Se non ti vedo non esisti, ma tanto lo so che ci sei lo stesso!

Se non ti vedo non esisti, ma tanto lo so che ci sei lo stesso!

Primo romanzo di Levante

ROMANZOROSA

Se non ti vedo non esisti, ma tanto lo so che ci sei ancora!

Sì è vero che esiste il detto “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” ma è davvero ciò che vogliamo? Renderci cieche, per non vedere ciò che non riusciamo a scardinare, al punto di non vedere più nemmeno noi stesse?!

In questo suo primo romanzo Levante (Claudia Lagona) più che a nascondere la polvere sotto il tappeto, ci invita a tirarla fuori! A ricominciare a vederci perché solo ciò che vediamo esiste davvero, comprese noi stesse!

7 GIUGNO 2023 – TORINO

ROMANZOROSA

Se non ti vedo non esisti di Levante. Ecco la mia recensione

 

Probabilmente questo libro è sull’arte di imparare ad amarsi, sulla capacità di lasciare fuori dalla nostra vita quello che ci fa male e sull’intelligenza di seguire quello che è il nostro istinto e a volte quelli che sono i consigli che ci arrivano dalle persone che ci amano davvero. Accontentarsi di briciole d’amore, indipendentemente da quanto sia gustoso il pane da cui si staccano, non appagherà mai il nostro appetito d’amore e di serenità. In fondo perché accontentarsi e soprattutto perché permettere agli altri di farci sentire in colpa per quando ci sentiamo bene, perché la vita ce la stiamo godendo a pieni sorsi?

Per quale motivo avrei dovuto accontentarmi delle briciole quando avevo fame di vita?

Io di corsa a saltare ostacoli, tentare capriole e lanci nel vuoto senza il minimo terrore di schiantarmi al suolo, che di vita ho solo questa.

Ecco allora che creare dei confini che ci proteggano è nostro compito, avere giorno dopo giorno consapevolezza che l’amore ce lo meritiamo tutto senza compromessi questo significa che meritiamo tanto di riceverlo quanto di darlo, perché solo in questo scambio bilaterale c’è la felicità autentica. 

Cos’è giusto? Quello che ci rende felici è giusto 

Era […] serena, e non aveva paura di amare se stessa senza che qualcuno le raccontasse di quanto valeva, di quanto era bella.

Sono una figa! Scrivo su Rolling Stone…

…ma la mia vita privata va a rotoli! Se fossimo stati ne Il diavolo veste Prada avrei potuto dire: “È così che funziona quando funzioni nel mondo del lavoro!”…ma Se non ti vedo non esisti di Levante è un’altra storia e qui la protagonista si chiama Anita.

Indubbiamente nei disastri d’amore, essere una donna di successo come lo è Anita aiuta non poco, perché quando sei un po’ giù e fai un lavoro figo puoi salire su un aereo e volare fino a New York (anche se per lavoro), oppure prenotare una vacanza in Sardegna (per sfuggire al lavoro) anche se magari sei così sciocca da fartela rovinare da uno dei tuoi sbagli in fatto di uomini!

E magari finisci anche con l’avere una rubrica tutta tua su Rolling Stone (senza s che gli Stones! sono la band mi raccomando ai dettagli) quasi a dare il colpo di grazia, o il sigillo ufficiale, di quelli che sono i tuoi casini amorosi. E di casini ne hai fatti tanti perché dell’amore ti rimane soltanto il colore rosso di una cucina, che sta dentro un appartamento di Milano, che hai affittato per un mese per sfuggire a quella vita che non sai se vuoi, o forse lo sai non vuoi accettare il fatto che quella stessa vita che hai voluto così tanto, adesso è totalmente estranea e non vedi l’ora di liberartene.

Ci provi persino col tradimento ma non è così che si chiude una relazione che è appesa al filo di una ragnatela! Si spezza il filo, si tolgono le ragnatele e si butta il ragno fuori di casa, perché quando una storia è finita, è finita e basta.

 Conoscevo gli abissi mi ero ripromessa di non tornarci, non me lo potevo permettere più

Lui sapeva parlarmi senza fiatare, con un solo sguardo aveva il potere di farmi prendere la decisione giusta

E allora qual è il significato del tradimento perché certo quando si tradisce si tradisce l’altra persona ma, ancora di più noi stessi perché ci declassiamo ad essere “l’altra“, oppure a far diventare “l’altro“ qualcuno che in realtà ci aiuta soltanto ad andare sempre più a fondo.

Fanno tutti i fotografi, ci fosse qualcuno che fa il panettiere! Mi è venuta fame andiamo a pranzo

Insomma perdiamo la capacità per un certo lasso di tempo di proteggerci dal primo tipo interessante (si okay molto interessante) che incontriamo su un aereo, o all’ennesima mostra del nostro artista preferito. Insomma per non liberarci delle situazioni scomode, ci liberiamo della nostra vita smettendo di curarla e proteggerla.

Ho fatto un casino e mi sono rovesciato addosso un progetto di vita che valeva la pena di vivere appieno.

È così, siamo ponti: […] siamo vita perché ci mischiamo ad altre vite

Tradire noi stesse…e poi (per)donarci

finalmente mi prendevo la responsabilità del mio peccato più grande: aver tradito me stessa

E proteggersi significa anche tenere per sé certi segreti, invece di darli in passo affidandoli al primo sconosciuto che ci fa sentire accolte, perché siamo noi che dobbiamo accoglierci non un estraneo, siamo noi che dobbiamo curare le nostre ferite e sputare via il veleno dalla nostra vita succhiandolo via alacremente come si fa con un bacio avido. Questo è il modo per donarci la vita, quella la stessa vita che abbiamo maltrattato e calpestato e con la quale abbiamo fatto casino in tante di quelle maniere che a contarle tutte non ce le ricordiamo neanche.

perché ci stavamo scrivendo come si fa solo sul diario segreto?

Spesso ci troviamo incasinate, ma se torniamo ad essere abbastanza gentili con noi stesse possiamo arrivare perfino a perdonare il tanto male che ci siamo fatte e che abbiamo permesso ad altri di farci.

Portare o riportare la bellezza nella nostra vita, nelle sue tante forme è atto dovuto e tanto tanto bello. Alla bellezza infatti non ci si deve mai abituare, anzi sempre la si deve portare mantenere le nostre vite vite!

Io alla bellezza non ho mai fatto l’abitudine, la pretendo dentro e fuori di me, dentro e fuori dagli altri, come una responsabilità umana dalla quale non ci si può assolutamente sottrarre

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

La bellezza dell’amore puro

Certo che in tutta questa poltiglia che è la nostra vita, anche se indossiamo delle scarpe davvero molto belle, ci camminiamo veramente male! Altro che red carpet e anche al giorno del nostro compleanno corriamo (sempre sui tacchi ovviamente) il rischio di arrivarci nella versione peggiore di noi stesse. Beh ecco io compirò 34 anni il 23 Agosto 2023, ed ho intenzione di arrivarci non così masticata dalla vita come ha fatto Anita, che di amore per sé stessa ne aveva davvero poco.

Anita bella certe cose possono saperle soltanto gli occhi

Non si regalano i diamanti agli sconosciuti, specie se questi ti offrono solo caramelle

Ma per fortuna nonostante in alcuni momenti della nostra vita siamo davvero delle incoscienti, alla fine chi ti ama davvero un Devoto-Oli (il dizionario dei sogni o quasi, che persino io non ho ancora mai avuto!), te lo regala così che tu possa trovare nuove parole che possano descrivere le tue 1000 me le tue 1000 te e tutte quelle che ciascuna di noi ha dentro e che ad un certo punto deve prendersi l’impegno di conoscerle. Sì! conoscerle una per una così che magari la smettono di fare baccano nella tua testa e si accordano sull’importanza di rimanere tutte insieme, unite.

Promemoria per donne forti

Recentemente ho scritto anche la recensione di un libro su Frida Kahlo, quindi ho sorriso quando mi sono ritrovata sotto al naso il suo nome tra le pagine di Se non ti vedo non esisti di Levante, ma se parliamo del connubio donna e forza mi vuoi davvero dire che Frida non è tra quelle che ti vengono in mente?

Frida Kahlo mi aveva raccontato le migliori storie

Ecco appunto che questo libro è un promemoria per donne forti ma che hanno anche le loro fragilità di cui occuparsi; e che ci riescono un po’ grazia loro stesse un po’ grazie gli amici, quelli veri, riescono a davvero a prendersi cura di creature così piccole e delicate, come certe donne (altezze a parte) in alcuni momenti diventano.

E che cosa bellissima è avere qualcuno che, ovunque tu sei è presente, che sa perfettamente come stai anche se non dici nulla perché in quel momento tu non vuoi sapere davvero come stai? E allora che fai? Neghi a te stessa iniziando a raccontare bugie fino a che queste non diventano davvero troppo grandi! E così come un rifiuto ingombrante che lasci fuori dal portone di casa per essere portato via da un estraneo, allo stesso modo speri che arrivi qualcuno a toglierti questo peso dal cuore, perché tu non sai togliertelo da sola.

La solita storia di toccare il fondo e scoprire che c’è sempre un pezzo da scavare e si fece sera e la mia penna era ancora riposo.

In casa dell’uomo che mi aveva scopato la testa? Perché si di questo si trattava: aveva fatto l’amore con il mio cervello

E non è questo il senso di nascondere in cantina qualcosa, pur di non vederlo di non sentirlo perché se non ti vedo non esisti, ma in realtà esiste anche quello che non vediamo! 

Era la storia di sempre quella di creare il caos e rimettere ordine al fine di stare bene

Nessuno spargimento di inchiostro a casa dei miei labirinti emotivi

A E io non ero sicura di voler passare da un legame ad un altro senza mai realizzare il mio desiderio di indipendenza

E ad un certo punto in cantina dove abbiamo nascosto la parte più fragile di noi dobbiamo per forza scenderci e se siamo fortunati qualcuno ci accompagna, in questa virtuale discesa agli inferi, perché poi al posto di quel buio che non è poi così pesto come i lividi che ancora portiamo addosso, si accende la luce.

Che la notte non è nera, la notte è blu.

Perché la verità è che quando l’universo sa cosa vuoi fa di tutto per aiutarti a realizzarlo

Sinossi

Anita, redattrice in una rivista di moda, è quello che tutte sognano di essere: bella, giovane, elegante e colta. Ma anche tremendamente complicata.

«Certe cose possono saperle soltanto gli occhi.»

Sua madre e sua sorella, così concrete, non capiscono da dove arrivi la sua inquietudine, quella voglia di mangiarsi ogni attimo come fosse l’ultimo e di scappare a gambe levate non appena qualcuno minaccia di metterla in gabbia. Anita però lo sa bene: quando si guarda allo specchio, le sue “mille me” – così le chiama lei – riflettono i suoi cambiamenti di umore e la incoraggiano, la contraddicono, la rimproverano quando sbaglia. Perché Anita sbaglia spesso, soprattutto quando si tratta di uomini. I suoi errori più grandi sono tre: Filippo, affascinante e indisponibile, incontrato per caso su un volo per New York; Flavio, un incrocio di sguardi che si è trasformato in passione; e poi Jacopo, il marito che le è sempre stato accanto ma ultimamente sembra non capirla più. Anita crede di amarli tutti, ma forse la verità è che la vita le sta sfuggendo di mano, come la sua immagine riflessa nello specchio. Dovrà scavarsi dentro e fare i conti con un passato ancora dolorosissimo, per imparare a prendersi cura di sé senza smettere di innamorarsi e di sbagliare: solo così potrà ricominciare a vedersi, e a esistere, davvero.

Info bibliografiche

Titolo originale: Se non ti vedo non esisti (italiano)

Titolo: Se non ti vedo non esisti

Autore: Levante

Prima edizione: 2017

Prima edizione italiana: 19 gennaio 2017

La mia edizione: VIII edizione – Ottobre 2022

Editore italiano: Rizzoli

Collana: –

Genere: Romanzo

Numero di pagine: 262

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Se accendono le stelle, vuol dire che qualcuno ne ha bisogno!

Se accendono le stelle, vuol dire che qualcuno ne ha bisogno!

Poesia futurista: Se accendono le stelle di Vladimir Majakovskij

POESIA

Se accendono le stelle, vuol dire che qualcuno ne ha bisogno!

Un ritmo di lettura concitato in questo Se accendono le stelle di Vladimir Majakovkij tipico del futurismo. Parole chiare, dirette che non lasciano spazio a fraintendimenti o a sfumature. E questi stessi tratti decisi li troviamo anche nelle opere di El Lissitzky che enfatizzano le parole di Majakovskij. Tra le immagini e il frastuono della guerra, si trova però anche spazio per momenti delicati e di speranza dove lo sguardo, fin tanto che non riesce a guardare al futuro, almeno guarda al cielo e si concede un po’ di romanticismo…ma senza esagerare!

Volessimo mai dimenticarci che la vita è dura?!   

11 MAGGIO 2023 – TORINO, COMO & MILANO

POESIA

Se accendono le stelle di Vladimir Majakovkij. La mia recensione

 Amore a prima pagina. Si, anche questa volta!

Me ne sono innamorata subito. Ero a Torino e ne sono rimasta ammaliata. Come sempre se mi sento attratta da un libro significa che è quello giusto, in quel particolare momento della mia vita. Apro una pagina a caso e per prima “incontro” Se accendono le stelle e mi sento sotto un bellissimo cielo stellato. Compro il libro. Lo porto con me. Me lo porto a casa così come avrei voluto fare con tante altre cose in quel periodo, ma con un libro è più facile: lo puoi fare sempre. Ti basta semplicemente sceglierlo, pagarlo e portarlo con te ovunque tu voglia.

E come concetto (il movimento) in questo caso calza anche a pennello, perché stiamo parlando di Vladimir Majakovskij: il padre del futurismo russo! L’immagine che mi salta alla mente è: libri in movimento, o magari dovrei dire citandolo “libri di ferro”! Quanto sono potenti le pagine di un libro seppur fatte di un fragile materiale come la carta?! Un testo manifesto che ha tutto il sapore della propaganda di una difficilissima rivoluzione d’Ottobre! E nonostante il pessimismo, e il senso di distruzione che goccia come pioggia sui carri armati,  l’umore è alto e tale deve restare! Futurismo non significa in fondo questo?: la forza di portarsi in un futuro che vediamo migliore del presente?! 

Da una strada all’altra

Hanno slacciato il corsetto dell’anima.

Mani ustionano il corpo

che tu gridi o che no:

[…]

Con libidine sfila

da una strada

la calza nera.

[1913] pag 89

Alle insegne

Leggete libri di ferro!

[1913] pag 93

Un’etichetta di vino futurista per Majakovkij

Scrivo questa recensione seduta al Tannico Wine Bar all’interno del Mercato centrale di Milano dopo aver trascorso un week-end offline (onesta: per il 95% del tempo) a Como. Che meraviglia di luogo. E che meraviglia quando gli eventi della vita ti portano a vivere emozioni inaspettate e a visitare luoghi in cui non saresti mai arrivata, se non avessi preso ad un certo punto della tua vita, la strada sbagliata. Se quel giorno non avessi preso quella decisione, se quel giorno non avessi deciso di incontrare quella persona, in quel contesto, in quel luogo, vicino a quel quel lago. Tutto ci porta a trovare il nostro terroir come Marco Rossi mi ha insegnato!

Chiedo a Roberta che qui ci lavora, se posso sedermi con il mio computer e prendermi una pausa per scrivere un po’. Giustamente lei mi dice “Se bevi qualcosa si.” E così faccio! Lei mi fa assaggiare, io scelgo il vino e pago subito convinta che sarei rimasta poco, invece resto due ore. Ho persino spostato il treno perché mi sentivo coccolata in questo luogo caro al mio cuore.

Mi piaceva l’idea di scrivere di un libro futurista “dentro” una stazione, emblema di progresso e movimento, che naturalmente ci fa pensare al ferro! Milano centrale ti accoglie con la sua “architettura di ferro” e mi piace un sacco ogni volta che per qualsiasi motivo mi ci trovo.

É un tardo pomeriggio di un lunedì, e non c’è troppa gente. Sono fortunata, ho tutto il tavolone per me. Prendo posto inizio a scrivere e a “esplorare” il calice di Aglianico che ha vinto la prova assaggio (ti ricordo che @nonsonounasommelier). Etichetta meravigliosa insieme alle altre da cui sono circondata.

Non avrei mai pensato di ritrovarmi a scrivere in questo luogo, non così “presto” dopo gli eventi che me ne hanno fatta innamorare. Non posso che scegliere di brindare a questo momento con un secondo calice, stavolta di Champagne! 

Rumorini, rumori, rumoroni

Nuotano lungo i canali dei pensieri che si incrociano

[1913] pag 121

Pensieri all’appello

Che splende parla di qualsiasi cosa.

[1914] pag 153

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

Vino è/e poesia

Finisco di leggere Se cadono le stelle di Vladimir Majakovskij alcune settimane fa e oggi. Scrivere di questo libro in cui il futurismo si sente tutto fino all’ultima goccia (ops, parola o meglio trattandosi di un libro futurista “interpunzione”!) è complesso! Ho rimandato a lungo fino a che dopo essere stata da Cracco per un caffè americano scelgo di fermarmi da Tannico, così tra un calice di Champagne e uno di Aglianico, e scene di vita che mi passano davanti, mi sorprendo nel riuscire a scrivere.

Non so se finora sono stata davvero molto fortunata oppure se è proprio così, ma tutte le persone che amano il vino che finora ho incontrato amano l’arte e dentro hanno una loro “poesia”, che se tocchi le giuste leve e magari stappi le giuste bottiglie, condividono con te rendendoti parte del loro mondo che per quanto piccolo possa essere, per te è grande come il mondo e ne sei appagata anche se ne vorresti sempre di più.

Il vino quindi è poesia, è racconto, è incontro! Direi che fossero solo questi tre (ma sono di più) sarebbero già degli ottimi motivi per apprezzare il vino. E se il vino è poesia, che bello è scrivere pensando di un libro di poesie con un calice di vino a dare la giusta impronta a questa nuova recensione?!

Se accendono le stelle

 

Ascoltate!

Se accendono le stelle –

vuol dire che qualcuno ne ha bisogno?

Vuol dire che qualcuno vuole che esse siano?

Vuol dire che qualcuno chiama perle questi piccoli sputi?

E tutto trafelato,

fra le burrasche di polvere meridiana,

si precipita verso Dio,

teme d’essere in ritardo,

piange,

gli bacia la mano nodosa,

supplica

che ci sia assolutamente una stella! –

giura

che non può sopportare questa tortura senza stelle!

E poi

cammina inquieto,

fingendosi calmo.

Dice ad un altro:

Ora va meglio, è vero?

Non hai più paura?

Sì?!”.

Ascoltate!

Se accendono

le stelle –

vuol dire che qualcuno ne ha bisogno?

Vuol dire che è indispensabile

che ogni sera

al di sopra dei tetti

risplenda almeno una stella?! […]

Majakovkij è un vino t/Tannico

Il Vladimir Majakovskij di Se accendono le stelle può sembrare molto romantico ad un primo approccio (ripeto ho letto come prima poesia “Se accendono le stelle”) ma in realtà è decisamente crudo o per restare in tema wine: tannico! Ciò nonostante riesce ad essere vellutato e a farti sentire le sfumature e gli aromi perché non secca troppo il palato e la saliva resta presente in bocca, pronta a far emergere il contesto di sapori, odori e suoni. Eh si, per certi versi Majakovskij è come del vino.

Lo guardi (leggi i primi versi), ne cogli le sfumature cromatiche (ci sono le opere di El Lissitzky), lo fai arieggiare (sfogli le pagine), lo annusi (lo annusi) e infine lo bevi (lo leggi con avidità). E quando bevi il primo sorso percepisci quel “qualcosa” che ti arriva in bocca e nel cervello in modo così diretto come solo lo stile futurista sa fare. Ricordo in questo senso il modo di scrivere di un ragazzo di cui mi ero innamorata a diciannove anni (G.B.). Aveva il mito del futurismo (NETfuturismo) e la sua vita era una manifestazione dei suoi ideali, nel bene e nel male. Come in La verità, vi prego, sull’amore di Wystan Hugh Auden (che ho comprato poche ore prima di scrivere questa recensione) anche qui in Se accendono le stelle di Majakovskij si colgono tante dualità! Percepisci il morbido e l’aspro. Il dolce e l’amaro. Il benestare e il rifiuto. Il pessimismo e la speranza. Il fugace e persistente.

Anche in quest’ottica: movimento = futurismo!

Ehi!

Umida, come l’avessero leccata,

la folla.

[…]

Prendi, e vai a ricamare il cielo di nuovo,

inventa nuove stelle e la mettila in mostra

che graffiando frenetiche i tetti,

al cielo si arrampichino le anime degli artisti.

[1916] pag 181-183

A tutto

A voi affido il frutteto

della mia grande anima.

[1916] pag 193

Lilička! Invece di una lettera

Ma, oltre al tuo amore

io

non ho sole.

[…]

Ma io

non ho caro altro suono

che il suono del tuo nome amato.

[…]

Su me

oltre al tuo sguardo

non ha potere alcuna lama di coltello.

[…]

Le foglie secche delle mie parole

sapranno convincerti a restare

coi loro avidi respiri?

[1916] pag 197

Il futurismo di Majakovkij / La scoperta di una nuova etichetta

Il futurismo è una corrente artistica e quindi letteraria che naturalmente viene abbinata alla velocità, alla macchina, al rumore, alla guerra, al metallico, ai colori forti, pieni, netti e marcati. Predominano le linee rette ma sempre dinamiche e mai ortogonali. Determinanti nella comprensione di questo stile sono i dipinti El Lissitzky (carissimo amico di Vladimir Majakovskij) riportati tra le pagine di questo libro.

Majakovskij è quindi la celebrazione della macchina, della libertà senza alcuno spazio per la passionalità? Decisamente no.

Majakovskij è come quando bevi un calice di vino. Come quando apri una nuova bottiglia, scopri un nuovo vitigno, una nuova persona che ti incuriosisce ed è tutto da esplorare. Tutto prende sfumature inattese e quindi sorprendenti: sorso dopo sorso, riga dopo riga, sguardo dopo sguardo senti in bocca l’altro e ne assapori ogni più piccolo aroma e profumo.

Inatteso credo sia un termine che si sposa alla perfezione con il futurismo, con il suono dei motori o nel caso di Se accendono le stelle di Majakovskij,  con gli spari e con i rumori assordanti della guerra che non si preannunciano (Auden ha usato questa parola in riferimento all’amore che arriva all’improvviso nella sua Ninnananna), semplicemente sovrastano, e impetuosamente si fanno spazio nelle nostre vite e quindi nei nostri ricordi.

Ma facendo spazio, creano “luoghi” nel cuore e nella mente dove possiamo seminare qualcosa di buono e nella più romantica delle immagini: illuminare tutto questo con la luce delle stelle, perché si (per rispondere alla domanda dello stesso autore) le accendiamo ogni notte perché ne abbiamo bisogno. Ciascuno di noi!

All’amato se stesso dedica queste righe l’autore

Accendere l’anima per una sola!

Ordinarle con i versi di struggersi in cenere!

E le parole

e il mio amore

sarebbero un arco di trionfo:

pomposamente,

senza lasciare traccia, ti passerebbero sotto

le amanti di tutti i secoli.

[…]

Passerò, trascinando il mio enorme amore.

[…]

e così inutile?

[1916] pag 211-213

Alla Russia

Le vie sgranato gli occhi.

Radi mi le penne con rasoio del vento.

[1916] pag 217

Straordinaria avventura

Pensi che permessi a facile

risplendere?

— fanne tu stesso la prova! —

Se ti ci metti —   

Devi continuare,

splendendo sempre a piena luce!

[…]

Risplendere sempre,

risplendere ovunque,

sino al fondo degli ultimi giorni, 

risplendere —

e nient’altro!

Ecco la parola d’ordine mia

del sole!

[1920] pag 281

A Sergèj Esènin

Bisogna

dapprima

trasformare la vita

e, trasformata,

si potrà esaltarla.

[…]

In questa vita

non è difficile morire.

Vivere

è di gran lunga più difficile

[1926] pag 311-313

Sinossi

Uomo impetuoso e geniale, acclamato nella Russia di inizio Novecento per la sua oratoria ricca di passione e provocazione e per la capacità di trasposizione della vita in arte e della biografia in poesia, Vladimir Majakovskij fu il fondatore del futurismo russo e il propugnatore degli ideali rivoluzionari fin da prima del loro compimento storico. Questa antologia, incentrata sull’attività del poeta nel periodo precedente la Rivoluzione d’Ottobre, permette di riscoprire il rapporto di Majakovskij con i grandi temi della tradizione russa e con gli slanci innovativi del futurismo. In quest’edizione di pregio, le liriche sono corredate dai dipinti e dalle grafiche di El Lissitzky, con il quale Majakovskij collaborò in diverse occasioni, che restituiscono al lettore il fermento intellettuale e culturale in cui si genera e sviluppa l’attività del poeta più importante dell’epoca sovietica. Un’opera imprescindibile per la conoscenza di un artista che non fu solo propagandista politico, ma anche uomo di profonda sensibilità, un grande poeta dall’animo vulcanico e inquieto che non ha mai smesso di interrogarsi sui turbamenti dell’esistenza umana.

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Info bibliografiche

Titolo originale: – (russo)

Titolo: Se accendono le stelle

Autore: Vladimir Majakovskij

Prima edizione italiana: 2021

La mia edizione: I edizione – 26 Gennaio 2021

Editore italiano: Rizzoli

Collana: Bur Classici – Bur Deluxe

Genere: Poesia

Numero di pagine: 328

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Non fare come Pinocchio: vai dritt* per la tua strada

Non fare come Pinocchio: vai dritt* per la tua strada

Recensione Pinocchio di Carlo Collodi

GRANDI CLASSICIROMANZOFANTASTICORAGAZZI

Non fare come Pinocchio: vai dritt* per la tua strada

 

Pinocchio, il grande capolavoro di Carlo Collodi narra la storia di un burattino che sognando di diventare un bambino vero, ci insegna ad andare dritti per la nostra strada senza lasciarci distrarre da persone ed eventi che possiamo incontrare lungo il nostro cammino.

8 DICEMBRE 2022 – TORINO

GRANDI CLASSICIROMANZOFANTASTICORAGAZZI

Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi

Se in tutti questi anni non ci sei ancora arrivat* te lo dico io: il nome Pinocchio non viene dal nulla ma dal materiale di cui questo burattino è fatto!

…frutto del pino, il pinolo, ossia il “pinocchio”, come si diceva appunto nella Toscana dell’Ottocento

Il burattino nato dalla fantasia di Carlo Collodi, pseudonimo di Carlo Lorenzini e plasmato dalle mani di Mastro Geppetto nasce proprio da un ciocco di pino. Certo non tutti i ciocchi di legno riescono a prendere vita iniziando a muovere gli occhi e a correre ovunque come capita nei primi capitoli del grande classico di Collodi, ma a volte seppur nella fantasia succede, e abbiamo davvero di cui impararne.

Tu sei quello che mi ha insegnato la strada.

Declinazione pedagogica con premio conclusivo

Leggo questo libro per la prima volta all’età di 33 anni, nell’inverno del 2022 a Torino e la famosa morale che c’è in ogni libro per ragazzi (?) questa volta diventa una morale per gli adulti. Sì per tutti quegli adulti un po’ persi, come se fossero bambini sperduti dell’Isola che non c’è del Peter Pan di James Matthew Barrie (1911) o non sapessero più che consigli seguire, nemmeno quelli che ci si danno da soli, come capita all’Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll (1865).

Disgraziatamente, nella vita dei burattini c’è sempre un ma, che sciupa ogni cosa.

Leggere questo libro da adulti, lascia indubbiamente molto di più di quanto accada leggendolo da ragazzini. La questione è semplice: prendere la decisione giusta non è mai facile, e non è piacevole perché comporta delle rinunce: comporta l’abbandonare la nostra zona di comfort e le nostre idee che fino a quel momento abbiamo sostenuto e difeso a spada tratta.

Ma una decisione, una saggia decisione! va sempre presa e poi portata avanti. Non ci sono Gatti e Volpi (il Gatto e la Volpe), Lucignoli vari (Lucignolo), monete sonanti (Campo de’ Miracoli), spettacoli affascinanti (Mangiafuoco), personaggi ammalianti (Ometto) o ghiottonerie (Paese dei Balocchi) che tengano, quando davvero abbiamo chiaro il nostro percorso, il nostro “why” per dirla usando un termine che appartiene alla crescita personale.

 

Ve lo dirò io, miei cari e piccoli lettori.

Le nostre bugie hanno il naso lungo come Pinocchio o le gambe corte?

Pinocchio almeno nei primi trentaquattro capitoli (su trentasei!) non aveva chiaro il perché effettivamente dovesse agire in maniera retta. Ma quando poi lo ha trovato (il suo di perché) ciò che è stato in grado di portargli nella vita e in quella delle persone a lui care, ha di gran lunga superato le aspettative più floride.

[Da tenere a mente per il futuro ;-)]

Perché quando i ragazzi, di cattivi diventano buoni, hanno la virtù di far prendere un aspetto nuovo e sorridente anche all’interno delle loro famiglie.

Quante volte abbiamo sentito la frase minacciosa da parte di un adulto verso un bambino (magari eravamo proprio noi quel bambino…) “Non dire le bugie altrimenti ti cresce il naso come Pinocchio“? Probabilmente tante ma il vero significato probabilmente non eravamo in grado di coglierlo. Avere il naso lungo significa aver detto così tante bugie da arrivare ad allontanare le persone che ci sono vicine e questo Pinocchio lo impara davvero a carissimo prezzo.

Vero è che esiste anche una seconda tipologia di bugie: quelle con le gambe corte, ossia quelle che vengono scoperte dopo poco tempo.

I ragazzi fanno presto a promettere, ma più delle volte fanno tardi a mantenere.

Anzi ad onor del vero esiste anche una terza tipologia di bugie: quelle che raccontiamo noi stessi quando ci fingiamo migliori di quello che siamo, quando non facciamo realmente i conti con noi stessi e con quelli che sono i nostri reali obiettivi di vita. Quest’ultima è a mio avviso è la tipologia più pericolosa e alla fine lo stesso Pinocchio si scontra con questa verità e ne comprenderà il significato.

Quando però ci rendiamo conto dei reali effetti che le nostre azioni/bugie causano a noi e agli altri, il nostro Grillo parlante interiore ci bussa sulla spalla, ci tira le orecchie (per fortuna senza staccarcele come invece fa l’Omino con uno degli asinelli) e ci aiuta a tornare sulla retta via.

Mi sono dovuto persuadere che per mettere insieme onestamente i pochi soldi bisogna saperseli guadagnare o col lavoro delle proprie mani o coll’ingegno della propria testa.

La leva della paura come pretesto pedagogico

Per chiunque faccia marketing che la paura sia una potente leva è cosa nota. Ma è anche un potente “strumento” pedagogico e Carlo Collodi con il suo Pinocchio ne fa decisamente largo uso.

Tale paura trova concretezza massima nella trasformazione in somari, momento in cui si acquisisce contezza del fatto che le conseguenze sono oramai irreversibili e si prova un senso di paura profonda per le sorti della propria stessa vita. 

Che ne sarà di me,

Che ne sarà di me,

Che ne sarà di me.

Come sappiamo nel caso di Pinocchio in tal senso l’epilogo sarà addolcito dall’intervento della Fata turchina, che diviene per Pinocchio una vera e propria figura materna quasi a voler evidenziare da parte di Collodi l’importanza di figure cardini nella crescita di un bambino e parlando di un libro di fine ‘800 chiaramente queste figure sono il padre e la madre.

Sorte diversa spetta invece a coloro che “abbandonati” a loro stessi (Lucignolo) devono convivere con la loro mala sorte, alla quale hanno spianato la strada. Eppure sul finire la capacità di parola che Lucignolo ha mantenuto vuole forse essere un messaggio di speranza che ci fa pensare che anche quando tutto sembra perduto, alla fine non lo è mai davvero.

…e il senso di colpa di Pinocchio

Insomma Pinocchio alla fine impara che la scelta migliore è quella di andare sempre dritti per la propria strada, lasciando al loro posto quello che ci attrae vanamente durante il nostro percorso ed andare dritti (il più possibile) alla nostra meta.

Che questa sia la casa paterna, quella della Fata dai capelli turchini o (per essere più concreti) un obiettivo di vita, la strada giusta è quella che percorriamo rimanendo concentrati su ciò che volevamo sin dall’inizio del nostro viaggio.

Il vero premio non sarà certo raccogliere migliaia di monete d’oro dopo averne sotterrate quattro! Ma piangere di gioia quando si arriva dopo un lungo viaggio, dove davvero stavamo andando o si raggiunge chi stavamo cercando anche se questo ci porta nello stomaco di un Pesce-Cane (no, non è una balena).

E come viene insegnato tutto questo da Carlo Collodi? Usando una seconda leva: quella del senso di colpa.

Non ci avevi mai fatto caso eh?! Eppure è proprio lì:

  • quando fa sentire in colpa Pinocchio perché suo padre patisce il freddo per aver venduto la sua unica casacca;
  • quando non vuole dispiacere alla Fata Turchina a causa delle sue scorribande quando rincasa alla sera;
  • quando legge (pur non sapendo leggere) che quest’ultima è morta di dolore per causa sua;
  • quando scopre che suo padre si è avventurato in mare per cercarlo;
  • etc..

Alla fine però questa terapia d’urto funziona e Pinocchio vede tutte le sue scorribande perdonate e dopo una serie di dimostrazioni che attestino il suo reale cambiamento diventa un bambino vero.

Bravo Pinocchio! In grazia al tuo buon cuore, io ti perdono tutte le monellerie che hai fatto fino a oggi.

Pinocchio alla fine muore

No alla fine del libro di Collodi Pinocchio non muore; nella versione definitiva Pinocchio vivrà felice con suo padre Mastro Geppetto.

La scena dell’impiccagione ad opera degli “Assassini” ossia il Gatto e la Volpe viene comunque descritta nel XV capitolo, ma ridurrà il nostro Pinocchio semplicemente in fin di vita.

L’importanza di questo capitolo rimane comunque cardine e a te lettore lascio la curiosità di scoprire il perché.

(Pinocchio è uno di quei) simboli quali non è più possibile rinunciare con nemmeno immaginare che possano non esistere più.

Personaggi e luoghi

  • Maestro ciliegia, mastr’Antonio
  • Geppetto, Polendina
  • Pinocchio
  • Grillo-parlante
  • Paese dei Barbagianni
  • Il Gatto e la Volpe
  • Osteria del Gambero Rosso
  • Quercia grande
  • Bambina dai capelli turchini, fata turchina,
  • grosso Falco
  • Can-barbone
  • Medoro
  • Corvo
  • Civetta
  • Picchi
  • Città “Acchiappa-citrulli”
  • Campo dei miracoli
  • Pappagallo
  • Il Giudice gorilla
  • Giandarmi Can-mastini
  • Giovane imperatore della città acchiappa-citrulli
  • grosso Serpente
  • la Lucciola
  • Melampo
  • grosso Colombo
  • Delfino
  • Pesce-cane
  • Il paese delle Api industriose
  • Compagni di scuola di Pinocchio
  • Eugenio: ragazzo che viene colpito dal libro Trattato di aritmetica
  • i Pesci
  • grosso Granchio
  • due carabinieri
  • Alidoro: can mastino dei carabinieri
  • pescatore: vive in una grotta
  • la Lumaca
  • Romeo soprannominato Lucignolo
  • Paese dei Balocchi
  • Omino
  • bella Marmottina 
  • Tonno
  • l’ortolano Giangio

Info bibliografiche

Titolo originale: Le avventure di Pinocchio (Italiano)

Titolo: Le avventure di Pinocchio

Autore: Carlo Collodi

Prima edizione italiana: Febbraio 1883

La mia edizione: Prima edizione – Ottobre 2022

Editore italiano: Giunti

Genere: Per ragazzi, Romanzo, Fantasy, Grandi classici, 

Numero di pagine: 206

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Alice e la follia di un mondo assurdamente meraviglioso

Alice e la follia di un mondo assurdamente meraviglioso

Recensione di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll del 1865

GRANDI CLASSICIROMANZO – FANTASTICORAGAZZI

Alice e la follia di un mondo assurdamente meraviglioso

Ambientazione onirica per questo grande classico della letteratura del 1865. Lewis Carroll ci lascia entrare nel paese delle meraviglie della sua Alice e non possiamo fare altro che rimanere catturati dalla meravigliosa assurdità di luoghi e personaggi che incontriamo pagina dopo pagina. La morale? Scoprila in questo articolo.

13 NOVEMBRE 2022 – TORINO

GRANDI CLASSICIROMANZOFANTASTICORAGAZZI

Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll. Ecco la mia recensione.

Qualche giorno fa sono passata davanti a una vetrina allestita con delle gigantografie di carte da gioco, così nella mia mente non ho potuto far altro che immaginare la Regina di cuori di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll.

Così ho acquistato una nuova edizione di questo libro da aggiungere alla mia biblioteca, ma stavolta ho scelto una versione illustrata: una BUR Deluxe, che ora fa la sua bella figura vicino alla comunque bella edizione Feltrinelli, che in questo articolo riporto e che di fatto è stata la prima che ho letto.

Così come tanti di noi, anche io ho avuto il mio primo approccio con Alice nel paese delle meraviglie grazie al mondo Disney. Quando invece ho letto il libro per la prima volta per me è stato un piacere trovare una certa similitudine, tra le immagini consolidate nella mia mente a forza di guardare questo film d’animazione e il capolavoro di Lewis Carroll.

Davvero un piacere.

Mi ritrovo a scrivere questo articolo dopo aver letto per la seconda volta questo libro. E anche in questo caso, come ultimamente è stato con la rilettura de: Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde, ho colto sfumature che erano passate inosservate durante la mia prima lettura.

Il punto su cui è stato per me interessante soffermarmi, oltre quello dell’onirico che diventa il mondo in cui mi sono “trasferita” per il tempo che ho impiegato a rileggere Alice nel paese delle meraviglie, è proprio sulla sua protagonista: Alice stessa.

Probabilmente questa riflessione non sarebbe mai potuta nascere nella mia mente, quando ho letto questo libro la prima volta che avevo 16 anni; ma alcuni libri si leggono proprio per questo: per comprenderli meglio e offrire loro il nostro vissuto affinché nuove riflessioni e interpretazioni emergano.

Scoprire Alice, nel paese delle meraviglie

Quasi per caso, Alice nel paese delle meraviglie è nato…

…per far piacere a una bambina che amavo…

Magari (immagino) le sembianze stesse dell’Alice che conosciamo noi, vengono proprio da questa bambina cara al cuore di Carroll che all’epoca doveva ancora crescere, ed evidentemente ne aveva voglia non come i bambini sperduti del Peter Pan di James Matthew Barrie.

Alice nonostante visivamente sia rappresentata come una “bambolina” con tanto di calze bianche (come le mie nelle foto), scarpe di vernice, vestito di tulle e boccoli biondi, non è affatto il personaggio passivo che si potrebbe immaginare. Che questa bambina non ha un carattere facile lo intendiamo bene già dalle prime pagine, e questo ovviamente prosegue per l’ intero racconto. Alice risulta infatti una “ragazzina viziata” eppure c’è il lei il germe di una forza d’animo che non si conoscerà appieno all’interno di Alice nel paese delle meraviglie, bensì in Alice attraverso lo specchio.

Ho scritto poc’anzi che Alice non è un personaggio passivo, infatti non manca di far sentire la sua voce quando lo ritiene più opportuno. Tipicamente diventa una eroina nel senso letterario del termine, che si schiera per difendere chi non è in grado di farlo da solo, incurante di quelle che saranno le conseguenze, prima di tutti per se stessa.

Non sono tutti boccoli dorati quelli che luccicano, infatti in alcune occasioni il personaggio di Alice risulta realmente “fastidioso” che acceleriamo nella lettura per passare alla scena successiva. Il suo atteggiamento riesce a oscillare dal totalmente disinteressato al saccente, quasi assorbisse il comportamento generale che ritroviamo in molti degli altri personaggi e del “paese delle meraviglie. 

Si pensi al Cappellaio matto, al Brucaliffo, ai fiori, allo Stregatto e ovviamente alla Regina di cuori e al Re; dunque in tal senso è congruo riscontrare questi tratti anche nel personaggio di Alice.

Eppure in Alice, queste occasioni comportamentali risultano tipiche di un’età acerba e che vengono perfettamente controbilanciate dalla propensione per un comportamento corretto nei confronti degli altri, nonostante questo le costi non poca fatica considerato sia il suo modo di fare sia il contesto “meraviglioso” nel quale è inserita.

Non è certamente un caso se una delle frasi più celebri è proprio:

Io mi so dare ottimi consigli ma poi seguirli mai non so.

Alice cresce e noi con lei

Voglio ritornare sul fatto che davvero il personaggio di Alice è molto interessante anche all’occhio adulto (questa mia seconda rilettura la faccio a 33 anni) in quanto abbiamo il piacere di scoprire alla fine due personaggi in uno. C’è infatti la Alice dell’inizio libro e c’è la Alice delle ultime pagine, che matura e accetta di diventare adulta anche grazie all’eccesso di “follia” dal quale lei per prima ne era assolutamente attratta.

Tutto questo semplicemente per insegnarci che saremo sempre immersi in un mondo folle (più o meno a seconda dei casi) eppure se noi abbiamo dei punti fermi, delle regole, comunque sapremo cavarcela.

E per certi versi non si può fare altro che volgere il pensiero anche al Pinocchio di Carlo Collodi.

Morale

Ogni cosa ha la sua morale, basta trovarla.

Probabilmente per un libro che esprime tutta l’ammirazione dell’autore per James Joyce e per le sue “parole-baule“, per sintetizzare la morale la scelta migliore è proprio quello di utilizzare parole che lo stesso Carroll mette in bocca al Re nel suo “paese delle meraviglie”:

Inizia dall’inizio e vai avanti finché non arrivi alla fine: poi, fermati.

Un invito pertanto ad avanzare nella propria esistenza indipendentemente da tutto, probabilmente persino indipendentemente dalla strada scelta, poiché ce n’è e se sempre che ne sarà una gran moltitudine (di scelte). Dunque l’importante è esplorare, rischiare di cadere in un buco con la garanzia che certamente si arriverà in luoghi meravigliosi. E se ci troviamo in un periodo grigio della nostra vita, avendo la passione per la lettura, abbiamo la possibilità di immergersi nel colorato, assurdo e atemporale mondo di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll.

Info bibliografiche

Titolo originale: Alice’s adventures in wonderland (inglese)

Titolo: Alice nel paese delle meraviglie

Autore: Lewis Carroll

Prima pubblicazione: Novembre 1865

Prima pubblicazione in Italia: 1872

La mia edizione: X edizione Febbraio 2008 // 2022

Editore italiano: Feltrinelli Editore // Rizzoli Editore

Collana: I classici – Universale economica Feltrinelli // BUR Deluxe 

Genere: Grandi classici, Romanzo, Fantasy

Numero di pagine: 189 // 222 (illustrazioni incluse)

Preceduto da: Le avventure di Alice sottoterra – 1864 (stampato nel 1886)

Seguito da: Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò (1871)

 

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Esplorare la dualità con il Dr. Jekyll e Mr. Hyde

Esplorare la dualità con il Dr. Jekyll e Mr. Hyde

Recensione de: Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson

GRANDI CLASSICINOVELLAFANTASTICOHORROR & GOTICO

Esplorare la dualità con il Dr. Jekyll e Mr. Hyde

In questo grande classico troviamo il concetto di dualità dell’essere umano fortemente estremizzato e anzi portato al limite ultimo, quello da cui non si è più in grado di fare ritorno. Ciò nonostante la dualità nell’essere umano non è fatta solo di bene e male, ma di equilibri tra le parti.

13 NOVEMBRE 2022 – TORINO

GRANDI CLASSICINOVELLAFANTASTICOHORROR & GOTICO

Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde Di Robert Louis Stevenson: ecco la mia recensione

Altro viaggio, altro libro.

Oramai direi che è diventata quasi una abitudine leggere più spesso quando sono fuori casa, che non lo sono. Forse perché il viaggio è un momento di introspezione (tra le altre cose) e la lettura ci si abbina davvero molto bene.

E accadde a me come accade a tanta parte dei miei simili, di scegliere la parte migliore e di non avere la forza necessaria a tenerla in vita.

Nel caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson, ho avuto modo di rileggerlo una seconda volta quando l’ho portato con me in Liguria dove sono andata per passare un weekend al mare (estate 2022). Quello è stato un week-end abbastanza improvvisato dunque l’unico bagaglio era un piccolo zaino, va da sé la necessità di portare con me un piccolo libro scelto rapidamente al mattino prima di andare in stazione.

E sono occasioni come questa che mi confermano il fatto che il libro che ci capita tra le mani, nuovo o “vecchio” che sia, lo fa sempre al momento giusto, come le persone del resto. E anche in in questo caso con il dottor Jekyll e Mr. Hyde di Robert Stevenson ho percepito la stessa ironica puntualità, mai casuale.

Lo strano caso del Dr.Jekyll e Mr.Hyde: la mia seconda volta

 

In questa recensione ti parlo della mia seconda lettura di questo libro e nel raccontartelo sono partita dall’ironia di come l’ho riletto proseguendo con il momento in cui, a livello personale, ho esplorato nuove dualità presenti nella mia vita e quindi nella mia persona.

Gli esseri umani, così come noi li incontriamo, sono un miscuglio di bene e di male.

Infatti la dualità presente nei personaggi del Dottor Jekyll e del Signor Hyde, non è poi così distante dalla dualità che regna in ciascuno di noi, semplicemente in questo caso il tutto viene estremizzato e reso gotico riuscendo a far emergere (allo stesso modo di come emerge Mr. Hyde), un aspetto che appartiene a ciascuno di noi e che tuttavia celiamo.

In questo caso tuttavia non mi sono soffermata tanto sulla differenza tra bene e male, quanto piuttosto sul concetto stesso di dualità.

Trama de Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde

La storia la conosciamo un po’ tutti, in fondo si parla di un romanzo famigerato!

Sintetizzando estremamente ci troviamo di fronte ad un medico, il Dr. Jekyll, che a seguito di numerosi esperimenti riesce a trovare la “drugs” giusta che gli consente di liberare la sua parte malvagia e priva di freni. Una sorta di “sturm und drang” personale.

Chiaramente non possiamo sapere se nella genesi di questo romanzo, è nata prima l’idea della “pozione” o della figura del “dottore”, eppure entrambi questi elementi conferiscono autorevolezza ad una trama altrimenti troppo assurda per essere accettata dalla mente razionale del lettore.

La tentazione di fare ciò che è proibito, proprio perché è proibito, è la più grande delle tentazioni.

Sospensione dell’incredulità….

Vero è vero che il lettore si impegna a sospendere la sua incredulità quando si approccia ad una determinata tipologia di romanzo, eppure in quest’occasione si è quasi naturalmente protesi a credere ad ogni singola evento descritto da Stevenson.

Significativa è la scelta di introdurre la pozione all’interno della narrazione, solo nelle ultime pagine del libro! Ciò nonostante non se ne sente assolutamente la mancanza fino a quel momento, poiché ogni singola pagina è dotata di eccellente credibilità.

C’è decisamente un motivo se ancora oggi lo leggiamo, ne parliamo e ne scriviamo e lo portiamo con noi quando facciamo un week-end di svago da qualche parte.

…e metodo scientifico

In lingua originale inglese la pozione è indicata con il termine drug che tra le varie interpretazioni del termine significa sia droga quanto farmaco. Ecco l’elemento scientifico! Non ci viene proposta una pozione venuta dal nulla, ma il frutto di una serie di esperimenti coscienziosi messi a punto non solo da un medico, ma da uno dei dottori più rispettati di tutta Londra.

Scoprii che certi agenti chimici avevano il potere di scuotere e soffiare via questo rivestimento di carne, come il vento fa volare le tende di un padiglione.

Tirare in ballo il metodo scientifico è una scelta narrativa, un escamotage, che consente al lettore di accedere naturalmente al patto di sospensione dell’incredulità poiché tutto sembra al lettore, come già detto, plausibile sin dalle prime pagine.

Così come era già accaduto in Frankenstein (1817), altro grande romanzo gotico, il tratto apparentemente soprannaturale trova immediata spiegazione in elementi che richiamano alla scienza e che quindi fanno leva sulla replicabilità del risultato, poiché questo non nasce dal caso.

Se il racconto di Mary Shelley (1817) può essere considerato l’avvento della fantascienza almeno dal punto di vista letterario, Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson prosegue con fierezza sulle stesse orme.

Empatia: un ponte sull’assurdo

Altro elemento che rende estremamente autentica la percezione di questo romanzo gotico è l’aspetto umano esplicitato nella preoccupazione dei cari amici di Mr. Hyde: Gabriel John Utterson, un avvocato, Richard Enfield, amico e cugino di Utterson e Hastie Lanyon, dottore e stretto amico di Utterson e Jekyll.

Questi infatti sin dalle prime pagine ci incuriosiscono dapprima con i loro racconti, proseguendo poi nel confessarsi l’un l’altro l’enorme preoccupazione nei riguardi del comune amico.

Anche il rapporto di empatia con i personaggi, consente al lettore di costruire un ponte sull’assurdità “razionale” degli eventi che Stevenson ci propone. Quasi si arrivasse ad aver “timore” che vivendo a Londra e aggirandosi per Cavendish Square si potesse incappare nella figura del Signor Hyde.

Ho imparato che l’uomo deve sopportare per sempre il peso e il destino della sua vita: quando tentiamo di disfarcene, essi ci ritornano addosso con nuova e più terribile violenza.

La stessa dualità del ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde

Anche leggendo le pagine de Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde (1890)  ritroviamo come già ne Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson (1886) una trasposizione letteraria del concetto di dualità dell’essere umano.

Da un lato abbiamo infatti la parte che mostriamo con orgoglio al mondo esterno, quella che consente agli altri di avere una buona opinione di noi e forse anche di noi stessi. In questo senso pensiamo anche alla bellezza del Signor Dorian Gray.

Dall’altro lato c’è invece la parte “censurata“ che è quindi bene nascondere affinché non contamini tutti i nostri sforzi, volti ad essere percepiti nel migliore dei modi, nel contesto sociale nel quale siamo inseriti e vogliamo rimanere.

Probabilmente la grande differenza tra questi due romanzi è che mente il Dorian Gray di Oscar Wildeintrappola il suo lato maligno” all’interno di un suo ritratto; il Dr. Jekyll di Stevenson concede libertà al suo AlterEgo: il Signor Hyde, addirittura intenzionalmente.

Tuttavia un punto di incontro tra questi due romanzi è assolutamente presente: la curiosità portata all’estremo, la volontà di esplorare il proprio lato oscuro anche se questo diventa brutale, crudele e maligno oltre ogni limite.

Volendo essere più attuali troviamo che Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson, un po’ come ci spiega Chiara Franchi in Fattore & altro non è se non l’invito a voler accogliere tutte le parti che ci compongono, senza tagliare fuori nulla anzi cercando in questa dicotomia un equilibrio che ci definirà poi nel nostro essere completi.

Lo strano caso…di come è stato salvato dalle fiamme

Come sappiamo accadrà per la Lolita di Nabokov (1955), anche per Lo strano caso del dottor Jekyll e di Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson, ci troviamo di fronte ad un romanzo di fama mondiale salvato dalle fiamme.

Mentre nel caso di Lolita fu Nabokov stesso a dare alle fiamme il manoscritto, salvato poi dalla moglie; in questo caso (da una delle versioni tramandateci) fu invece la stessa moglie di Stevenson a dar fuoco al manoscritto, costringendo quindi il marito a riscrivere tutto nella versione che conosciamo oggi.

Mio marito ha scritto una vera schifezza, è un racconto senza senso. Fortunatamente lo ha dimenticato e io lo brucerò dopo avertelo mostrato.

– FANNY VAN DE GRIFT

Genesi del romanzo

Ancora ad oggi non si è raggiunta una versione univoca rispetto a quella che è la genesi de Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde. Ciò che è ben noto però è che la storia sia nata nel periodo in cui lo scrittore, al culmine della sua fama per aver scritto L’Isola del tesoro (1883) viene colpito da tubercolosi. Le continue emorragie e il dolore fisico lo portarono a chiedere al suo medico dei farmaci che potessero alleviare i suoi disturbi, così iniziò ad assumere ergotina negli effetti molto simile alla cocaina.

E se da un lato questi rimedi alleggerivano la sua condizione, dall’altro gli causavano una serie di allucinazioni, le quali però gli consentirono di creare questo capolavoro che ora abbiamo tra le mani.

Tra le poche informazioni certe di cui disponiamo e che Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde ebbe due versioni: la prima che andò le fiamme (non si sa bene se fu lo stesso Stevenson a darlo alle fiamme o se fu la moglie che sconcertata bozze del manoscritto scelse in tal senso), mentre la seconda prese vita nell’arco di sei giorni ed è quella che ad oggi possiamo leggere.

Che un invalido nelle condizioni di salute di mio marito fosse stato in grado di mettere su carta sessantamila parole in sei giorni sembrava veramente incredibile.

– FANNY VAN DE GRIFT

Il Dr. Jekyll e Mr Hyde: perché leggerlo

Nonostante sia stato pubblicato nel 1886 questo romanzo risulta attuale in maniera sconcertante.

Come già detto è molto breve (106 pagine nella mia edizione Feltrinelli, 144 nell’edizione illustrata BUR Deluxe), eppure è avvincente come se fosse un thriller di Dan Brown (Il codice da Vinci del 2003 – oppure Angeli e Demoni del 2000, nel mio ordine di lettura).

Io stessa ho scelto di interrompere la lettura nei momenti di climax, perché altrimenti davvero lo avrei finito troppo velocemente, poiché gli occhi correvano veloci sulle pagine affamati di scoprire cosa succederà nella prossima scena.

Le trasposizioni letterarie e cinematografiche sono innumerevoli, tuttavia la vera essenza la si può scoprire solo leggendo la versione originale e perché no?! (se si conosce la lingua) proprio quella inglese che, seppur appartenente ad un genere totalmente diverso, anche in Alice nel paese delle meraviglie di Carroll, dà grandi soddisfazioni.

Oltre all’enorme capacità di coinvolgere il lettore di Stevenson che ci fa pensare al Melville di Boby Dick, troviamo certamente una morale profonda e sintetica.

La curiosità nel superare certi limiti è indubbiamente una tentazione, eppure prima di addentrarsi in profondità in luoghi sconosciuti ci si dovrebbe chiedere prima se ne vale la pena poiché la possibilità di percorrere la medesima strada al contrario non è garantita (vedi nuovamente Alice), e nel caso, certamente non facile.

P.s. Forse in linea con questo libro anche io ho riscritto questo articolo due volte: il primo scritto tutto d’un fiato si è perso chissà dove con mio grande dispiacere, perché mi piaceva molto il risultato. Dunque come per il romanzo di cui tratta questo articolo, anche dal mio lato propongo una seconda stesura. Spero davvero che sia esaustiva e coinvolgente al punto di farti leggere questo capolavoro letterario, un grande classico che merita di stare in qualsiasi bliblioteca privata e non.

Buona lettura.

Info bibliografiche

Titolo originale: Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde (inglese)

Titolo: Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde

Autore: Rober Louise Stevenson

Prima pubblicazione: 1886

Prima pubblicazione in Italia: 1905

La mia edizione: XII edizione Settembre 2005 // 2022

Editore italiano: Feltrinelli Editore // Rizzoli Editore

Collana: I classici – Universale economica Feltrinelli // BUR Deluxe

Genere: Grandi classici, Romanzo, Fantasy, Horror, Gotico, Fantascienza

Numero di pagine: 111 (postfazione inclusa) // 222 (illustrazioni incluse)

Preceduto da: Il principe Otto – 1885

Seguito da: Il ragazzo rapito – 1886

 

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