Ne “Il contrabbasso” infatti si parla di psicologia, che nonostante il narratore/protagonista disdegni palesemente, intride in realtà l’intero suo racconto. Ed in fondo un monologo cos’è se non lo sfogo di un essere umano, come se appunto fosse nell’atto di una seduta dallo psicologo?
Il narratore/protagonista per altro, parla per tutto il tempo con un interlocutore che rimane celato al lettore, eccetto per l’informazione che si tratta di una donna, ma è l’unico dato che l’autore ha voluto fornirci…nonostante sia palese che quella riportata non è la loro prima conversazione, seppur il tono rimane formale durante tutto il monologo (conversazione a senso unico).
Come è ben noto in psicologia, quando si critica o si loda qualcosa, in realtà si sta criticando o lodando quella parte di noi che riconosciamo nell’altro: sia un oggetto come può esserlo uno strumento musicale, siano i colleghi di lavoro o i compositori che mentre sono celebrati dall’intera umanità, vengono fondamentalmente disprezzati dal nostro narratore/protagonista.
Ma questo suo vivido disprezzo per tutto ciò che è il suo mondo, e che per una serie di circostanze si è scelto (suo malgrado come si giustifica in più di un’occasione); è in realtà un profondo e radicato disprezzo per se stesso, per il suo riconoscersi (senza riuscire ad ammetterlo palesemente), in una persona di carattere debole e incapace di prendere quelle iniziative, che certamente scuoterebbero la sua vita da quella routine solitaria e non apprezzata.