia)
  9. Gallipoli
  10. Elba
  11. Capraia
  12. (San Ferdinando)
  13. Ponza
  14. Procida
  15. San Pietro

Sinossi

Un isolario sentimentale, un viaggio tra isole reali e fantastiche, passate e presenti, emerse e sommerse. Capri, Elba, Ponza, Procida, Stromboli, San Francesco del Deserto, San Pietro e altre isole italiane, raggiunte a vela, a remi, o con quei piccoli affascinanti traghetti che fanno la spola con il continente. Esplorate a piedi o in bici, ma anche a nuoto. Asteria, Utopia, Ferdinandea, isole sognate, davanti a vecchie carte manoscritte o a nuove fotografie satellitari. Comunque le si raggiunga, le si esplori o le si sogni, le isole rimangono luoghi dell’anima, dove è più facile ascoltare se stessi e gli altri, la natura e la storia. La loro quotidianità ci affascina, la loro straordinarietà ci ammalia; siamo affetti da insulomania.

Info bibliografiche

Titolo originale: Isolario italiano (italiano)

Titolo: Isolario italiano

Autore: Fabio Franchi

Prima edizione italiana: Aprile 2021

La mia edizione: I edizione – Aprile 2021

Editore italiano: Ediciclo editore

Collana:

Genere: Racconto

Numero di pagine: 183

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Ce lo ricordiamo ancora quanto contano “Le piccole virtù”?

Ce lo ricordiamo ancora quanto contano “Le piccole virtù”?

RACCONTO BREVE

Ce lo ricordiamo ancora quanto contano “Le piccole virtù”?

In un mondo che va avanti velocissimo, esistono ancora, forse non troppo sommerse delle virtù, che grandi o piccole, sono una bussola nella frenesia

9 AGOSTO 2021 – ROMA

RACCONTO BREVE

Le piccole virtù di Natalia Ginzburg. Ecco la mia recensione.

 

Mi ha molto sorpresa arrivare a leggere l’ultimo dei 10 racconti che compongono “Le piccole virtù” di Natalia Ginzburg e apprendere che l’autrice ritiene che “le piccole virtù” non sono le cose più importanti da insegnare ad un figlio! 

Tutti i racconti del resto affrontano problemi di vita quotidiana, quasi ordinari e che tuttavia toccano nel profondo la Ginzburg, che trova qui raccolti i suoi racconti, che lei scrisse e pubblicò in momenti diversi della sua vita e su diversi quotidiani.

I racconti sono divisi in due parti; sei racconti compongono la prima parte mentre gli altri quattro compongono la seconda.

  • Inverno in Abruzzo 1944
  • Le scarpe rotte 1945
  • Ritratto d’un amico 1957
  • Elogio e compianto dell’Inghilterra 1961
  • La Maison Volpè 1960
  • Lui e io 1962

Parte seconda:

  • Il figlio dell’uomo 1946
  • Silenzio 1951
  • I rapporti umani 1953
  • Le piccole virtù 1960

Credo che l’organizzazione di questa raccolta sia stata ben concepita; infatti mentre nella prima parte troviamo situazioni destabilizzanti e drammatiche e che in generale ci parlano di sofferenza, rinunce e sacrifici; la seconda parte invece, che è quella che preferisco, ci parla di speranza e certezza. 

Diversamente dalla prima parte infatti, non si parla delle certezze che ci vengono strappate, ma di quelle che creiamo e manteniamo nelle nostre vite, con amore e voglia di sentire la terra sotto i piedi in una concretezza che la scrittura di Natalia Ginzburg riesce perfettamente ad esprimere.

Leggendo questi racconti ci rendiamo immediatamente conto che sono “maturi”, ma non dal punto di vista letterario, quanto piuttosto da quello personale: di lei come ragazza, di lei come donna, di lei come figlia, di lei come madre, di lei come moglie.

Questi racconti ci offrono uno spaccato della sua vita personale. L’autrice abbandonando la lirica ed emotiva letteratura femminile, si immerge in un profondo percorso di introspezione, che ci guida e ispira a farlo a nostra volta, rivalutando quelle che sono le nostre priorità e il nostro stesso modo di stare nel mondo.

La Ginzburg usa fatti comuni e noti ad un vasto pubblico, O più semplicemente all’essere umano; come i rapporti con gli amici dello stesso sesso o di sesso diverso, l’amore che sboccia, le differenze con il partner, quel partner che non ci saremmo mai aspettati diventasse tale, ecco che al dunque volge lo sguardo al suo passato.

Il tono che intride e funge da filo conduttore della raccolta è quel sentimento misto tra lo smarrimento per il non sapere cosa fare della propria vita, in un momento in cui assolti tutti i proprio doveri di studentessa, figlia, moglie e madre ecco che ci si rende conto di aver ubbidito a regole che non sempre le hanno permesso di esprimersi appieno.


Quando in Le scarpe rotte ci parla del suo trascorrere del tempo con una sua amica squattrinata e di avere entrambe un solo paio di scarpe malandate, ecco che quanto appena detto risulta lampante! Lei non si sente a disagio nel non avere mezzi o nello scegliere consapevolmente di vivere con un tenore di vita più libero e svincolato dalle etichette.

Era facile individuare i poveri e i ricchi, guardando il fuoco acceso

Inverno in Abruzzo

Infatti pone sempre il pensiero e quindi ci fa immaginare il suo senso di dovere verso la famiglia, che si occupa dei suo figli e ai quali non fa mancare nulla tra cui le scarpe, e che a lei stessa non sarebbe consentito di indossare quelle stesse scarpe bucate:

(…) in una casa dove non mi sarà permesso di portare le scarpe rotte.

Le scarpe rotte

che per lei sono da un lato sì l’espressione della sua ristrettezza di mezzi finanziari e da un lato però anche l’emblema della possibilità di essere come si vuole e chi si vuole in questo mondo, proprio come la sua amica che in qualche modo guarda con una sorta di affettuosa invidia, proprio in funzione della corda che prima o poi la costringerà a “tornare a casa” mentre la sua amica ne è sprovvista in quanto priva di legami.

(…) e scoprimmo, con profondo stupore, che anche nella nostra grigia, pesante e imponente città si poteva fare poesia.

Ritratto d’un amico

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

Ed ancora torna la casa quando ci parla della Torino che sente casa sua, del confronto tra l’Inghilterra e l’Italia, portando sempre a noi che la leggiamo quel senso di nostalgia e calore domestico che sente mancare nella sua vita, come pure quell’impulso “giovanile” di voler scoprire ed esplorare sia sé stessa che il mondo, esprimendo sempre se stessa al meglio come ci parla in “Un amico” dove celebra le qualità di Cesare Pavese.

(…) è un paese dove si sanno costruire le case.

Elogio e compianto dell’Inghilterra

In realtà rievoca un momento della sua vita in cui era ancora capace di essere la versione migliore di se stessa, perché metteva se stessa a contatto con stimoli che erano funzionali alla sua crescita e a nutrire quella che è la sua unica vocazione: lo scrivere!

Il mio mestiere è quello di scrivere e io lo so bene e da molto tempo.

Il mio mestiere

Io non so amministrare il tempo. Lui sa.

Lui e io

Quando in il “Il mio mestiere” ci parla di come abbia voluto per amore dei figli mettersi da parte e mettere da parte la scrittura, ecco che sentiamo tutto il conflitto di essere felice concretamente per due aspetti della sua vita: la famiglia e la sua vocazione, che tuttavia non sempre sono stati facilmente conciliabili e tra i quali non sempre si sono riusciti ad intessere le migliori gerarchie in termini di priorità, almeno per quello che riguarda il suo essere una scrittrice che lei percepisce come un qualcosa che può esistere solo nella sua vecchiaia, quando in qualche modo non da “fastidio” a nessuno e non ci sono più “altri” ruoli per lei da interpretare, che abbiano più importanza della sua stessa essenza.

truffare con parole che non esistono davvero in noi e che abbiamo pescato su a caso fuori di noi e che mettiamo insieme con destrezza perché siamo diventati piuttosto furbi.

 

Eppure Natalia Ginzburg ringrazia con profondo affetto tutto quello che l’ha tenuta distante dal suo scrivere, al pari di quello che ce l’ha avvicinata, poiché lei nulla rinnega della sua vita e tutto è funzionale ad essere se stessa, ossia la scrittrice che è in realtà.

(…) in cui sarò una vecchia scrittrice famosa.

Scarpe rotte

A conti fatti il suo mestiere è lei che se l’è sempre costruito, contrastando le innumerevoli critiche sminuenti della famiglia in particolare dei suoi fratelli, il fatto che sin da bambina “lei” sapeva perfettamente quale era la sua priorità mettendo da parte praticamente tutto fuorché lo sperimentare e il trovare quindi il suo modo di esprimersi nel testo scritto, vuoi ora in forma prosaica o dei primi versi.

Diventavamo in sua compagnia molto più intelligenti; ci sentivamo spinti a portare nelle nostre parole quanto avevamo in noi di migliore e di più serio.

Ritratto d’un amico

Il vero banco di prova in fondo, è sempre l’esperienza diretta, quella nella quale scrivendo capiamo la “forma” nella quale ci sentiamo a nostro agio e nella quale riusciamo a dare il meglio di noi, come del resto ci capita anche nella vita.

(…) invece quando scrivo delle storie sono come uno che è in patria.

Il mio mestiere

Quando scrivo qualcosa, di solito penso che è molto importante e che io sono un grandissimo scrittore.
Credo succeda a tutti. Ma c’è un angolo della mia anima dove so molto bene e sempre quello che sono, cioè un piccolo, piccolo scrittore.

Il mio mestiere

Vero è che in “Piccole virtù” di Natalia Ginzburg l’autrice stessa confuta l’importanza delle piccole cose poiché per loro natura non ne possono contenere di grandi, eppure nonostante questo credo che le piccole virtù possano intendersi in conclusione in due maniere differenti, ossi come se da un lato ci fossero i valori, quelli di cui parla appunto in “Le piccole virtù” mentre da un lato ci sono le virtù delle piccole cose, ossia tutte quelle che cooperano a definire chi siamo e come siamo.

Si nutre e cresce in noi.

Il mio mestiere

Nessun scrittore italiano capisce, come lei, cosa sia una famiglia. Vivere insieme, sedere alla stessa tavola; essere avvolti dalle stesse pareti e dagli stessi mobili; conoscere soltanto noi quel modo ostentato o dimesso di pronunziare una parola, intendere in pochi una vecchia ricetta di cucina, ricordare insieme la storia di un cassettone o di un quadro, e i loro spostamenti attraverso la casa…

Pietro citati

Info bibliografiche

Titolo originale: Le piccole virtù (italiano)

Autore: Natalia Ginzburg

Prima pubblicazione: 1962

Prima pubblicazione in Italia: 1962

La mia edizione: Seconda edizione 1962

Editore italiano: Einaudi

Collana: –

Genere: Racconto breve

Numero di pagine: 136

Preceduto da: –

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Storia irreale e sabbiosa sull’importanza dell’inconsistenza dell’anima sul corpo. Ma non è zen

Storia irreale e sabbiosa sull’importanza dell’inconsistenza dell’anima sul corpo. Ma non è zen

Copertina del libro “Il mondo prima di pesare 21 grammi” di Alessandro Tonoli del 2020

RACCONTO

Storia irreale e sabbiosa sull’importanza dell’inconsistenza dell’anima sul corpo. Ma non è zen

Il mondo prima di pesare 21 grammi è un romanzo, in cui siamo guidati alla scoperta di ciò che rende l’uomo, un essere umano al di là della materia di cui è composto.

16 FEBBRAIO 2021 – ROMA

RACCONTO

Il mondo prima di pesare 21 grammi di Alessandro Tonoli. Ecco la mia recensione.

 

Lo storytelling è una delle capacità più importanti che chiunque voglia trasmettere un messaggio dovrebbe coltivare. Colui e colei che è “storyteller”, racchiude in se quella capacità di raccontare una storia: forse la sua, forse quella che ha visto e/o udito da qualcun altro. Certo è che quando si racconta una storia, questa prende vita e acquisisce più valore, per il semplice fatto che qualcuno, interpretandola ed enfatizzandola è stat*, in grado di carpirne il valore intrinseco e comunque i punti salienti, ovvero quelli degni di essere raccontati in una storia che valga questo nome.

C’era condivisione, ma nessuna intenzione di condividere.

(…)

Nessuno le faceva proprie. Nessuno le rielaborava. Nessuno gli donava le sue. [di parole]

Indipendentemente dal fatto che ci si immedesimi, in quello che si sta ascoltando o leggendo, ciò che conta è quello che l’ “esperienza” del venire a contatto con una nuova storia suscita in noi, sai nell’immediato sia per cosa ci lascia dopo. Leggendo “La vita prima di pesare 21 grammi”, sono rimasta distaccata dalla vicenda…un osservatore quasi onnisciente. Certo è, che immedesimarsi con qualcosa che è più simile ad una sagoma che non ad una persona è alquanto improbabile, eppure quando l’autore Alessandro Tonoli, ha scritto questo libro di poco più che duecento pagine, ci è riuscito. Anzi, ha creato nel personaggio di Selim, il pretesto per porre attenzione sulla sostanza della vita, rispetto alla forma.

Le parole potevano creare, quanto ricongiungere.

Questa “massa dalle non-forme” questo “manichino” che è Selim, rappresenta ciò che l’essere umano sarebbe se non intraprendesse alcun percorso, atto ad esplorare e quindi accrescersi e soprattutto esplorarsi; tanto nei propri lati umani carichi di dubbi e sentimenti, che nei propri lati bestiali in cui la cieca rabbia talvolta, prende il sopravvento.

Non può dolere la solitudine se non si è mai compresa la sua alternativa.

Bianco e nero, come pure tutti gli altri colori e le loro sfumature fanno tutte parti di noi esseri umani, e forse è per questo motivo che l’autore Alessandro Tonoli, non si sofferma a descrivere il “colore” di Selim. Ci racconta che ha non-mani, non-gambe, non-occhi… ma gli unici colori che ci vengono proposti con cura sono quelli del mondo esterno: il rosso del sangue che esce dal “manichino” quale è Selim, e l’argento della figura sua simile che incontra, evidenziando in tal modo il fatto che ciascuno di noi si realizza in rapporto con il suo intorno, che inevitabilmente deve includere dei nostri simili

(…) egli sentì la forza e la voglia di tutti quei pensieri di divenire parte del mondo.

In un primo momento tutto ciò che viene visto e udito, dopo che il “Groviglio’’ ha fatto dono a Selim degli occhi e quindi delle orecchie, è proprio l’esterno. Solo “poi” inizia a prendere consapevolezza di , dei propri pensieri, di quello che gli piace o meno, e di quello che era in grado di sentire sia a livello superficiale, che ad un qualche livello più profondo.

La mancanza di una direzione lo aveva completamente annullato.

E in questo suo indagare, dopo anni di vagabondaggio nel deserto attirato come l’ago di una bussola verso una direzione “obbligata”, interpretabile come il futuro, Selim si rende conto che immaginare, sognare e percepire non ha assolutamente senso se non si condivide con qualcuno che sia simile a noi, il nostro specchio perfino! Qualcuno che sia fatto della nostra stessa materia.

Si poteva chiaramente osservare come le due fossero modellate dalla stessa fonte.

Per disegnare immagini da portare all’esterno.

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

Traslando l’insegnamento de “Il mondo prima di pesare 21 grammi” nella realtà anche noi che leggiamo queste pagine ci rendiamo conto ancora una volta, che condividere la propria esperienza, il proprio vissuto con qualcun altro è una delle realtà più significative con cui possiamo e dobbiamo fare i conti. 

Energia e desiderio hanno in mano le sorti del mondo.

Ma c’è un’altro insegnamento che possiamo cogliere da questo romanzo di Alessandro Tonoli, e cioè che nessuna creatura umana e non-umana può effettivamente sfuggire a quello che è il proprio “groviglio” interiore. L’odio che Selim ad un certo punto prova per il Groviglio, è l’espressione dell’odio che in talune occasioni nutriamo nei nostri stessi confronti.

Creatura Deserto (il suono del mondo)

E dall’esperienza di questo “non-uomo” carpiamo che al dunque dobbiamo sempre venire a patti con noi stessi, con il nostro passato per compiere quel percorso obbligato che è il nostro futuro, per il quale dovremmo davvero essere disposti a lasciarci indietro tutto il nostro passato, per diventare chi siamo, nella forma che sempre avremmo dovuto essere e che in forma di seme siamo sempre stati, senza magari rendercene davvero conto.

L’accettare di invalidare tutta l’esistenza che si è vissuta fino a quel momento (…) accogliendone una nuova.

Forse, le ricerche più complesse possono definirsi solo nel momento in cui si perdono di vista. È la mente ad arrivare dal viandante quando egli smette di guardarla e si dimostra degno del cammino.

Fu così che La Meta, infine, giunse da lui.

Ascoltati.

Ascolti e cerca…un seme.

Ciò che costituisce i nostri 21 grammi

 

  • Vista
  • Pensieri
  • Sogni
  • Immaginazione
  • Bellezza
  • Eternità/Tempo
  • Motivazione/Senso
  • Comunicazione
  • Felicità
  • Paura
  • Risata/Ridere
  • Baciare
  • Solitudine
  • Odio
  • Malinconia
  • La Chiave (noi stessi)
  • La Speranza
  • Vita
  • Destino

Info bibliografiche

Titolo originale: Il mondo prima di pesare 21 grammi

Autore: Alessandro Tonoli

Prima pubblicazione: 2020

Prima pubblicazione in Italia: 2020 (Porto Seguro Editore)

La mia edizione: I edizione Porto Seguro Editore 2020

Editore italiano: Porto Seguro Editore

Collana: Rose blu

Genere: Romanzo

Numero di pagine: 216

Preceduto daLa piccola Parigi. Leggende di Cabiate (2015)

Seguito da: –

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A volare come il gabbiano Jonathan Livingston non ci abbiamo mai pensato

A volare come il gabbiano Jonathan Livingston non ci abbiamo mai pensato

Copertina del libro “Il gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach del 1975

RACCONTOGROWTH, MIND & BODY, SELF HELPNOVELLA

A volare come il gabbiano Jonathan Livingston non ci abbiamo mai pensato

Il gabbiano Jonathan Livingston nato da Richard Bach, è divenuto un simbolo di libera espressione di sé stessi. La guida ideale di chi ha la forza di ubbidire alla propria legge interiore quando sa di essere nel giusto, nonostante i pregiudizi degli altri, e chiunque legga questa breve novella, saprà apprezzare il suo messaggio schietto e diretto.

25 GENNAIO 2021 – ROMA

RACCONTOGROWTH, MIND & BODY, SELF HELPNOVELLA

Il gabbiano Jonathan Livingstone di Richard Bach. Ecco la mia recensione.

Jonathan Livingston è un gabbiano che abbandona la massa dei comuni gabbiani per i quali il volare non è che una semplice mezzo e goffo per procurarsi il cibo e impara a eseguire il volo come atto di perizia e intelligenza, fonte di perfezione e di gioia.

Diventa così un simbolo, la guida ideale di chi ha la forza di ubbidire alla propria legge interiore quando sa di essere nel giusto, nonostante i pregiudizi degli altri; di chi prova un piacere particolare nella fare bene le cose a cui si dedica: una specie di “guru” istintivo e alla mano ma non per questo meno efficace nel suo insegnamento.

E con Jonathan il lettore, affascinato dell’insolito clima della narrazione, viene trascinato in una entusiasmante avventura di volo, di aria pulita, pura di libertà.

DALLA SOVRACCOPÈRTA

Liberamente ispirato a un pilota acrobatico statunitense di nome John H. “Johnny” Livingston, il gabbiano protagonista di questo romanzo, che ha più il sapore di una novella, diventa la nostra guida spirituale che ci insegna che abbiamo la possibilità di essere davvero liberi, solo quando accettiamo di essere noi stessi.

(…) loro hanno compreso ciò che veramente sono, e ora tendono a metterlo in pratica. Hanno cominciato ad adeguarsi a se stessi!

Il messaggio che Richard Bach racchiude in questo romanzo, è davvero chiaro e il primo punto che salta agli occhi, almeno a tutte quelle persone che leggono prima l’indice e poi iniziano effettivamente il libro, è che questa novella è divisa in tre parti, quasi fossero le tre fasi della vita; e a conti fatti questa percezione viene confermata dagli stessi fatti di cui l’autore ci mette a parte.

Per chi non lo sapesse Richard Bach è un aviatore oltre che uno scrittore. Appena si cerca in rete (si gooooogla Richard Bach) troviamo che le prime immagine lo ritraggono vicino al suo Piper Super Cub, che è un aereo dal grande pregio di consentire al pilota di alzare il naso verso il cielo e incontrando una superficie trasparente, questi può vedere l’azzurro del cielo. Probabilmente è una delle cose più belle del mondo per un aviatore o pilota che dir si voglia…provare la sensazione di immergersi nel blu del cielo, ed infatti la copertina de Il gabbiano Jonathan Livingston è proprio di un blu profondo!

L’unica vera legge è quella che conduce alla libertà (…) altra legge non c’è.

Più simile a un racconto popolare, tenuto conto anche dello stile di scrittura quasi “dialettico”, questo romanzo, che di certo non aveva la pretesa di diventare il bestseller mondiale che è oggi, racchiude in sé un messaggio positivo e incoraggiante nei confronti della vita stessa e della nostra capacità di goderne appieno.

A me preme soltanto di sapere.

Il gabbiano Jonathan Livingston, è l’emblema della volontà di affermare e scoprire sé stessi, anche se questo significa prendere le distanze dai propri affetti, e lasciare la propria casa nel momento in cui il richiamo della nostra intrinseca legge, pretende di essere applicata alla nostra quotidiana esperienza.

Ci sono tante cose da imparare!

La parte di questo romanzo che preferisco tra tutte, è quella in cui sconfortato dagli scarsi risultati il gabbiano Jonathan, promette a se stesso di rinunciare, di smetterla di tentare di essere diverso dagli altri dello Stormo.

Basta! non avrebbe dovuto dar più retta a quel demone che l’istigava a imparare cose nuove.

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

Ma come tutte quelle promesse che non nascono dall’amore, ecco che Jonathan non poté mai tenere fede alla sua, in realtà non lo fece neanche per un giorno, per il semplice fatto che lui non doveva tentare di essere, lui era. E questo ci insegna nella più poetica delle maniere, che l’unica cosa che siamo destinati a fare, è di essere fedeli a noi stessi e alla nostra natura poiché, questa avrà sempre la forza di esprimersi e di farsi apprezzare dal mondo intero, riuscendo a diffondersi come si diffonde il profumo del mare.

Lui si sentiva vivo come non mai, e fremente di gioia, fiordi aver domato la paura.

Vero è che il percorso iniziale, è qualcosa che siamo tenuti ad affrontare da soli, e questo ci pone dinnanzi ad ogni nostra paura, ad ogni nostro limite temporaneo, ma immediatamente siamo ripagati dal coraggio, e sperimentiamo la libertà derivante dalla conoscenza.

Ci solleveremo dalle tenebre dell’ignoranza, ci accorgeremo d’essere creature di grande intelligenza e abilità. Saremo liberi! Impareremo a volare!

Per Jonathan Livingston il volo era molto di più che un mezzo per accaparrarsi del cibo tra i pescherecci, battendo semplicemente le ali. Il volo per quest’uccello dal bianco piumaggio era espressione del sé, eppure la consapevolezza che avere delle ali significa poter essere concretamente liberi,

Ma la velocità era potenza, era gioia, era bellezza.

è qualcosa che nello Stormo in cui era nato Jonathan, era più simile ad una eresia, che al raggiungimento di un grandioso risultato.

Chissà perché, (…) la cosa più difficile del mondo è ecco vi convincere un uccello che egli è libero? E che può dimostrarlo a se stesso, solo che ci metta un po’ di buona volontà? La libertà basta solo esercitarla. Ma perché? Perché deve essere tanto difficile?

Chiunque riesca a sentire dentro di sé l’ardente fuoco della vita, dovrà come prima e decisiva prova, sperimentare il muro dell’incapacità degli altri di vedere con gli occhi della mente.

Si rifiutavano di aprire gli occhi per vedere.

Eppure, come Jonathan ci insegna, non possiamo colpevolizzare gli altri per questo loro limite iniziale, ma possiamo e dobbiamo invece, mostrargli la bellezza della nostra visione, sperimentando in prima persona la sua magnificenza liberatoria e accrescitiva.

Quel che aveva imparato per lo Stormo, se lo godeva adesso da sé solo. Egli imparò a volare, e non si rammaricava per il prezzo che aveva dovuto pagare. Scoprì che erano la noia e la paura e la rabbia a rendere così breve la vita d’un gabbiano. Ma, con l’animo sgombro da esse, lui, per lui, disse contento, e visse molto a lungo.

Come capita spesso di sentire, esistono al mondo delle personalità che si distinguono dagli altri come mosche bianche. E persino nel momento in cui queste “creature immacolate”, trovano un nuovo gruppo in cui sperimentare la grandezza di loro stessi,

Qui, gli altri gabbiani la pensavano come lui. Per ciascuno di loro, la cosa più importante della vita era tendere alla perfezione in ciò che più importava, cioè nel volo.

anche allora risultano i più grandiosi di tutti, poiché questa caratteristica è tanto nella loro natura, quando ancor di più nella loro dedizione al loro magnifico sogno.

E poi, altre cento prima di capire che lo scopo della vita è appunto quello di adeguarci il più possibile a quell’ideale. S’intende che per noi vale la stessa regola, anche adesso: scegliamo il nostro mondo successivo in base a ciò che apprendiamo in questo. Se non impari nulla, il mondo di poi sarà identico a quello di prima, e avrai anche la le stesse limitazioni che hai qui, gli stessi handicap.

Così nel momento in cui ci rendiamo conto che questi nuovi amici e compagni di “esperimenti” ci ammirano, ecco che abbiamo trovato i nostri discepoli, che per noi e insieme a noi diffonderanno anche agli altri gabbiani la bellezza del volo acrobatico

No, Jonathan, un posto come quello, no, non c’è. Il paradiso non è mica un luogo. Non si trova nello spazio, e neanche nel tempo. Il paradiso è essere perfetti.

e della sua perfetta esecuzione, che al dunque può davvero essere una valida missione, cui votare la propria esistenza terrena e spirituale.

Velocità perfetta, figlio mio, vuol dire solo esserci, essere là.

Ciò che scalda davvero il cuore, oltre all’insegnamento che si può e deve trovare soddisfazione nel semplice fare le cose al meglio, è che anche coloro che le fanno al meglio possono, ed è bene che sia così, avere un loro mentore: un loro Ciang

Sì che invece puoi riuscirci, vecchio Jonathan. Perché tu hai imparato tutto. Hai terminato un corso d’istruzione, e ne hai cominciato un altro, per te. Adesso.

che possa infondere sia coraggio, sia mostrare loro la possibilità di uno scopo e un obiettivo più elevato infondendo nuova linfa nel discepolo e fornendogli tutti gli strumenti che possano consentirgli, indipendentemente dall’eta e dal luogo di partenza, di volare dove e come, nessun altro gabbiano aveva mai neanche osato volgere il pensiero.

Per volare alla velocità del pensiero, verso qualsivoglia luogo, (…) tu devi innanzitutto persuaderti che ci sei già arrivato.

Il primo tra gli strumenti che ciascun esploratore della vita deve avere sempre a portata di mente, è tanto la consapevolezza di sé stesso/a, tanto la chiara visione di ciò che il suo spirito indomabile vuole raggiungere per, finalmente chetarsi avendo la certezza della riuscita.

Funziona sempre, quando sai quello che fai.

Ed è così che completato il suo addestramento, anche se in effetti la vita è una prova continua, il gabbiano Jonathan Livingston tornerà con il suo Stormo, a quello d’origine dimostrandoci che il perdono è essenziale per andare nel nostro futuro, che altrimenti ci sarebbe precluso.

Ma nessuno di loro, neppure Fletcher Lynd, riusciva a capacitarsi che i voli del pensiero possano essere tanto reali quanto i voli nel vento e con le penne. Il vostro corpo, dalla punta del becco la coda, dall’una all’altra punta delle ali, (…) non è altro che il vostro pensiero, una forma del vostro pensiero, visibile concreta. Spezzate le catene che imprigionano il pensiero, e anche il vostro corpo sarà libero.

Nel momento in cui abbandoniamo il risentimento e ci doniamo, allora come il serpente cambia la sua pelle, allora rinasciamo noi stessi per volare liberi, ovunque e con chiunque.

Tu sei libero di essere te stesso, questa è la libertà che hai, adesso è qui, e nulla ti può essere di ostacolo.

Altre citazioni di Jonathan Livingston

Ma se superi il tempo e lo spazio, non vi sarà nient’altro che l’Adesso e il Qui, il Qui e l’Adesso. E non ti sa che, in questo Hic et Nuno, noi avremo occasione di vederci (…)?

Ci sono tante cose da imparare!

Ogni giorno, lui apprendeva cose nuove.

Ci sono tante cose da imparare!

Tu sei quello che ha meno paura di imparare, tra tutti i gabbiani che ho visto in diecimila anni.

E curiosi di quella novità: volare per la gioia di volare!

Il fatto è, Fletcher, che bisogna superarli un po’ alla volta, i nostri limiti, con un po’ di pazienza. Qui sta il trucco.

Per tutte le cose, Fletcher, è questione di esercizio…!

Guarda col tuo intelletto, e scopri quello che già conosci che conosci già, allora imparerai come si vola.

Jonathan è quel vivido piccolo fuoco che arde in tutti noi, che vive solo per quei momenti in cui raggiungiamo la perfezione.

Personaggi

  • Jonathan Livingston: gabbiano protagonista del romanzo breve, che ribellandosi alle regole del suo stormo decide di seguire la propria voce interiore, inseguendo con abnegazione il suo desiderio: volare alla perfezione, per lui la più elevata forma di libertà
  • Sullivan: uno dei gabbiani amici di Jonathan, con cui stringe amicizia nella dimensione intermedia, confusa con il paradiso, ma che seppur bravo nel volo non è minimamente al livello di Jonathan
  • Fletcher Lynd: giovane gabbiano reietto come fu alla fine della “parte prima” lo stesso Jonathan Livingston, e che divenne suo allievo e quindi a sua volta maestro 
  • Ciang: è il gabbiano Anziano, e maestro di Jonathan che questi incontra nella dimensione intermedia, nella “parte seconda” e che insegnerà all’allievo il potere della mente nel controllo del corpo.
  • Henry Calvin: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito
  • Gabbiano Terence Lowell: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito
  • Gabbiano Kirk Maynard: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito, che non sapeva volare per nulla
  • Charles Roland: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito
  • Judy Lee: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito

Termini & nomi

  • Stormo Buonappetito: lo stormo cui originariamente apparteneva Jonathan Livingston, e che non comprendendo e condividendo lo scopo della sua autorealizzazione, in virtù delle loro leggi lo esilia
  • Assemblea Generale: concilio degli anziani, e di tutti i gabbiani che si riunisce in merito a questioni importanti. Nella fattispecie in merito alla decisione di esiliare il gabbiano Jonathan
  • Scogliere Remote: luogo che il gabbiano Jonathan Livingston scegli come luogo iniziale del suo esilio
  • Reietti: tutti quei gabbiani che vengono allontanati dallo Stormo originario, poiché non rispettano le regole imposte loro
  • Grande Gabbiano: una sorta di divinità cui tendere
  • Legge del Grande Gabbiano: l’unica legge che tutti i gabbiani dovrebbero rispettare: la libertà 
  • Figlio del Grande Gabbiano: date le sue straordinarie doti Jonathan Livingston viene considerato da molti l’erede del Grande Gabbiano; qui emerge la connessione col cristianesimo oltre alla cultura New Age che intride la novella

Info bibliografiche

Titolo originale: Jonathan Livingston Seagull

Autore: Richard Bach

Fotografie: Russel Munson

Prima pubblicazione: 1970

Prima pubblicazione in Italia: 1973

La mia edizione: XXX edizione Rizzoli Settembre1995

Editore italiano: Rizzoli

Collana: –

Genere: Romanzo, Racconto breve, Novella, Auto aiuto, Mente e corpo

Numero di pagine: 93 (foto incluse)

Preceduto da: Niente per caso (Nothing by Chance, 1969)

Seguito da: Un dono d’ali (A Gift of Wings, 1974)

 

Capitoli

      • 1. Parte prima
      • 2. Parte seconda
      • 3. Parte terza

 

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E tu te lo ricordi che sei stato un bambino curioso del mondo? Se lo sei ancora meglio!

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Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry venne pubblicato nel 1943 e da allora viene letto dai bambini e da quegli adulti che si ricordano, che una volta lo sono stati.

4 DICEMBRE 2020 – ROMA

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Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry. Ecco la mia recensione.

La prima volta che lessi Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry non lo capii davvero. Mi parve anzi una lettura obbligata e sopravvalutata.

La verità è che all’epoca ero troppo acerba per comprenderlo, e non avevo un “altro adulto” al mio fianco a tentare di spiegarmi qualcosa, che con il mio metro di allora probabilmente non avrei comunque capito.

Era il Maggio del 2014.

Nel 2020, anno in cui decido di riprendere in mano vecchie letture, approcciandomi a queste come fosse la prima volta, mi ritrovo a comprenderne il significato profondo, quello che ha reso Il piccolo principe, uno dei bambini (libri) più famosi al mondo, la cui storia viene letta dagli adulti e spiegata dai bambini.

Tutti i grandi sono stati bambini una volta.

(Ma pochi di essi se ne ricordano).

Il bambino biondo, protagonista di questo racconto breve è, nella mia chiave di lettura (perché ad oggi non ho avuto il piacere di confrontarmi ne’ con adulti ne’ con bambini, su questa lettura), non il bambino che c’è in ciascuno di noi, quanto piuttosto una lente, un consigliere, che ci permette di vedere la realtà di quella che è la nostra vita, la sua essenza nel momento in cui la priviamo delle sovrastrutture.

Ecco appunto cosa rappresentano l’elefante dentro un boa,

“E’ un cappello”.

Mi abbassavo al suo livello

e la pecora che dorme dentro la sua scatola…

Questa è soltanto la sua casetta. La pecora che volevi sta dentro.

… non tutto infatti può essere visto con gli occhi!

Quando uno vuole una pecora è la prova che esiste.

L’astronomo turco invece rappresenta la mancanza assoluta di fede, la necessità di conoscere esclusivamente attraverso prove empiriche, che vengono opportunamente catalogate con serie di lettere e numeri, riducendo ogni esperienza a un “punto” su una lista, ben etichettato e schematizzato.

Ecco perché un pianeta come quello del piccolo principe non avrebbe mai potuto chiamarsi “Il pianeta del piccolo principe” ma è stato chiamato asteroide B612.

Però fate una prova: voi, quale tra i due “nomi”, vi ricordate davvero?

Ovviamente solo un bambino può far dono ad un adulto di una lente così potente nella sua semplicità, perché appunto gli adulti, noi adulti

  • siamo troppo impegnati a dettare regole (Re),
  • a vantarci dei nostri risultati o presunti tali (Vanitoso),
  • a girarci dall’altra parte di fronte alle cose davvero importanti (Ubriacone),
  • a contare e quantificare cose che non sono nate per essere contate (Uomo d’affari),

perché credeva che contandole gli sarebbero appartenute

  • a fare e rifare qualcosa, incapaci di adeguare quel qualcosa alla nuova vita che stiamo vivendo (Lampionaio),
  • ad avere troppa paura per vivere davvero (Geografo).

La stessa Rosa, rappresenta non solo l’amore (con tutte le sue imperfezioni), quanto piuttosto la casa, l’appartenenza, la cura.

Soprattutto la capacità di tutto questo di essere totalizzante, quasi ingombrante nella vita di ciascuno di noi. Tant’è che a volte siamo spinti ad allontanarci, a intraprendere un viaggio che possa mostrarci altro, 

Io credo che egli approfittò,

per venirsene via,

di una migrazione di uccelli selvatici.

dandoci in questo modo la possibilità di renderci conto, che tutto ciò di cui abbiamo bisogno, è di prenderci cura l’uno dell’altro in maniera vicendevole, dimostrandoci amore.

L’essenziale è invisibile agli occhi.

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

Tutto il resto, in effetti, è utile solo nel momento in cui ci consente di assolvere a quest’unico vero compito. 

Un mondo meraviglioso,

fatto di poche cose ma tutte importanti.

Ecco che il piccolo principe ha bisogno solo di acqua per innaffiare il suo fiore, una campana e un paravento per proteggerlo e garantirgli un futuro, una spazzola per spazzare i camini di tutti i suoi vulcani, una pala per estirpare i pericolosi baobab, e la forza unita alla costanza per fare tutto questo. Ma soprattutto la presenza e la pazienza.

Bisogna essere molto pazienti.

La stessa volpe glielo insegnerà: la cosa più importante non è essere costantemente gli uni insieme agli altri, ma esserci nel momento in cui si è detto che ci saremmo stati!

Questo crea fiducia, legame e certezza che l’atro ci sarà per noi e noi per l’altro, perché saranno le azioni e non le parole, ad aver costruito e consolidato questa unione.

Le parole sono una fonte di malintesi.

In questo modo ci addomesticheremo e scopriremo che la stessa attesa, il tempo che ci tiene separati, in realtà ci unisce e ci rende consapevoli della fugacità del tempo e quindi ancora più capaci di apprezzare il dono di ogni singolo istante.

Scoprirò il prezzo della felicità!

Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai

a che ora prepararmi il cuore…ci vogliono i riti.

E ancor ci insegna che ogni giorno, ogni momento può speciale, se noi gli diamo questa possibilità.

“Che cos’è un rito?”

É quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni,

un’ora dalle altre ore.

Sulla Terra, soprattutto quando si diventa adulti, non è facile essere costanti, e questo il lampionaio ce lo insegna bene. 

Ma c’è un’altra qualità che il biondo bambino di sei anni ci insegna a suo modo, ed è la caparbietà. Quella dote che ci consente di ottenere ciò che vogliamo, e che è per noi irrinunciabile; anzi, quasi propedeutico alla nostra stessa capacità di continuare a vivere.

Il piccolo principe non rinunciava mai a una domanda che aveva fatta.

Certo è, che c’è sempre un giusto prezzo da pagare, qualcosa da dare o da accettare in cambio di qualcosa di davvero speciale, un sacrificio per cui vale la pena.

Devo pur sopportare qualche bruco se voglio conoscere le farfalle.

Così come è altrettanto importante essere ragionevoli e chiedere, tanto a noi stessi quanto agli altri, soltanto ciò che è in nostro (o in loro) potere raggiungere,

Se ordinassi a un generale di trasformarsi in un uccello marino,

e se il generale non ubbidisse, non sarebbe

colpa del generale. Sarebbe colpa mia.

perché non si può ottenere l’impossibile, a meno che non sia possibile. 

Esatto. Bisogna esigere da ciascuno quello che ciascuno può dare.

(…)

L’autorità riposa prima di tutto sulla ragione.

(…)

Ho diritto a esigere l’ubbidienza perché i miei ordini sono ragionevoli.

Ma se tutto questo sembra in un qualche modo fattibile, e alla portata di tutti, c’è qualcosa che è ad appannaggio di pochi: la saggezza. Quella capacità di giudicare bene ed equamente non soltanto gli altri ma anche, e soprattutto, se stessi.

“Giudicherai te stesso”, gli rispose il re. “É la cosa più difficile. É molto più difficile giudicare se stessi che gli altri. Se riesci a giudicarti bene è segno che sei veramente un saggio”

Ed è chiaro che solo dopo un’onesta valutazione possiamo ammirare qualcosa o qualcuno, ma soprattutto ciò che dobbiamo assolutamente, che ciascuno di noi dovrebbe fare, è ammirare se stesso, poiché solo questo sentimento può darci la misura di che genere di persone siamo, con noi stessi e con gli altri.

Ti ammiro, ma tu che te ne fai?

Probabilmente così come giudicare se stessi è la cosa più difficile, anche ammirare se stessi richiede il medesimo sforzo e impegno, poiché per guardare gli altri possiamo volgere lo sguardo altrove, se ciò che stiamo osservando non ci piace. 

Ma tutt’altra faccenda è quando guardiamo noi stessi, poiché se quello che vediamo riflesso nello specchio non ci piace, allora l’unica cosa che si può fare è impegnarci a cambiare la nostra essenza così da apprezzarne, ammirarne quindi, il riflesso.

Chiunque sia in grado di fare questo, è una persona di grande valore.

E per farci capire l’importanza di affrontare ciò che la vita ci mette davanti, ci imbattiamo nella figura dell’ubriacone il quale piuttosto che affrontare i propri errori, preferisce girarsi dall’altra parte (annebbiarsi la vista bevendo), per non vedere i propri errori o la propria incapacità.

Per dimenticare che ho vergogna 

Siamo costantemente messi davanti a una scelta di qualche genere ed in questo caso la scelta è il cambiamento: continuare ad agire come si è sempre fatto (bottiglie vuote) o cambiare, e quindi ottenere qualcosa di diverso (bottiglie piene)? 

Ma come ci insegna il piccolo principe, non è cosa per tutti.

Molto interessante, e soprattutto attuale è la figura dell’uomo d’affari.

Sono un uomo serio, io, non mi diverto con delle frottole.

Si potrebbe pensare che l’uomo d’affari sia avido, ebbene lo è! Tuttavia la sua caratteristica preponderante è l’egoismo, la sua volontà di possedere qualcosa, per la sua unica soddisfazione, anche a costo di privare chiunque altro di quel qualcosa, pur non avendone diritto alcuno. 

Possedere l’impossibile è un ossimoro talmente palese, che solo qualcuno di davvero “accecato” non se ne renderebbe conto. Ma cosa aspettarsi da una persona che è cieca anche di fronte alle sue stesse esigenze,

(…) non sono stato disturbato che tre volte.

La prima volta (…) da una melolonta

(…)

la seconda da una crisi di reumatismi.

Non mi muovo mai (…) La terza volta…eccolo!

e che vive i propri bisogni fisiologici come il camminare, il sorridersi l’un l’altro, il relazionarsi…come una distrazione, qualcosa da cui fuggire?!

E poi, viene da chiedersi a cosa serve possedere qualcosa che non ha bisogno delle nostre cure, o verso la/e quale/i non abbiamo intenzione di offrirgliele?

Per fortuna il piccolo principe è diverso, Lui si occupa di ciò che possiede!

Difficile scegliere quale sia l’insegnamento più importante che troviamo ne Il piccolo principe, o quale sia il personaggio/simbolo che ciascuno di noi preferisce.

Eppure due sono quelli che da adulto insegnerei ad un bambino, e corrispondono alla figura del lampionaio e del serpente (e chissà, che con l’occasione, si scongiuri anche una delle paure più diffuse tra gli adulti).

Il lampionaio ci insegna da un lato la costanza e dall’altro la capacità di modellare le nostre azioni, in base ai cambiamenti che si manifestano nella nostra vita. Ma l’insegnamento più importante, è l’amore per ciò che fa ogni giorno, 

E’ una bellissima occupazione, ed è veramente utile, perché è bella

[e il mondo ha un enorme bisogno di bellezza]

e il lampionaio, quello che fa, lo fa davvero tante volte, dato che il sole tramontava ben

millequattrocentoquaranta (volte) nelle ventiquattro ore!

e soprattutto la capacità di rendere ciò che si fa, utile anche ad altri oltre che a noi stessi, poiché se così facessimo tutti, ciascuno si occuperebbe dell’altro e avremmo tutti ciò di cui abbiamo bisogno e vogliamo, costruendo e vivendo un mondo davvero felice e sazio di qualunque cosa, 

Forse perché si occupa di altro che non di se stesso.

nella giusta misura.

(…) i grandi (…) si immaginano di occupare molto posto.

Si vedono importanti come dei baobab.

La “lezione” del serpente non sta invece nella sua velenosa pericolosità, nonostante ciò corrisponda a realtà, quanto piuttosto nell’imparare a non giudicare mai dalle apparenze

(sono) sottile come un dito (…) Ma sono più potente di un dito di un re.

…e a ben pensarci, noi adulti stiamo (leggendo e capendo questo racconto, in bilico tra l’autobiografico e il fantastico) prendendo lezioni di vita da un biondo principe bambino di sei anni, che vive su un asteroide con tre vulcani (di cui uno spento, “ma non si sa mai..”) e una rosa!

E poi c’è una domanda davvero importante che il piccolo principe fa al serpente

“Ma perché parli sempre per enigmi?”

“Li risolvo tutti”

E quale premio migliore se non quello di tornare a casa, dopo avere trovato risposta a importanti domande, aver fatto nuove scoperte e conquiste? 

Gli uomini? (…) non hanno radici e questo li imbarazza molto.

Casa è ciò che quando manca, (e un soldato in missione, quale fu Antoine de Saint-Exupéry, lo sa bene) manca davvero. Ma che quando c’è, ci ripaga di ogni sforzo fatto, premiandoci (anche) con un tramonto, o più d’uno.

In fondo sarebbe davvero meraviglioso poter vedere ben quarantatré tramonti in un solo giorno,

Un giorno ho visto il sole tramontare quarantatré volte!

e per noi che abitiamo sul pianeta Terra, il settimo che il piccolo principe visita, e dove incontra tra gli altri anche il pilota, deve essere un’esperienza simile a quella di guardare il cielo quando c’è l’aurora boreale.

Asteroidi visitati

  • 325: il primo asteroide, il Re vestito di porpora e d’ermellino
  • 326: il secondo asteroide, il Vanitoso
  • 327: il terzo asteroide, l’Ubriacone
  • 328: il quarto asteroide, l’Uomo d’affari
  • 329: il quinto asteroide, il Lampionaio
  • 330: il sesto asteroide, il Geografo
  • Terra: il settimo pianeta

Personaggi &…

  • Il piccolo principe
  • Il pilota
  • La rosa
  • il Re vestito di porpora e d’ermellino
  • il Vanitoso
  • l’Uomo d’affari
  • il Lampionaio
  • il Geografo
  • La volpe
  • Il serpente

Info bibliografiche

Titolo originale:  Le Petit Prince

Autore: Antoine de Saint-Exupéry

Prima pubblicazione: 1943

Prima pubblicazione in Italia: 1949

La mia edizione: 2007

Editore italiano: Bompiani

Collana: –

Genere: Racconto, Ragazzi

Numero di pagine: 122

Preceduto da: Pilota di guerra

Seguito da: Lettera a un ostaggio

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Tra favola e mito la storia del Signor Sommer ci fa sentire leggeri

Tra favola e mito la storia del Signor Sommer ci fa sentire leggeri

Libro su Frida Kahlo

RACCONTO

Tra favola e mito la storia del Signor Sommer ci fa sentire leggeri

La storia del Signor Sommer di Patrick Süskind è un racconto breve assolutamente frizzante, che ci parla della vita e ci invita a viverla.

28 OTTOBRE 2020 – ROMA

RACCONTO

Storia del Signor Sommer – Patrick Süskind. Ecco la mia recensione.

 

L’intero romanzo è un confronto tra la vita che inizia a sbocciare e quella che si accinge a finire. L’autore inserisce infatti l’iconologia delle tre gambe, per affrontare il tema della vecchiaia in maniera ironica; e introduce il simbolo della bicicletta, che riesce a stare in piedi proprio in funzione del principio di conservazione della quantità di moto, associando così alla “gioventù” una sensazione di dinamicità.

allora in effetti avrei potuto volare,

se solo l’avessi voluto con determinazione

e avessi tentato sul serio

Ed è abbastanza divertente il fatto che per definizione il termine “storia”, indica una narrazione dettagliata rispetto all’argomento scelto per la narrazione; invece nel caso del Signor Sommer alla fine della storia, non ne sappiamo comunque nulla, come del resto tutti i suoi compaesani.

Ciò nonostante è la stranezza di questo personaggio “alla Süskind”, che ci fa comunque affezionare a lui.

In effetti il Signor Sommer, è un pretesto per parlare di quelli che sono i piccoli grandi drammi della vita, quelli che stanno sotto gli occhi di tutti e che nessuno vede più,

come la collina della scuola, o il campanile della chiesa.

Invece il Signor Sommer tutti, ma proprio tutti, lo vedevano! Era sempre in giro, in qualsiasi stagione e con qualunque tempo, persino quella volta che grandinò come non accadeva da ventidue anni,

In seguito i giornali scrissero che nella nostra regione

non s’era vista una bufera simile da ventidue anni.

e dopo aver ricevuto, un evidentemente non gradito passaggio in auto, rispose a padre e figlio:

“Ma lasciatemi in pace una buona volta!”

Si dice l’ovvio dicendo che Süskind i suoi personaggi li sa creare bene (come ben si è appurato ne Il Profumo), e questo Signor Sommer è il vento: inafferrabile, inconoscibile, inarrestabile. 

Sommer è il viaggio, la continua partenza, il continuo ritorno

 

Giulio Nascimbeni, Corriere della Sera

E’ la linfa vitale che scorre dentro ogni cosa, anche dentro quegli alberi sui quali al giovane narratore e co-protagonista (di cui non sapremo mai il nome) piace così tanto arrampicarsi e testare la prima legge di caduta dei gravi di Galileo Galilei.

C’era quiete tra gli alberi, si poteva stare in pace.

…soltanto il vento e il fruscio delle foglie e il crepitio lieve tronchi…

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

Leggendo questo racconto breve, viene in mente l’indovinello della sfinge: “Qual’è quell’animale che cammina con quattro zampe all’alba, poi con due e al tramonto con tre?

Ecco infatti che mentre sullo sfondo, c’è un onnipresente vecchietto strampalato che volge al termine della sua vita, in prima fila c’è il nostro narratore, che iniziando a raccontare partendo dall’età di sette anni, ci porta con lui nelle sue esperienze di vita. Ci racconta del suo primo amore che corrisponde al nome di Carolina Kükelmann, dei gelati che non ha comprato al chiosco della signora Hirt perché la paghetta era (per lui, ma non per il fratello maggiore), un mito. Delle lezioni di pianoforte con la signorina Marie-Luise Funkel, che solo per arrivarci era un’impresa dovendo superare il cane della dottoressa Haurtlaub. Ci racconta di suo padre e della sua avversione per gli stereotipi,

questa espressione è uno stereotipo

di sua madre, ma anche del fratello maggiore, che ha una bicicletta a tre marce (e della giusta altezza), mentre lui si deve accontentare della vecchia bicicletta della madre, che per riuscire ad andarci sopra, si è dovuto inventare un sistema tutto suo.

E poi, ovviamente (perché questo si! che fa parte della vita di tutti), ci racconta che sono degli ostacoli che solo quando siamo pronti (per età e per esperienza) possiamo e quindi riusciamo ad affrontare. E ne è un esempio quel benedetto fa diesis o il timbro sulla tessera della biblioteca che attestava i suoi sedici anni, o il fatto che in ultimo riesce a stare in equilibrio sul portapacchi della  bicicletta, mentre lei andava (per la legge già citata).

l’agognato timbro rosso “sedici compiuti”

La storia del Signor Sommer, alla fine è quindi un libro sulla vita e sulle sue stagioni, sulla capacità di affrontare le sfide e reagire ai dolori; ma ancor di più è un romanzo che, nella sua forma di racconto breve, ci insegna (o meglio ci ricorda!) che i sogni sono alla base, ma sono solo il principio.

Ma erano solo sogni, e come tutti i sogni non bastavano ad appagarmi

Il finale nella sua drammaticità, non ci lascia tristi perché lo si è capito leggendo questo libro di 131 pagine illustrazioni comprese (di Sempé), che la morte fa parte della vita; anzi la celebra ed è un monito ad essere ed agire da vivi, fintanto che lo siamo.

PERSONAGGI

PRINCIPALI

  • Maximilian Ernst Ägidius Sommer: il bizzarro Signor Sommer che cammina continuamente e con qualunque tempo con il suo bastone, e uno zainetto con solo pane e burro, e una cappa da pioggia
  • Narratore e co-protagonista: di cui non sapremo mai il nome

ALTRI

  • Signora Sommer: fabbricava bambole di vario genere da casa poi le spediva settimanalmente all’ufficio postale del paese
  • Carolina Kükelmann: ragazzina che piace al nostro protagonista
  • Rita Stanglmeier: signora che abita al paese
  • Dottor Luchterhand: personaggio solo citato, che spiega alla madre del narratore e co-protagonista l’ipotetica claustrofobia del Signor Sommer
  • dottoressa Haurtlaub: personaggio solo citato, è la proprietaria del cane che terrorizza i viandanti specialmente se in bicicletta
  • Signora Marie-Luise Funkel: madre probabilmente centenaria, dell’insegnante di pianoforte. Se gli allievi della figlia suonano bene alla fine della lezione gli da un biscotto
  • Signorina Marie-Luise Funkel: insegnante di pianoforte che ha insegnato a tutta la famiglia del narratore e co-protagonista
  • Pittore Stanglmeier: personaggio solo citato, affitta il suo seminterrato al Signor Sommer e a sua moglie, sin da quando lei arrivò in autobus e lui a piedi
  • Signora Stanglmeier: moglie del pittore
  • Cornelius Michel: miglior amico del narratore e co-protagonista
  • Rita e suo marito: personaggi solo citati che si trasferiscono nel seminterrato del pittore Stanglmeier, dopo la morte della Signora Sommer
  • Signora Hirt: è una gelataia che ha un suo chiosco noto come “Il chiosco della Signora Hirt”, 

LUOGHI

  • Unternsee: il paese dove vive il narratore e co-protagonista
  • Obernsee: paese vicino a quello di Unternsee, in realtà non è che i due si distinguessero molto per confini ben precisi
  • La scuola: scuola su una collina frequentata dai ragazzi sia di Unternsee che di Obernsee
  • Casa: la casa del narratore
  • La casa della signora Fünkel: la casa dove al narratore vengono impartite le lezioni di pianoforte
  • Casa di Cornelius Michel: casa del migliore amico del narratore
  • Seminterrato del Pittore Stanglmeier: sarà la casa del Signor Sommer e di sua moglie, sin da quando si trasferirono senza dare troppo nell’occhio
  • Sottotetto del pescatore Riedl: la nuova casa del Signor Sommer in cui si trasferisce a seguito della morte della moglie

TERMINI & NOMI

  • Leggi del moto circolare
  • Principio di conservazione della quantità di moto
  • Prima legge di caduta dei gravi di Galileo Galilei
  • Studi di Czerny
  • Hässler: compositore da cui gli esercizi per pianoforte, più strutturati
  • Diabelli: compositore da cui gli esercizi per pianoforte, più strutturati

Info bibliografiche

Titolo originale: Non voglio più piacere a tutti (italiano)

Autore: Maria Beatrice Alonzi

Prima pubblicazione: 2021

Prima pubblicazione in Italia: 2021

La mia edizione: I edizione Vallardi 2021

Editore italiano: Vallardi

Collana: –

Genere: Auto aiuto, Mente e corpo, Crescita personale

Numero di pagine: 200

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Seguito daIl libricino della felicità (2021)

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