E se l’amore occasionale acquisisse un nuovo concetto e fosse proprio Amore?
E se l’amore occasionale acquisisse un nuovo concetto e fosse proprio Amore?
“Io non so che cosa sia l’amore. So cosa sono le intimità provvisorie. Non pensate a godimenti fuggitivi, a divagazioni non matrimoniali. […] Ogni incontro bello, ogni intimità attinge un giacimento mitico e poetico del quale dobbiamo smettere di aver paura. L’amore è una dimensione intimamente locale, si svolge sempre in un luogo ed è inedito ogni suo gesto. Il luogo dell’amore è il corpo […] per un’ora o per mezzo secolo. Riconoscere questa specificità dell’amore è la forma di resistenza alla globalizzazione delle emozioni, alla dispersione dell’intensità. Il corpo amoroso ci richiama alla vita da vicino, al suo sapore locale, preciso.”
19 OTTOBRE 2023 – TORINO
L’infinito senza farci caso di Franco Arminio. Ecco la mia recensione.
Questo è il libro souvenir che ho comprato a Bra, la prima volta che ci sono stata in occasione del Cheese Festival 2023.
Come sempre le mie vicende personali e i miei “incontri letterari” si intrecciano ed ogni volta è sempre sorprendente, come se fosse la prima volta che mi capita, che poi a conti fatti è proprio così, perché oltre al libro in questione che varia di volta in volta, anche tutto ciò che vi si lega cambia.
Love is noise love is pain…
…così cantavano i The Verve nel 2008 nel loro celebre brano.
Una dolcezza vera
non è mai cordiale.
Una dolcezza vera
ti fa male.
[4 di copertina]
Allo stesso modo Franco Arminio in questi quattro semplici versi, che poi sono – insieme alla sinossi – il motivo per cui ho comprato proprio questo libro, ci insegna che la vita è sempre duale e che non ci è permesso di prendere solo il bene, ne’ tantomeno di meritare solo il male.
Sono due lati della medaglia ed è semplicemente un nostro dovere accoglierli entrambi con la stessa dolcezza d’animo con cui accoglieremmo il bene.
Tra le pagine di L’infinito senza farci caso, Franco Arminio ci dà una visione decisamente più veritiera dell’amore, non fredda e cinica, anzi calda e avvolgente, tuttavia slegata dai pesi che solitamente appesantiscono ad una relazione amorosa.
Arminio ci rende palese l’oggettività del fatto che ad oggi le relazioni, seppur con una temporalità diversa rispetto a quella “socialmente corretta”, hanno comunque la capacità di portare Amore nelle nostre vite. Ma non un amore di contrabbando, arido e sterile! Piuttosto un amore che nella consapevolezza del suo essere limitato nel tempo, fosse questo tempo equivalente a 50 anni e più di vita condivisa o a 5 ore, si sceglie di viverlo appagandosene al meglio delle proprie possibilità e capacità, affinché il limite e il rimpianto non appartengano all’amore che si condivide.
Intimità provvisorie
Così Franco Arminio chiama questi amori in L’infinito senza farci caso: intimità provvisorie.
E se da un lato il nome esprime una fugacità, mi chiedo e ti chiedo, cosa impedisce a queste unioni di durare?
Siamo palesemente davanti ad una standardizzazione delle emozioni, perché quelle complesse e appaganti richiedono tempo, e il tempo sembra esserci contro. Anche se è invece vero, che siamo noi a saturarlo di emozioni sintetiche e task lavorative e private sempre più fagocitanti!
Nella costante ricerca della regola universale per qualsiasi cosa, ci siamo forse dimenticati che l’Amore unisce due “soli” individui?
E perché questi due esseri umano non possono prendersi del tempo, per trovare un loro singolare ritmo che gli consenta di rimuovere la parola provvisorio mantenendo invece quella di intimità?!
Un ritmo singolare e la sua dualità
Mi torna alla mente che anni fa ascoltavo una storia di uno Chef e della sua compagna. Non si erano uniti in matrimonio per scelta. Lui sempre in giro per lavoro e lei sempre a casa ad occuparsi di tutto, ristorante compreso, quando lui era via.
Due vite apparentemente inconciliabili, eppure fu proprio la dichiarazione di Lei a sorprendermi, perché disse qualcosa che ricordo così: “Grandi assenze e grandi presenze, questo è il segreto del nostro amore”.
E non è forse un buon modo di amare questo? Non lo è forse ancora di più al giorno d’oggi?
Io trovo che sia buon modo per perpetuare la bellezza di un amore condiviso che non si basa su una presenza fisica, che comunque è presente nel giusto ritmo e nella giusta dose, ma che affonda le sue più sane radici in una connessione emotiva, fatta di un futuro che sempre comprende entrambi.
Un ritmo il loro che è singolare tanto nel suo essere “alternativo”, tanto nel suo non avere la pretesa di funzionare per altri se non “esclusivamente” per questi due esseri umani.
Certo le distanze sono complesse da superare, ma se in questo tempo ci si desse la possibilità di crescere come individui al di là della coppia?
Non sarebbe questo stesso un grande dono che si porta nella coppia stessa, che poi nella presenza fisica può appagarsi di due individui solidi e che nella loro consistenza di singoli comunque si scelgono?
Il connubio: assenza e presenza di fatto rappresenta una dualità e non sono forse proprio le dualità, che ci fanno scegliere consapevolmente l’altr*, perché appunto siamo disposti ad accogliere entrambi i lati della medaglia con pari amore?
L’accoglienza del passato per seminare il futuro
Il tuo corpo è un campo minato:
nasconde gli amori, i pericoli passati.
Il ventre piatto non m’illude:
dovrei essere un artificiere
per arrivare incolume al piacere
[pag 25]
E se l’accoglienza della dualità significasse ulteriormente, avere la capacità di saper vivere ancor più pienamente il presente, vedendolo come un prodotto di un passato, solo in parte condiviso, ed un futuro che esiste proprio in funzione dello scegliersi reciprocamente e quotidianamente?
Certo potrebbe non esserci un “formale contratto” a suggellare l’impegno, eppure ci sarebbe qualcosa di più importante: la scelta consapevole e quotidiana, generata dall’accoglienza totale dell’altro e di noi stessi.
A quel punto sapremo accettare di abbandonare la pretesa di possedere eternamente un’altra persona come un dato di fatto, e invece impegnarsi affinché questo eterno si concretizzi giorno dopo giorno.
In fondo non ha mai senso trattenere a noi ciò e chi non vuole appartenerci, poiché semplicemente sarebbe un martirio auto inflitto che logora ancora di più ciò che è sofferente a causa dell’abbandono.
Chi ci dice addio
sparisce dietro le montagne.
E a poco serve alzarci
in piedi sul nostro cuore
per vederlo ancora.
[pag 76]
Piuttosto accogliamoci reciprocamente e amiamoci nella nostra essenza duale e sempre poliedrica, riscoprendo delicatezze sopite.
L’amore e le sue occasioni
Ci hanno insegnato, che l’amore “giusto” è quello che ha la pretesa di superare l’ “eternità caduca” della vita dei nostri corpi. Ci hanno insegnato che fai la fatica all’inizio e tanto basta per il futuro. Io invece credo che questo risultato sia possibile, solo quando si è entrambi disposti a costruirlo dandogli concretezza in ogni giorno della propria vita condivisa, accogliendo le peculiarità della vita dell’altro come occasione per costruire una vita condivisa unica e meravigliosa.
Invece noi cosa facciamo?! Sovraccarichiamo l’amore di oneri che non gli appartengono, con il risultato che i nostri corpi continuano la loro vita e l’amore, che nella sua solidità e stabilità sempre merita di poter essere leggero, ci abbandona.
Così in bilico tra il tuffarsi in un nuovo amore, sperando che “stavolta” sia quello “giusto” e l’idea di abbandonarlo per sempre (perché capita a tutti che con il finire di un amore anche un pezzetto di cervello decida di abbandonarci, almeno per un po’), iniziamo a fare pensieri assurdi come: “io non amerò più”, “l’amore non fa per me”, “non sono capace di amare”, “con l’amore io basta!”.
Ecco che si è fatto largo un amore vuoto: l’amore occasionale, quello che non lascia nulla se non, nel migliore dei casi, un tiepido appagamento della carne. Insomma finiamo con il rinunciare all’amore, anzi all’Amore, perché ci ostiniamo – nonostante le batoste – a voler delegare a questo sentimento il compito di toglierci di dosso i nostri pesi.
E se ci amassimo davvero? E se anche per una sola notte ci amassimo davvero, cosa ci sarebbe di male?
E soprattutto cosa sminuirebbe l’intensità di ciò che si è provato e condiviso? Non di certo il tempo! Poiché la dimensione temporale, ha l’unico ruolo di mettere ancora più “fame” non di certo quello di sminuire l’intensità di un incontro.
In fondo è nella nostra stessa natura di esseri umani amare profondamente anche nel semplice lasso di tempo di un’occasione fortuita, con una persona incontrata per caso, e con la quale si sceglie di unirsi indipendentemente dal tempo, in un Amore completo perché totalmente sazio di emozioni e carnalità.
Penso che sia una delle forme di amore più puro quella in cui corpo ed emozioni si uniscono, prive di qualsiasi peso ulteriore legato al passato o al futuro.
“In questo momento semplicemente io e te esistiamo.
In questo luogo io e te ci amiamo.”
Ci amiamo si, anche se siamo due perfetti sconosciuti che non sanno nulla dell’altr*, ma che non solo accolgono questo momento senza paure o comunque affrontandole, ma ancora di più, è questo un incontro che lascia ad entrambi qualcosa di sorprendentemente inatteso: la consapevolezza di essersi arricchiti reciprocamente come esseri umani.
Ma non è che dal sesso
ci ricavi molti
se non hai il corpo
che sa farsi da parte
e diventare altro.
Chi ti abbraccia
deve sentire l’aria del primo mattino,
deve avere
gli alberi di Aprile
dentro gli occhi,
il grano di Giugno
sulla schiena.
Povera cosa il sesso
senza un buon uso
delle stelle, senza avere
confidenza con la morte.
[pag 76]
Amore a primo incontro
Che male c’è, mi chiedo? Che male c’è ad amarsi subito e completamente?
A vedere subito un proseguo e al contempo accogliere anche la possibilità che questo non ci sarà forse mai?
Non ci vuole poi molto a riconoscersi e ad iniziare ad appartenere all’altro.
Imbavagliato,
a testa china,
io sono l’ostaggio
mentre lei cammina
[pag 90]
Ed è proprio quando tutto è così chiaro e condiviso, che non sentiamo la frenesia del tutto e subito, che non forziamo nulla ma semplicemente accogliamo il benefico flusso. Ci hanno insegnato che l’amore “brucia” ma l’Amore è acqua non è fuoco, perché ci culla, guida, è sia quieto che impetuoso, coltiva, nutre e ancor più significativo, continua a fluire costantemente e permette di portare anche i fardelli più pesanti con leggerezza, non perché glielo imponiamo ma perché è nella sua natura rendere leggera ogni cosa.
Sembra contraddittorio rispetto a quanto detto prima eppure è così, dobbiamo dare all’amore la possibilità di alleggerirci ma non possiamo imporglielo.
A pensarci è un cambio totale che ribalta completamente tutto ciò in cui abbiamo sempre creduto sull’amore.
Lo faremo lentamente,
con intervalli profondi.
Ti porterò l’intero fiume
coi suoi tronchi.
[pag 25]
La variabile del tempo
Franco Arminio rivaluta quindi quello che è l’amore liberato dalle corde temporali, non perché condanni le unioni longeve, anzi queste sue riflessioni ci aiutino a coglierne ancora di più la rara bellezza. Semplicemente accoglie l’empiricità del fatto che di Amore ne esistono anche altre forme alle quali la società da un lato non ci ha abituati, dall’altro ha condannato come scariche a livello valoriale, applicando su queste una lettera scarlatta semplicemente perché nella frenesia della catalogazione di massa, come si possono contemplare tutte le forme di puro Amore che possono nascere fra due esseri umani?
Ho riflettuto a fondo su questo. Un po’ perché ne ho avuto il tempo nei miei primi due giorni braidesi, un po’ perché in questa esplorazione mentale sono stata aiutata da quelle che sono state le evoluzioni inattese che, nell’arco di poche ore, mi hanno donato tanta vita.
Così sono giunta a questa conclusione, che non ha la pretesa – anche in questo caso – di essere eterna, semplicemente di essere la più pura e semplice verità a cui ad oggi sono giunta.
L’amore è amore, che lo si condivida per una vita intera oppure per il tempo di una notte. E puoi essere cert* che è stato Amore quando ti accorgi che ha lasciato qualcosa di buono in entrambi, perché lo si è autenticamente condiviso.
Non è più amore quello che dura dieci anni, rispetto a quello che dura una manciata di ore. Semplicemente nel primo ci si da reciprocamente la possibilità di esplorarne tutte le sfaccettature, avendo il coraggio anche di accogliere quelle che potenzialmente non ci piaceranno, perché troppo è il desiderio di avere quelle che invece desideriamo come l’aria.
Nel secondo caso uno dei due, decide che seppur riconoscendo la forza e la bellezza di quell’incontro, non è dispost* ad accogliere entrambi i lati della medaglia.
Che gran peccato penso io, quando capita questo.
Eppure sarebbe stato ancora più uno spreco, negarsi anche il breve tempo che ci ha uniti.
Invidio
chi c’è nella tua stanza
e può ascoltare la tua voce:
una tazza, una matita,
una pianta.
[pag 30]
Accogliere il dominio e la sottomissione dell’amore
Una cosa è certa: l’amore richiede cuori impavidi, cuori da leone che come cavalieri devoti, si sottomettono (e qui prendo in prestito un’immagine di Carroll) alla loro Regina di cuori.
Sottomettersi all’altro reciprocamente, ancor più se avviene in contemporanea, è una delle esperienze più mistiche che io abbia sperimentato e che in generale ciascuno di noi potrà sperimentare nella sua vita.
Amore è unione, e unione è pura preghiera ma non in termini religiosi, piuttosto spirituali. Due corpi, due menti e tutte le emozioni che ne derivano, induco entrambi ad affidarsi completamente all’altro, con una fiducia che semplicemente si accoglie come tale, senza interrogarsi sul perché in maniera così naturale, accogliamo l’altro e ci lasciamo accogliere da esso.
Darsi a qualcuno è possibile
solo se sappiamo che l’amore
è una preghiera.
[pag 76]
Rimanendo sul puro piano emotivo, lasciarsi dominare significa avere profonda consapevolezza che l’altr* pur essendo nella condizione di ferirci sceglie e sempre sceglierà di farci del bene, perché accoglie il suo “nuovo” ruolo: colui/colei che trova appagamento nel prendersi cura di noi, così come noi vogliamo fare lo stesso a nostra volta, continuando nel mentre a far crescere le nostre singolarità di individui in armonia con l’altro.
Non è anche questa capacità di accogliere la dualità che si crea in un incontro fra due persone.
Prendendo in prestito il titolo stesso di questa raccolta di poesie d’amore, affermo che quando ci succede, tocchiamo l’infinito senza farci caso.
Non l’amore che ferisce ma la sua assenza
Insomma a conti fatti c’è effettivamente la possibilità di farsi del male ad un certo punto, ma è questo un motivo sufficiente per rinunciare anche alla bellezza di un Amore pienamente vissuto?
Penso di no, nonostante tutte le ferite ricevute, penso che si debba continuare ad accogliere l’Amore.
É certo che l’amore nella sua assenza, sia ciò che più di ogni altra cosa è in grado di romperci. Ma è proprio quando c’è stato tanto amore, che questo ha la capacità di farci brillare – se gliene diamo l’occasione – anche dopo il suo averci lasciati, perché per sua definizione l’Amore lascia qualcosa di bello e tutto illumina.
Se mi ferisci
mi dai
ciò che mi aspetto
dalla vita,
io sono cresciuto
in braccio
a una ferita.
Spezzami in due,
il buono
è la luce che nasce
quando ci spacchiamo.
[pag 42]
Accogliere l’amore
Tutto parte sempre da un incontro casuale, un incontro qualsiasi, inaspettato, imprevisto, completamente fuori da qualsiasi previsione in quel determinato luogo e in quello specifico momento. Eppure capita! Capita che due persone si incontrino, capita che si diano reciprocamente la possibilità di amarsi e capita che abbiano la capacità di costruirsi un bel pezzo di vita insieme e di rimanere pienamente se stessi. Quindi ad esempio una casa rimarrà una casa, come anche un campo aratro resterà tale, parimenti un pozzo e una fontana, eppure nell’unione con l’altro ciascuno di loro troverà l’ “uso” migliore delle proprie singole qualità, nell’unione con l’altr*.
L’amore è quando due persone
fanno una contrada.
Una è casa e l’altro è campo arato,
uno è pozzo e l’altra fontana,
una è la finestra e l’altro cane
che attraversa la strada.
[pag 110]
E come può esserci paura nell’essere la migliore versione di se stessi, anche, grazie a quella persona che sin dal primo incontro ci ha mostrato, nella naturalezza della non intenzione, tutto questo?
Semplicemente ama quindi, ampliando il concetto di “occasionale” che la società ci ha imposto, perché in realtà occasionale significa sia cogliere l’ “occasione”, sia crearne di nuove per essere autenticamente felici, condividendo la propria vita, trovando il proprio ritmo fatto di perfetto equilibrio tra distanze e presenze.
Sinossi
“Io non so che cosa sia l’amore. So cosa sono le intimità provvisorie. Non pensate a godimenti fuggitivi, a divagazioni non matrimoniali. Solo una visione vecchia di noi stessi e degli altri ci può far pensare all’amore come una cosa che prima non c’è e poi scompare e poi finisce. A me sembra che ci sono parti di noi che sono sempre in amore e altre che sono in fuga, sepolte e irraggiungibili. Ogni incontro bello, ogni intimità attinge un giacimento mitico e poetico del quale dobbiamo smettere di aver paura. L’amore è una dimensione intimamente locale, si svolge sempre in un luogo ed è inedito ogni suo gesto. Il luogo dell’amore è il corpo. Corpo che diventa foglia, albero, paesaggio. Corpo che fa ombra e fa luce, corpo assoluto e cordiale, per un’ora o per mezzo secolo. Riconoscere questa specificità dell’amore è la forma di resistenza alla globalizzazione delle emozioni, alla dispersione dell’intensità. Il corpo amoroso ci richiama alla vita da vicino, al suo sapore locale, preciso.”
Le poesie di Franco Erminio sono il resoconto quieto e febbrile di un cammino umanissimo e pure percorso dall’anelito a qualcosa di più grande. La parola poetica diventa rivelazione di una scintilla divina tra le nostre mani e canta un amore che forse non ci salva, ma senza il quale saremo soli in balia del tempo che scorre.
Info bibliografiche
Titolo originale: L’infinito senza farci caso (italiano)
Autore: Franco Arminio
Prima pubblicazione: Ottobre 2019
Prima pubblicazione in Italia: Ottobre 2019
La mia edizione: I edizione Ottobre 2019
Editore italiano: Giunti – Bompiani
Collana: –
Genere: Poesie
Numero di pagine: 122
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